Roma, 1 set – Di tanto in tanto Luigi Di Maio si ricorda di essere ministro degli Esteri e vola in Nord Africa. Peccato che gli esiti delle sue visite ufficiali in terra straniera siano solitamente paragonabili a quelli di un picnic di una ridente famiglia qualsiasi all’ombra di una pineta. La differenza sostanziale tra le due “gite fuori porta”, è che i viaggi dell’esponente pentastellato costano molto ai cittadini italiani. In preda a un improvviso ottimismo di fine estate, auspichiamo però che l’odierno incontro a Tripoli – tra il ministro degli Esteri italiano e il presidente del governo di accordo nazionale libico Fayez al-Sarraj – rappresenti una svolta positiva. “La Libia per noi è un attore importante, uno snodo cruciale per costruire un nuovo modello” nel Mediteranneo, “con scambi commerciali fiorenti e opportunità di crescita” per tutte le nazioni dell’area. E’ quanto dichiarato da Di Maio, che al di là della scoperta dell’acqua calda e del consono registro diplomatico, prova così a far rientrare l’Italia in un grande gioco da cui ci siamo colpevolmente sottratti negli ultimi anni.
Cosa ha detto Di Maio
Un tentativo forse fuori tempo massimo, visto il terreno perso a vantaggio di altri attori piuttosto aggressivi. In primis la Turchia, che sta recitando un ruolo da protagonista in Libia. “L’Italia vede con favore l’accordo raggiunto con Saleh (presidente del Parlamento di Tobruk, ndr) per la promozione di un cessate il fuoco e lo sosteniamo. Crediamo anche, come diciamo da sempre, che debba cessare ogni interferenza esterna“, ha dichiarato Di Maio. Poi il ministro degli Esteri ha lanciato la proposta di una commissione per gli affari economici tra Italia e Libia da istituire “il prima possibile”. Idea in apparenza vista di buon occhio dal presidente di Tripoli: “Vogliamo che le imprese italiane vengano qui da noi per sostenere lo sviluppo e la crescita della Libia”, ha detto al-Sarraj. Il problema sostanziale è che in Libia non c’è un unico interlocutore possibile e le sorti del lungo conflitto, nonostante l’annunciato il cessate il fuoco (respinto tra l’altro da Haftar).
Obiettivi italiani
In ballo però ci sono una serie di questioni in sospeso, a partire dalla costruzione della cosiddetta “autostrada per la pace” e dall’aeroporto internazionale di Tripoli. Nel primo caso parliamo di un’opera prevista dall’art. 8 del Trattato di Bengasi che firmarono Gheddafi e Berlusconi. Per poterla completare servirebbe una sostanziale stabilità che al momento resta un miraggio nel deserto libico. Nel secondo caso di un lavoro che si è aggiudicato il consorzio di imprese italiane Aeneas e che prevede la realizzazione di 2 terminal, una strada di accesso e un grande parcheggio. Anche in questo caso però i lavori sono fermi a causa dei soliti motivi di sicurezza. Il consorzio sarebbe pronto a riprenderli, ma servono ovviamente garanzie ad ora chimeriche.
Attentato a Tripoli
Tanto per capire che aria tira ancora nell’ex capitale della Libia unita basta osservare quanto accaduto oggi proprio durante la visita di Di Maio. Un terrorista a bordo di una moto si è fatto esplodere a un posto di blocco nella zona ovest di Tripoli. Non vi sarebbero vittime, ma due feriti non gravi, stando a quanto riferito da Arab News. Secondo fonti della sicurezza libica, l’obiettivo dell’attentatore suicida era ”più alto’‘, ma si è fatto esplodere prima del previsto perché fermato dalla forze di sicurezza al che fermato dalle forze di sicurezza a un check point nei pressi della porta di Al-Ghiran.
Eugenio Palazzini