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Immigrazione: l'Onu rischia la bancarotta, e l'Italia?

by Paolo Mauri
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Londra, 7 set – Secondo quanto riferisce il quotidiano inglese “The Guardian” l’emergenza immigrazione sta prosciugando le risorse delle varie agenzie umanitarie dell’ONU anche a causa di un taglio del 10% dei finanziamenti internazionali.
A riferirlo è lo stesso alto commissario per i rifugiati dell’ONU, Antonio Guterres, che ha sottolineato come già diversi servizi per l’accoglienza siano stati tagliati in quelle parti del mondo che sono in prima linea nell’affrontare la crisi.
“Il budget non riesce a far fronte alla crescita dei bisogni da soddisfare. Le nostre entrate nel 2015 sono inferiori del 10% rispetto a quelle del 2014. La comunità umanitaria mondiale non è spezzata ma finanziariamente siamo al collasso” riferisce Guterres, sottolineando come nell’anno in corso ci siano stati importanti tagli nelle forniture di cibo per i rifugiati siriani in Libano e Giordania così come per i sudanesi e somali in Kenya. L’assistenza sanitaria è inoltre terminata nei campi dell’Iraq lasciando milioni di persone senza accesso alle cure mediche.
Pare che la situazione sia quindi “oltre l’irreparabile” a fronte dell’attuale emergenza: i soldi a disposizione dell’ONU per gestire la crisi umanitaria ammontano a poco più di 19 miliardi di dollari messia disposizione dai vari paesi membri ma solo 7 di questi sono stati raccolti da donatori internazionali.
Gli esperti ritengono quindi che l’attuale sistema di finanziamento vada cambiato considerando che le emergenze in Siria, Iraq, Yemen e Repubblica Centro Africana sono ben lungi dall’essere risolte.
La diretta conseguenza di questi tagli forzati, secondo Dina El-Kassaby, portavoce del World Food Program al Cairo, è lo spostamento di grandi masse di persone, soprattutto siriani, che abbandonano i campi profughi del medio oriente per dirigersi verso l’Europa, e la cronaca di questi ultimi mesi che ci arriva dalla Grecia o dall’Ungheria è lì a dimostrarlo. Perché quello che è certo è che siamo di fronte ad un tipo diverso di immigrazione rispetto alla nostra per quanto riguarda la Grecia e l’Ungheria: delle centinaia di migliaia di arrivi in Italia solo pochissimi godono dello status di rifugiati, come dimostrano i dati ufficiali del Consiglio Italiano per i Rifugiati. Nel 2014 infatti sono state presentate 64 mila domande di asilo di cui accolte 21 mila e solo 3.600 hanno ottenuto lo status di rifugiato, a fronte di 170 mila arrivi totali. Questo perché, analizzando la provenienza degli immigrati giunti da noi, solo pochi provengono da quei paesi dove effettivamente ci sono conflitti in atto: la stragrande maggioranza è composta da “migranti economici”, ovvero, per non usare il politicamente corretto, da immigrati clandestini.
Attualmente tutta questa massa di persone viene accolta in strutture create ad hoc oppure in altre preesistenti messe a disposizione da enti pubblici o dai privati, e, come abbiamo potuto constatare in prima persona, per ciascun immigrato lo Stato, attraverso le Prefetture, stanzia dai 30 ai 35 euro/die.
A questo punto occorrerebbe fare un paio di conti per analizzare i costi annuali di questo meccanismo, soprattutto considerando che stiamo ancora vivendo in un clima di “revisione dei conti” con continui tagli ai bilanci di tutto l’impianto amministrativo/funzionale nazionale, che sia la Difesa, la Sanità o gli enti locali ma, a differenza di quanto richiesto alle P.A. oppure alle stesse imprese private, non si trova da nessuna parte un rendiconto annuale, figuriamoci mensile, di quanto viene speso dallo Stato italiano per garantire l’accoglienza. Sarebbe interessante infatti conoscere queste cifre che andrebbero sommate a quanto viene stanziato per mantenere le varie, e paradossali, missioni navali nel Mediterraneo che si sono succedute in questi anni, da Mare Nostrum a EUNavfor Med, per poter fare un raffronto con gli eventuali costi dei respingimenti assistiti sul modello australiano (che non vuol dire lasciarli affogare in mezzo al mare) dato che, come quasi sempre si sente dalla voce dei soliti noti della politica “progressista” italiana, questa eventuale decisione verrebbe a costare molto di più rispetto all’attuale sistema in atto.
Attendiamo quindi fiduciosi che il Governo Renzi, così solerte nell’abbattere la scure dei tagli e nel richiedere rigore e trasparenza, fornisca a fine anno una panoramica omnicomprensiva di quanto è stato speso per portare avanti la politica dell’accoglienza indiscriminata.
Paolo Mauri

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