Parigi, 24 apr – I sondaggisti questa volta ci hanno preso, ecco la vera notizia di queste elezioni presidenziali francesi. In una competizione molto equilibrata tra i quattro candidati principali, alla fine a giocarsi il ballottaggio del prossimo 7 maggio saranno il centrista Emmanuel Macron, vincitore delle elezioni con il 23,8% dei consensi, e Marine Le Pen ferma al 21,6%. Risultati dunque che confermano le previsioni della vigilia, con l’affermazione della “sorpresa” Macron e l’avanzamento-non sfondamento del Front National. L’altra notizia è senza dubbio la fine del bipolarismo francese che aveva caratterizzato sin qui la storia della Quinta Repubblica, con l’arretramento fino al 19,9% per i conservatori guidati da Fillon e il crollo totale per i socialisti che pagano i fallimenti di Hollande, con Hamon inchiodato al 6,5%. Ottimo risultato anche per la sinistra di Melenchon, che passa dall’11% delle elezioni del 2012 al 19,6% di oggi. “È un risultato storico, un atto di fierezza di un popolo che solleva la testa, che confida nel futuro”, ha commentato a caldo Marine Le Pen, definendosi ancora una volta la “candidata del popolo” e facendo appello in vista del secondo turno a “tutti i patrioti”.
Per la candidata del Front National, le chance di vittoria al secondo turno sembrano davvero risicate. Non erano ancora arrivati i dati ufficiali ieri sera, che già sembrava essersi formato nuovamente quel “fronte repubblicano” che nel 2002 sbarrò la strada dell’Eliseo a Jean Marie Le Pen. Allora il padre di Marine perse il ballottaggio con Chirac fermandosi al 17,7%, contro l’82% del candidato gollista, sul quale conversero compatti i voti della sinistra. Oggi le cose sono in parte cambiate e i sondaggi del secondo turno danno Marine intorno al 38%, in ogni caso piuttosto lontana da Macron. Il primo ad annunciare il proprio sostegno al candidato di En Marche è stato proprio Fillon, il candidato di “destra”, vicino alla Manif Pour Tous e amico di Putin, che non ha esitato un attimo nel dichiarare il proprio sostegno incondizionato a Macron. Inclinazione naturale al “tradimento” per la destra moderata, ma anche calcolo politico in vista delle elezioni legislative che si terranno a giugno, quando a Macron, che non ha un partito alle spalle, servirà sicuramente un appoggio per costituire una maggioranza solida in Parlamento.
Sosterranno il candidato lanciato in politica dai Rothschild ovviamente anche i socialisti, mentre ancora non è arrivato l’endorsement di Melenchon. Il candidato di sinistra sa bene che una parte del suo elettorato “operaio” potrebbe scegliere di votare per la Le Pen e difficilmente manderebbe giù un appoggio incondizionato al candidato dell’establishment. Macron anche nelle dichiarazioni post voto ha confermato un certo qualunquismo che lo ha accompagnato per tutta la campagna elettorale, proponendosi come “presidente di tutti i francesi” e facendo appello al contrasto dei “nazionalismi”. La Le Pen potrebbe arrivare all’Eliseo solo se riuscisse a far convergere su di sé tutto il quasi 5% di consensi raccolto dal candidato “sovranista” Dupont-Aignan, una buona parte dell’elettorato gollista che non dovrebbe seguire l’indicazione di Fillon e una fetta di elettori di Melenchon, che se mettessero da parte alcune pregiudiziali ideologiche dovrebbero preferire sicuramente la Le Pen al candidato europeista Macron.
Dunque non resta che aspettare il 7 maggio, sperando in qualche sorpresa. Di sicuro c’è che queste elezioni confermano l’esistenza di “due France”, una divisione tra alto e basso come ricorda spesso la Le Pen, netta. Basti pensare che nel Comune di Parigi la Le Pen non ha raggiunto nemmeno il 5%, con percentuali spesso al di sotto del 10% in tutta l’Ile de France. Più ci si allontana dal centro, più si va in periferia e le cose cambiano, con il Front National capace di raccogliere anche più di un terzo dei consensi nelle regioni del Nord del paese. Purtroppo, per Marine Le Pen, la Francia “profonda” (e reale) è meno popolosa di quella “radical chic” e pro immigrati di Parigi.
Davide Di Stefano