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Voce del verbo sorprendere: il Verona campione d’Italia

by Marco Battistini
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Roma, 12 mag – Sorprendere. Ovvero – secondo la gentiliana enciclopedia Treccani – cogliere inaspettatamente, causare viva meraviglia. E ancora, in maniera riflessiva, acquistare consapevolezza di quanto si sta facendo. Oggi diventato faccenda per pochi intimi, nel suo periodo d’oro il campionato italiano sapeva – spesso e volentieri – come stupire appassionati ed addetti ai lavori. Nel quarto di secolo compreso tra le vincenti spedizioni mondiali di Spagna e Germania (ovvero dal 1982 al 2006) ben otto squadre riuscirono nell’impresa di raggiungere la vetta più alta della massima competizione nazionale. Tra di loro l’inaspettato Verona campione d’Italia 1984/85.

Un altro calcio(mercato)

Altri tempi, altro calcio(mercato). L’anno che dona il titolo a un inflazionato romanzo di Orwell è quello in cui la Federcalcio blocca – per un triennio – l’arrivo di calciatori stranieri provenienti dall’estero. O meglio, le società hanno tempo fino al 30 giugno 1984 per tesserare giocatori non italiani provenienti da campionati diversi dal nostro. Ad ogni modo la Serie A si presenta al via come una parata di stelle. È l’estate di Maradona al Napoli e Socrates alla Fiorentina. Kalle Rummenigge indossa invece la maglia dell’Inter. Platini già vestiva quella bianconera della Juventus. Così come Zico deliziava il pubblico di Udine e Falcão la fazione giallorossa della capitale. Ai nastri di partenza, almeno sette favorite.

Gli uomini del Verona campione d’Italia

In questo contesto un Hellas senza iniziali sogni di gloria è reduce da una paio ottime stagioni (condite da due finali di Coppa Italia e dall’esordio continentale). I veneti puntellano il proprio organico con Briegel ed Elkjaer. Il tedesco è un terzino trasformato dal tecnico Bagnoli in centrocampista. Arriva sottotraccia ma sarà capace di segnare ben nove reti. L’avanti danese forma con Galderisi una coppia d’attacco davvero completa. L’agilità del Nanu insieme alla potenza del Sindaco portano in dote una ventina di marcature.

Rosa ristretta, da imparare a memoria. La giusta amalgama tra uomini di fiducia dell’allenatore e giocatori lasciati partire a cuor un po’ troppo leggero dalle sorelle maggiori. Garella tra i pali, capitan Tricella e Fontolan rispettivamente libero e marcatore. Quindi Ferroni, Marangon (terzino amante delle belle donne), il pluriscudettato Fanna – tra i pochi ad aver vinto il tricolore con tre squadre diverse. Poi, oltre al suddetto germanico, Volpati, Bruni e Antonio Di Gennaro: l’attuale voce della Rai era il cervello della squadra. 

Elkjaer e Galderisi più di Maradona e Platini

In barba agli odierni profeti della sfera di cuoio Bagnoli non aveva nessuna ricetta preconfezionata. Fermo restando che «el tersin fa el tersin, el median fa el median». Brera lo soprannominò Schopenhauer, l’uomo della Bovisa preferiva definirsi realista. Calcio tradizionale, dal portiere direttamente alla linea mediana. E vinte le seconde palle si andava sulle punte.

All’esordio Briegel disinnesca Maradona, alla quinta Elkjaer segna – senza lo scarpino – alla Vecchia Signora. Gli scaligeri mantengono l’imbattibilità fino a metà gennaio, la sconfitta di Avellino non preclude l’accesso al platonico titolo d’inverno. L’Inter e il Torino proveranno a farsi sotto ma l’impressionante continuità dei gialloblu non lascia prigionieri. Garella para con ogni parte del corpo. «Senza mani, il portiere più forte del mondo» per dirla con Gianni Agnelli. Galderisi, dato per partente a inizio stagione, con le sue giocate decide diverse partite. 

12 maggio 1985: il Verona è campione d’Italia

La matematica arriva alla penultima giornata, con un pareggio sul campo dell’Atalanta. Volpati, studente in Medicina e intellettuale del gruppo, disse in quell’indimenticabile 12 maggio 1985: «oggi non ci rendiamo conto di quale impresa abbiamo realizzato, ma sarà il corso del tempo a farcelo capire». Verona, campione d’Italia, nell’ultimo secolo di storia la città scaligera rimane l’unica non capoluogo di provincia ad essersi cucita sul petto il triangolino tricolore di dannunziana memoria. Inimitabile voce del verbo sorprendere.

Marco Battistini

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