Parigi, 8 ott – Mickaël Harpon, l’estremista islamico che giovedì scorso ha ucciso quattro persone nella prefettura di Parigi, aveva raccolto informazioni sensibili sugli agenti di polizia. È la scoperta poco tranquillizzante che hanno fatto le autorità francesi, dopo il ritrovamento, nel domicilio dell’uomo, a Gonesse (in Val-d’Oise), di una chiavetta Usb dai contenuti inquietanti. Il supporto informatico conteneva infatti diversi video di propaganda dell’Isis, alcuni con decapitazioni, ma anche dati personali di decine di suoi colleghi. Non è chiaro, al momento, se tali informazioni siano state cedute a terzi.
Il terrorista aveva accesso a informazioni riservate
Harpon ha probabilmente avuto accesso a tali informazioni grazie alla sua abilitazione «secret-défense». Secondo il sito del Secrétariat général de la défense et de la sécurité nationale, si tratta di una qualifica che permette di accedere «a informazioni la cui divulgazione potrebbe nuocere gravemente alla difesa nazionale». Per avere questa abilitazione, occorre superare esami che vengono definiti come scrupolosi: quali Paesi sono stati visitati dal candidato, cosa fanno i genitori, fratelli, cugini etc. E, ovviamente, bisogna avere la fedina immacolata.
Esultò dopo l’attentato a Charlie Hebdo del 2015
Harpon non aveva precedenti, in effetti, anche se di elementi per far scattare l’allerta ce n’erano in abbondanza. Convertito all’islam da una dozzina d’anni (e non da 18 mesi, come detto nelle prime ore), era stato segnalato per aver esclamato «ben fatto!», dopo l’attentato a Charlie Hebdo del 2015. Una segnalazione che era stata riportata verbalmente a dei quadri intermedi dei servizi di sicurezza, ma che non era stata messa per iscritto e non figurava negli archivi. Nella moschea di Gonesse frequentata dall’uomo, inoltre, predicava almeno un imam radicale, con tanto di “fiche S” riservata ai soggetti considerati pericolosi. Ciononostante, poteva liberamente accedere a centinaia di computer della prefettura.
Il procuratore nazionale antiterrorismo, Jean-François Ricard, ha parlato sabato di un atto premeditato, figlio della «visione radicale dell’Islam» a cui Harpon aderiva e dei «contatti tra lui e alcuni individui dell’ambiente salafita». La mattina dell’attacco, Harpon aveva acquistato vicino alla prefettura un coltello in ceramica lungo 33 cm. Poi aveva scritto alla moglie per farglielo sapere. La donna aveva risposto: «Solo Dio ti potrà giudicare. Allah akbar». Con quella lama, in sette minuti, tra le 12.53 e le 13, l’uomo ha sgozzato la sua prima vittima, in ufficio, poi si è avventato sul torace delle altre tre. «Con accanimento», aggiunge una fonte citata da Le Parisien.
L’infiltrazione islamista negli apparati dello Stato
Man mano che emergono i particolari di questo attacco terroristico (inizialmente trattato dai media come una lite sul lavoro o addirittura un regolamento di conti per ragioni sentimentali), i francesi si interrogano sempre più sul grado di infiltrazione islamista negli apparati stessi dello Stato. Secondo Le Parisien, ci sarebbero attualmente 19 funzionari del ministero dell’Interno seguiti per via della loro radicalizzazione. In un recente passato si è arrivati fino a 30 uomini della sicurezza nazionale monitorati per lo stesso motivo. Ma sono diverse le inchieste uscite nel corso degli anni sul fenomeno: estremisti islamici si contano tra gli addetti aeroportuali, nell’esercito, tra i pompieri, negli autisti pubblici, fra i secondini. Il tutto in nome di quello che i francesi chiamano «vivre ensemble».
Adriano Scianca
2 comments
Scusate ma …. stracazzi degli spocchiosi francesi !
mi sto ancora pentendo per aver scritto
Je souis Charlie ……
Per ben due volte NON hanno scelto Marine …..
Gli Europei, (quelli di BASE, n.d.r.), sono, in buona parte, emeriti COGLIONI. Eppure dicono che la “STORIA” e MAESTRA di vita! Dopo la guerra di Algeria, persa dai Francesi, (o meglio, la “sconfitta” dei Francesi fu imposta agli stessi dalle due SUPERPOTENZE di allora…), il “fronte nazionale di liberazione algerino” disse ai residenti Francesi in Algeria, (che erano lì da due o tre generazioni almeno, n.d.r.), per sbatterli fuori definitivamente dal paese, le testuali parole: “O la valigia, o la bara!” . E noi “accogliamo quelle facce color merda!!! Quando i “governi” , imbelli con quegli scarafaggi, (ma bellicosi con NOI, n.d.r.), parlano di “RIMPATRI” , DA EFFETTUARSI addirittura in aereo e, ovviamente, a spese NOSTRE, la FRASETTA: ” O LA VALIGIA O LA BARA” a me pare il miglior metodo di rimpatrio per le scimmie BONGO & GRULLHALLAH. Il più efficace che ci sia. Ed il più economico per il CONTRIBUENTE che ci sia!