Roma, 12 gen – In quanto rappresentazione favolistica, la società multirazziale si nutre di quadri oleografici ed edificanti che scambia sistematicamente per la realtà. La sfilata dei vip mondiali per le vie di Parigi non fa eccezione e ricorda un po’ la propaganda che si creò attorno alla nazionale francese di calcio alla fine degli anni ’90.
In quel caso, il fatto che venti miliardari di diversa origine, fede e colore riuscissero a collaborare efficacemente nel rettangolo verde venne preso come simbolo di un intero modello di società. Il che sarebbe come giudicare l’impatto sociale del precariato in base al dinamismo professionale di qualche manager dallo stipendio milionario.
Poi quella nazionale cadde in disgrazia, non solo per i normali cicli di cui vive ogni sport, ma anche per spaccature nello spogliatoio a base etno-religiosa, ma nessuno in quel caso ne trasse un dato sociologico da generalizzare.
Allo stesso modo, sulla sfilata di “statisti” (?) accorsi a Parigi per commemorare la strage di Charlie Hebdo si sta costruendo una sorta di narrazione consolatoria su come sarebbe bello il mondo se tutti ci prendessimo per mano. Come se un’occasione eccezionale, in cui tutte le regole della vita “normale” si sospendono, potesse divenire norma storica.
È un’illusione spettacolare nel senso di Debord; lo spettacolo come doppio rovesciato della realtà. Una figura dell’alienazione. Che questa insulsa rappresentazione abbia poco a che fare con la realtà lo dimostra anche il fatto che pian piano, nella retorica ufficiale, si sta insinuando il “razzismo” come nemico da affrontare, da combattere e da denunciare. E con questo il rovesciamento della realtà è compiuto.
“Freedom is slavery”: è il grado zero della riflessione, dell’analisi, della coscienza. Forse è giunto il momento di aggiungere una ulteriore vittima alla conta dei morti della folle tre giorni di sangue parigina: la realtà.
Adriano Scianca