Dovranno abbandonare entro 48 ore il territorio venezuelano, stando alle dichiarazioni del presidente Nicolàs Maduro, i tre diplomatici statunitensi espulsi con l’accusa di sabotaggio.
«Fuori dal Venezuela!» e poi, in inglese, «Yankees go home!» ha esclamato il successore di Hugo Chavez annunciando la decisione in diretta televisiva.
L’accusa formulata è quella di aver cospirato con le opposizioni alla destabilizzazione del paese, anche attraverso il loro finanziamento finalizzato, appunto, al sabotaggio dell’economia venezuelana, in relazione alla sede di alcuni incontri avvenuti a sud-ovest del paese, laddove è presente il principale impianto idroelettrico del Venezuela, nonché un gran numero di fonderie di proprietà statale.
Ad essere espulsi Kelly Keiderling, alto funzionario dell’ambasciata (in luogo dell’ambasciatore assente dal 2010), David Moo, funzionario consolare, ed Elizabeth Hoffman, che lavora nella sezione politica dell’ambasciata.
Ha prevedibilmente respinto al mittente le accuse l’ambasciata americana che, pur non avendo ancora ricevuto la notifica delle espulsioni, ha subito definito il viaggio intrapreso da Keiderling come un «normale impegno diplomatico» e si è difesa sostenendo di avere «regolari contatti in tutto lo spettro politico venezuelano». «Rifiutiamo del tutto – ha dichiarato l’ambasciata – le accuse del governo venezuelano relative ad un coinvolgimento degli Stati Uniti in un qualsiasi tipo di complotto per destabilizzarne il governo».
Già lo scorso 5 marzo il Venezuela aveva espulso due diplomatici statunitensi con l’accusa di voler destabilizzare il paese. Ed a nulla era servito l’apparentemente conciliante incontro tra il ministro degli Esteri Elias Jaua ed il segretario di Stato statunitense John Kerry a giugno, dopo che l’ambasciatore Usa alle Nazioni Unite aveva accusato il Venezuela di una forte repressione della società civile.
Emmanuel Raffaele
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