Ankara, 24 lug – Stretta della Turchia contro il terrorismo (e i nemici interni). Almeno quattro caccia turchi hanno condotto raid contro l’Isis nel nord della Siria, in rappresaglia all’attacco dei mujaheddin a una postazione militare avvenuto giovedì.
Oltre alle incursioni aeree, le forze di sicurezza hanno condotto operazioni di rastrellamento contro presunti militanti islamici e curdi: 251 persone sono state arrestate poiché sospettate di sostenere jihadisti dell’Isis e miliziani curdi del Pkk. L’operazione, che ha visto impegnati oltre 5.000 agenti e alcuni elicotteri solo a Istanbul, ha avuto luogo in 13 province del paese, ha fatto sapere l’ufficio del primo ministro di Ankara, Ahmet Davutoglu.
Una militante di estrema sinistra è stata inoltre uccisa negli scontri con la polizia: la donna faceva parte del fronte rivoluzionario di liberazione del popolo (Dhkp-c) che Ankara ritiene responsabile di numerosi attentati nel paese negli ultimi anni. È stata uccisa quando la polizia ha provato a entrare nella sua casa nel distretto di Bagcilar per effettuare degli arresti.
Insomma, come al solito le mosse di Ankara sono difficilmente interpretabili e si muovono su più piani. Se i curdi sembrano tuttora essere il nemico principale del governo turco, nei confronti dell’Isis Erdogan è sempre stato quanto meno ambiguo, combattendolo a parole ma nei fatti sperando che lo Stato islamico abbatta il suo nemico Assad in Siria. Si è persino parlato di aiuti e forniture d’armi agli islamisti, anche se quel che si può dire con sicurezza è che la frontiera fra Turchia e Siria sembra essere un vero porto franco per terroristi, faccendieri e mestatori di ogni genere. Vedremo nelle prossime ore come inquadrare questo risveglio improvviso.
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