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Non è un paese per Kyenge/2: Giappone

by Eugenio Palazzini
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Tokyo, 8 ott – Un fenomeno che colpisce tutti i visitatori che si recano per la prima volta in Giappone è l’omogeneità etnica della popolazione. Ciò è dovuto alle rigide leggi sull’immigrazione che consentono soltanto a pochi stranieri di stabilirsi in pianta stabile nel Paese del Sol Levante. Nel 2008 gli immigrati regolari in Giappone erano circa 2,2 milioni, addirittura scesi a 2,1 nel 2011, meno del 2% su una popolazione di quasi 127 milioni di abitanti. Si stimano inoltre soltanto 200.000 immigrati irregolari anch’essi quasi dimezzati dal 2006 ad oggi.

In Giappone vige lo ius sanguinis e l’articolo 2 del decreto sulla nazionalità prevede soltanto tre situazioni in cui una persona può diventare cittadina giapponese: “quando almeno un genitore è cittadino giapponese alla nascita del figlio, quando il padre è morto prima della nascita del figlio ed al momento della morte era cittadino giapponese, quando la persona è nata sul suolo giapponese ed entrambi i genitori sono sconosciuti od apolidi.”

Per quanto riguarda le domande di naturalizzazione l’articolo 4 del decreto chiede tra i requisiti imprescindibili: “un capitale sufficiente o lo svolgimento di un mestiere” e soprattutto “la rinuncia alla cittadinanza precedente.”Per la legge giapponese inoltre la doppia cittadinanza è inammissibile, o si è giapponesi o si è stranieri. Gli articoli 14 e 15 ordinano che “chiunque ottenga la doppia cittadinanza debba fare tra i 20 ed i 22 anni una dichiarazione di scelta nella quale rinunci o alla cittadinanza giapponese, o a quella o quelle estere. Se non lo fa, il Ministro della Giustizia può richiedere la dichiarazione di scelta in qualunque momento e, se il cittadino non fa la suddetta dichiarazione entro un mese, la sua cittadinanza giapponese è automaticamente revocata.” Nel 2009 il governo ha scelto di donare 300 mila yen (pari a 2.300 euro) a tutti quegli stranieri intenzionati a lasciare il paese, a condizione che non presentassero mai più una domanda di visto.

Durante gli ultimi venti anni di crisi economica i guru occidentali del libero mercato hanno sostenuto che il Giappone sarebbe stato costretto a rivedere le proprie leggi sull’immigrazione prendendo in considerazione il reclutamento di manodopera proveniente dall’estero e che se l’economia giapponese non cresceva più era dovuto anche ai pochi immigrati. “I Giapponesi dovrebbero spalancare le porte all’immigrazione” tuonava qualche mese fa, dalle colonne del New York Times, l’opinionista Laura D’Andrea Tyson. Il Paese del Sol Levante sinora non ha però ceduto alle sirene degli economisti gaijin (letteralmente “persona esterna” al Giappone) temendo in particolare ripercussioni negative sull’ordine sociale e sul sistema economico.

La scelta del governo di Tokyo di avviare nel 2008 un programma finalizzato ad agevolare il lavoro di personale straniero nel settore sanitario, e in particolare di infermiere provenienti dal Sud-est asiatico, ha scatenato una ridda di polemiche. Sulla stampa giapponese la decisione governativa è stata criticata poiché non considerava la scarsa conoscenza della lingua e della cultura giapponese dei lavoratori stranieri oltre all’impossibilità di garantire loro adeguate tutele sociali.

Il presidente del Japan Immigration Policy Institute, Hidenori Sakanaka sostiene che l’apertura non può essere indiscriminata e legata semplicemente al bisogno di manodopera, per gli stranieri che intendono lavorare in Giappone devono essere infatti predisposti “un addestramento specialistico, corsi di lingua nipponica, salari adeguati al costo della vita e una residenza”. Taro Aso, attuale vicepremier e ministro delle finanze del governo di Shinzo Abe, durante una cerimonia al National Museum di Dazaifu, una città della prefettura di Fukuoka, ha descritto il Giappone come “una nazione, una civiltà, una lingua, una cultura e una razza” aggiungendo che “nessun’altra nazione ha tali caratteristiche”.

Eugenio Palazzini

 

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3 comments

Immigrazione in Giappone, Ayako Sono: meglio razze separate | IL PRIMATO NAZIONALE 20 Febbraio 2015 - 1:30

[…] Le leggi giapponesi sulla cittadinanza, del resto, lasciano poco spazio a invasioni incontrollate: in Giappone vige lo ius sanguinis e l’articolo 2 del decreto sulla nazionalità prevede soltanto tre situazioni in cui una persona può diventare cittadina giapponese: “Quando almeno un genitore è cittadino giapponese alla nascita del figlio, quando il padre è morto prima della nascita del figlio ed al momento della morte era cittadino giapponese, quando la persona è nata sul suolo giapponese ed entrambi i genitori sono sconosciuti od apolidi”. […]

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Anonimo 24 Febbraio 2015 - 7:14

[…] della Svizzera, che ne ha 8 milioni. Nel 2013 i casi di asilo politico concesso sono stati sei. Le leggi giapponesi sulla cittadinanza, del resto, lasciano poco spazio a invasioni incontrollate: in Giappone vige lo ius sanguinis e […]

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Niente profughi, siamo giapponesi: Tokio accetta solo 1 domanda su 100 19 Febbraio 2018 - 3:59

[…] Leggi anche – Non è un paese per Kyenge: Giappone […]

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