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La camerata Audrey e il vinello del Duce

by La Redazione
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Roma, 24 lug – Negli anni ’70 si temeva che anche in Italia potessero arrivare “i colonnelli” attraverso un “Colpo di Stato” ordito dai militari e benedetto dai “servizi” eterodiretti direttamente da Washington. In tempi più recenti, secondo qualcuno, la svolta autoritaria ormai imminente, era invece celata dietro i sorrisi a 32 denti e sotto ai doppiopetto blu di Silvio Berlusconi. Tutti abbagli. La calda estate 2015, finalmente ci svela quale sia davvero il perfido piano reazionario per cancellare la democrazia nel Belpaese. Se magari pensate al fatto che siamo già al terzo presidente del Consiglio che siede a palazzo Chigi senza aver vinto le elezioni, che l’Europa ci ha scippato qualsiasi forma di sovranità o che a due passi dalle nostre coste c’è chi gioca a Risiko con uomini e Stati, siete di nuovo fuori strada. La dittatura prossima ventura, arriverà accompagnata da brioche e cappuccino.
TIFFANY, A NOI! – Si moltiplicano i casi di bar dove si studiano le strategie e si pianificano le azioni per rivedere finalmente un “Lui” sporgersi nuovamente da un balcone di piazza Venezia. Il caso più noto è quello di Bergamo, dove grazie al provvidenziale intervento dell’Anpi, di un centro sociale e di alcuni cittadini sinceramente democratici, la polizia ha potuto organizzare un blitz all’interno del locale del signor Vinicio, stilando un’attenta relazione poi trasmessa alla questura. Armi? Documenti falsi? Soldi per finanziare il golpe? No, memorabilia del Ventennio. Foto, spillette, portachiavi. Tutta roba che normalmente si trova a Predappio, in tanti “store” su internet e persino in alcune bancarelle di fiere e mercati. Il posto, chiamato “Colazione da Tiffany” (evidente richiamo alla celebre volontaria della Rsi Audrey Hepburn) è aperto da anni, sforna panini e toast a chiunque (compresi parecchi extracomunitari, che pare non abbiamo mai avuto problemi a consumare una piada e una coca sotto il romano e volitivo sguardo di Sua Eccellenza riprodotto sul calendario dietro la bancone) e non ha mai destato particolare apprensione nel quartiere. Avevano messo nel sacco tutti. Diabolici!
IL VINELLO DEL DUCE – Pochi giorni fa, un altro caso ha fatto tremare le vene ai polsi di quella parte del Paese che vuole pace e libertà. Due turisti californiani in vacanza a Rimini hanno protesto perché in un bar della città hanno visto in vendita alcune bottiglie di vino con la faccia di Hitler e Mussolini sull’etichetta. Immediata la ferma presa di posizione del Primo Cittadino del Comune romagnolo, Andrea Gnassi, che ha chiesto pubblicamente al Parlamento di approvare misure più semplici ed efficaci per impedire la vendita di simili oggetti. Un intervento commentato dal segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, anche lui di passaggio in città per un comizio, con una battuta: “Ma il Sindaco non ha nulla di più importante da fare?”. La stessa reazione che avrebbe avuto chiunque, anche perché queste bottiglie così come quelle con il faccione del Che o di Stalin si trovano in vendita un po’ dappertutto. E più che finanziare un nuovo fascismo o spingere le persone a indossare il fez e correre a marciare su Roma, fanno soprattutto la felicità degli imprenditori a cui è venuta l’idea. Il fatto che siano così diffuse, lascia infatti presagire che si vendano anche bene.
REAZIONI INDIGNATE – Il vinello rosso dentro e nero fuori, non è piaciuto all’Aned che ha stigmatizzato l’episodio attaccando frontalmente il numero uno del Carroccio: “Ci pensi Salvini: la campagna xenofoba, violenta e razzista dei suoi amici di oggi un secolo fa ci ha regalato la dittatura e aperto la strada allo sterminio nei Lager. Per parte sua l’Aned esprime solidarietà al sindaco Gnassi e pieno appoggio alla sua richiesta di norme più efficaci per togliere dai negozi quegli oggetti falsamente goliardici, che richiamano alla mente l’immane tragedia della seconda guerra mondiale, di cui il nazifascismo portano intera la responsabilità”. Ora, pur nel doveroso riconoscimento del diritto di opinione per tutti e rispettando la sensibilità di chi ha subito lutti e dolore nel periodo della seconda guerra mondiale, non è un po’ eccessivo tracciare un collegamento diretto fra un gadget sullo scaffale di un bar e i campi di concentramento di 70 anni fa?
PIU’ IRONIA – C’è già Caronte a rovinarci il riposo, un po’ di ironia in più non guasterebbe, almeno per dare la giusta dimensione a quello di cui stiamo parlando. Potremmo quindi suggerire ai detrattori dell’oggettistica “nostalgica” che ancora non si sono espressi sull’annoso caso, una battuta. Vista la qualità media del vinello che reca l’effige del Duce, dovrebbero essere i primi a favorirne la diffusione invece di ostacolarla. Potrebbe essere un ottimo “alleato” per fare il fegato amaro a qualche camerata.
Giancarlo Litta

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