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L’Isis sbaraglia la concorrenza: Al Qaeda abbraccia il Califfato

by Armando Haller
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Ayman al-Zawahiri, leader di Al-Qaeda

Ayman al-Zawahiri, leader di al-Qaeda

Roma, 5 apr – La fine di al-Qaeda è vicina e proprio il suo leader, Ayman al-Zawahiri, sarebbe intenzionato a formalizzarne lo scioglimento a breve. A darne notizia è il quotidiano Al-Hayat, di proprietà saudita e con sede a Londra, che ha rilanciato le dichiarazioni di Auman Dain, ex-militante qaedista e dal 1998 a servizio dell’intelligence britannica. Un mix di fonti non proprio casuale.

Al-Zawahiri, successore di Bin Laden alla guida della Base, avrebbe preso tale decisione in seguito alla recente evoluzione dello scenario siriano, dove il Fronte Al-Nusra ha da poco annunciato la volontà di staccarsi da Al-Qaeda per confluire nell’esercito dello Stato Islamico. L’organizzazione di Abu Bakr al-Baghdadi sarebbe quindi prossima a inglobare quella che spesso è stata definita come l’opposizione moderata in Siria; il tutto a meno di un mese da quando anche il gruppo terrorista nigeriano Boko Haram giurava fedeltà alla bandiera nera dell’Isis.

Secondo le dichiarazioni di Auman Dain, che ancora godrebbe di «buone relazioni» con una «vasta rete di jihadisti», lo scioglimento definitivo della Base dovrebbe perfezionarsi entro la fine del 2015: «al-Zawahiri rinuncerà ai suoi poteri, o a ciò che gli è rimasto, sulle cellule dell’organizzazione terroristica, dissolvendo il giuramento di fedeltà stipulato con esse». La presa di coscienza di un rinnovato contesto interno alla compagine dell’estremismo islamico è sicuramente alla base di tale decisione, che fa i conti con la «crescente espansione dell’autoproclamato Stato Islamico […] in Iraq, Siria, Egitto, Libia e Nigeria, fino allo Yemen» dove «i legami con al-Qaeda sono divenuti ultimamente un onere per le cellule jihadiste, affondate nei conflitti locali».

Una diluizione interessante anche sotto il profilo delle scelte strategiche: se infatti l’organizzazione qaedista è stata sempre caratterizzata da un assetto multipolare, con mire diffuse su scala globale (da qui l’esigenza di rilasciare periodicamente dei messaggi al più vasto uditorio possibile), lo Stato Islamico sembra concentrarsi ancora su un’orizzonte spaziale definito benché in rapida espansione. L’impegno militare, i video delle esercitazioni, le rivendicazioni territoriali e l’utilizzo stabile di diversi flussi di approvvigionamento (soprattutto dalla Turchia, membro Nato) confermano una strutturazione per certi versi molto meno “moderna” di quella di Al Qaeda. Eppure, se dal terrore diffuso si è passati a issare la bandiera sugli obiettivi conquistati, potremmo essere di fronte a una evoluzione del terrore nato in seno alle intelligence occidentali.

Dove non sono arrivati gli americani con l’operazione Enduring Freedom e una guerra in Afghanistan che dura da quasi quindici anni è arrivato al-Baghdadi (nella foto vicino al senatore americano McCain), con un esercito finanziato dall’Arabia Saudita e dal Qatar che oggi solo in Siria e Irak schiera circa 200.000 combattenti.

Nel cerchio Abu Bakr al-Baghdadi, vicino il senatore americano McCain

Nel cerchio Abu Bakr al-Baghdadi, vicino il senatore McCain

Armando Haller

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