Roma, 20 giu – Nel 2017, prima dell’accordo Italia-Libia e prima del Codice di condotta delle Ong voluto dall’allora ministro dell’Interno Mauro Minniti, erano otto le organizzazioni non governative che traghettavano i clandestini verso i porti italiani. I sedicenti umanitari avevano a disposizione un totale di dieci navi, quattro di medie dimensioni (ex rimorchiatori) e sei di piccole dimensioni (piccoli pescherecci e vele). Grazie al piano di Minniti, alcune Ong hanno bloccato le missioni davanti alla Libia. La due navi della maltese Moas, fondata dall’ex Blackwater Chris Catrambone, si è trasferita in Asia per traghettare i Rohingya della Birmania in Bangladesh. Save the Children e Medici senza frontiere hanno interrotto le missioni dopo essere finiti nelle carte delle indagini della procura di Trapani per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Jugend Rettet, organizzazione fondata da giovani ricchi berlinesi, si è dovuta fermare perché la nave Iuventa è stata sequestrata in via definitiva dopo video e immagini delle Forze dell’ordine italiane che documentavano i rapporti con i trafficanti davanti alle coste libiche. Nel maggio scorso, è iniziato il processo che vede coinvolti 21 membri delle tre suddette Ong. Alla fine del 2017, rimasero attive solo cinque navi, di queste solo una di medie dimensioni, l’Aquarius di Sos Mediterranee.
La nuova flotta delle Ong
Finanziamenti da fondazioni, erogazioni pubbliche e sovvenzioni da istituzioni religiose hanno permesso alle Ong straniere di acquistare nuove navi di grandi dimensioni, dei veri e propri traghetti. Dopo aver dismesso l’Aquarius rimasta senza bandiera, la franco-tedesca Sos Mediterranee ha ora a disposizione la Ocean Viking, un ex rimorchiatore di 70 metri che può trasportare fino a 600 persone. Tra i maggiori finanziatori, le sorosiane Avaaz, Oak e Médecins du Monde, il Comune di Parigi, il Dipartimento della Loira Atlantica e la Regione della Bretagna.
Medici senza frontiera è tornata nuovamente nel Mediterraneo con la nave Geo Barents, una ex imbarcazione da ricerca geologica di 77 metri e capace di trasportare fino a 600 persone. Nei bilanci della Ong, non si trova traccia dei finanziamenti ricevuti per avviare le missioni con la nuova nave. Sicuramente, ogni anno riceve finanziamenti dalla fondazione dello speculatore Soros.
Ora, la Ong tedesca Sea Watch ha a disposizione tre navi: la Sea Watch 3 (diventata nota al grande pubblico per lo speronamento di Carola Rackete contro la motovedetta della Guardia di finanza) e le più recenti Sea Watch 4 e Aurora. La seconda è un grande imbarcazione di 61 metri, finanziata dalla Chiesa luterana tedesca, mentre la terza è una barca veloce che può raggiungere i 25 nodi. La Ong ha anche due aerei che servono per segnalare alle navi i barconi di immigrati: Moonbird e Seabird. Sea Watch non pubblica né i bilanci né la lista dei finanziatori.
Dopo aver dismesso il piccolo peschereccio Alan Kurdi, la Ong tedesca Sea-Eye è tornata davanti alla Libia con la nave Sea Eye 4, un grande rimorchiatore di 54 metri. I partner della Ong sono la Chiesa evangelica tedesca che, con l’associazione United4Rescue, ha finanziato l’acquisto della nuova imbarcazione, la Chiesa cattolica tedesca e la Caritas di Hildesheim.
Oltre alla nave Open Arms e alla vela Astral, ora la Ong spagnola Open Arms ha a disposizione anche la Open Arms Uno, un rimorchiatore lungo 66 metri in grado di ospitare circa 300 persone. Nel 2020, ultimo bilancio pubblicato, gli spagnoli hanno raccolto 4,5 milioni di euro. Il Comune di Barcellona è tra i più attivi sostenitori e finanziatori della Ong. L’ultima donazione è stata di 100mila euro. Il sindaco di Barcellona Ada Colau era presente anche all’evento della presentazione della nuova nave tenutosi lo scorso 8 giugno.
Un’armata di navi più piccole completa la flotta delle Ong: la Aita Mari della Ong spagnola Maydayterraneo, la vela Nadir della tedesca Resqship, la Rise Above dei centri sociali tedeschi riuniti nella Mission Lifeline e la Louise Michel finanziata da Banksy.
Non potevano mancare anche due navi di Ong italiane: la Mare Jonio di Mediterranea, Ong diretta dall’antagonista rosso Luca Casarini, e la Resq di ResQ – People saving people, il cui presidente onorario è Gherardo Colombo, ex magistrato di Mani Pulite. Nel consiglio direttivo, troviamo anche Cecilia Strada, figlia di Gino il fondatore di Emergency.
Nel dicembre del 2020, Repubblica annunciò il varo di una nuova nave di Mediterranea, la Mare Jonio 2, per l’aprile successivo. Si trattava di un rimorchiatore lungo 72 metri, omologato per imbarcare fino a 700 persone e dotato di droni e pallone aerostatico. Al momento, il progetto sembra essersi incagliato in alto mare. Garanti finanziari dell’acquisto della prima nave, la Mare Jonio, furono tre parlamentari italiani: Nicola Fratoianni, Erasmo Palazzotto e Rossella Muroni.
Le navi delle Ong scaldano i motori per traghettare decine di migliaia di clandestini
Al momento, sono 15 le navi e 2 gli aerei delle Ong attivi sulla rotta Libia-Italia. Di queste, ben cinque possono trasportare fino a 600 clandestini alla volta. Al momento, in Italia, sono già sbarcati 24mila immigrati, un aumento del 321 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020. Le navi delle Ong hanno già traghettato nei porti italiani circa 5mila clandestini. Le organizzazioni non si limitano però al trasporto degli immigrati. Come ha documentato pure il ministero dell’Interno tedesco, la presenza delle navi “umanitarie” davanti alla Libia stimola il pull factor, ovvero quel fattore magnete che spinge le persone a emigrare dai Paesi di origine e poi a imbarcarsi su un barcone dei trafficanti di esseri umani.
Francesca Totolo