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Ucraina, cosa sta accadendo realmente?

by Eugenio Palazzini
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ucccKiev, 12 dic – Da una parte il governo ciecamente filo russo, dall’altra i manifestanti europeisti che chiedono di rivedere gli accordi politico-commerciali tra Mosca e Kiev. E’ questa l’istantanea proposta dalla stampa internazionale che però rischia così di fornire una descrizione troppo frettolosa non aiutando a comprendere a pieno la situazione ucraina.

A manifestare non sono soltanto gli eredi della rivoluzione arancione guidata nel 2006 da Yulia Tymoshenko e i paladini della democrazia invocata dall’ex pugile Vitali Klitschko, ma nazionalisti e cittadini che auspicano una maggiore sovranità nazionale indipendentemente da quella che Hillary Clinton chiamò “desovietizzazione dell’Ucraina” inaugurando il braccio di ferro tra Usa e Russia. La protesta è dunque variegata e non è una semplice reazione al mancato accordo tra Kiev e Bruxelles, che semmai è servito a riaccendere un fuoco mai definitivamente spento tra il governo ucraino e i suoi oppositori.

D’altra parte la politica di Kiev deve da sempre fare i conti con l’impossibilità di rompere le relazioni commerciali con la Russia, che investe capitali nell’economia ucraina, fornisce idrocarburi e concede un corridoio privilegiato per l’import-export. La dipendenza economica si scontra poi con la necessità da parte dell’Ucraina di acquisire maggiore autonomia e libertà di azione per non apparire più come un mero satellite russo, non solo da un punto di vista simbolico vista la presenza della flotta russa a Sebastopoli. Le istanze economiche si intrecciano così con le ragioni storico-culturali ma sopratutto con la realtà geopolitica, che costringe Kiev a fare i conti con la Realpolitik e la volontà di intrattenere rapporti con l’Ue senza però potersi realmente svincolare dall’influenza di Mosca.

Al vertice di Vilnius del 29 novembre scorso, il presidente ucraino Viktor Yanukovych si è rifiutato di siglare l’accordo di associazione con l’Unione europea sospendendo la firma, prevista dopo un anno e mezzo di trattative, soltanto all’ultimo momento. Dal punto di vista diplomatico Kiev ha giocato una mossa intraprendente ma probabilmente efficace, poiché ha convinto Mosca ad allentare la presa e l’Ue a rivedere la poco convincente offerta. Significativo è stato sicuramente l’intervento di Putin che prima, durante una conferenza stampa congiunta con il premier turco Erdogan a San Pietroburgo, ha accusato l’Ue di fare “indebite pressioni” e “ricattare” l’Ucraina e poi con un intervento last minute ha convinto Yanukovych promettendogli di ridurre notevolmente il prezzo del gas ed evitare ritorsioni economiche. Una proposta, quella del presidente russo, quantomeno allettante per l’Ucraina visto che il debito che lega Kiev a Mosca, o meglio alla grande azienda statale russa Gazprom, ammonta a circa 1,3 miliardi di dollari. Un accordo nell’immediato preferibile a quello proposto da Bruxelles che metteva sul piatto prestiti per le banche ucraine e vantaggi commerciali soltanto nel medio ma soprattutto lungo termine. Nel frattempo però l’Ucraina avrebbe rischiato di perdere l’intero settore delle esportazioni verso la Russia quantificabili, secondo le stime del Cremlino, in circa 35 milioni di euro. Non solo, Kiev importando circa il 90% del gas e il 70% di petrolio da Mosca, si ritroverebbe isolata e senza adeguate garanzie da parte dell’Unione europea.

A questo punto il rischio del tira e molla è che l’Ucraina invece di ottenere maggiore autonomia si trasformi da stato satellite a stato cuscinetto, schiacciato tra le spregiudicate ambizioni di Bruxelles e il pugno di ferro russo.

Eugenio Palazzini

 

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