I fondi interprofessionali costituiscono un’opportunità da non tralasciare nel travagliato mondo del lavoro odierno. Un lavoro che, a causa delle insicurezze strutturali di cui soffre, è sempre più legato alla capacità dell’individuo di rimanere aggiornato sulle strade da intraprendere e su come sceglierle nel modo più adeguato e razionale.
Cosa sono i fondi interprofessionali
Un approfondimento sui fondi interprofessionali è necessario anzitutto per comprendere bene il tipo di prodotto che si sta cercando e le motivazioni che meglio possono inquadrarlo. Per essere più specifici, i “fondi” sono nazionali e sono diretti alla formazione continua. Essi non sono altro che organismi di natura associativa, i quali a loro volta vengono promossi da organizzazioni datoriali e sindacali: il loro scopo è quello di finanziare gli interventi – appunto di “formazione continua” – delle imprese che si dimostrano interessate a sfruttarle.
A chi sono diretti i fondi e come possono essere sfruttati
Il meccanismo è piuttosto semplice: le imprese versano tutti i mesi all’Inps una quota dello 1,61% della retribuzione come “contributo obbligatorio per la disoccupazione involontaria”, disciplinato dalla legge 845 del 1978, la quale è stata integrata dalla numero 388 del 2000, la quale stabilisce che le stesse aziende possano destinare lo 0,30% del contributo obbligatorio per la disoccupazione involontaria proprio allo scopo di formare i propri dipendenti, e questo grazie all’adesione Fondo Paritetico Interprofessionale. Chi può aderirvi? In buona sostanza, quasi tutti: si va dai lavoratori privati dipendenti, ai dirigenti, agli impiegati, fino a giungere ai soci delle piccole cooperative. Essi, dunque, potranno usufruire di un concreto aiuto disposto per il loro futuro. Un aiuto – pena la conoscenza delle sue caratteristiche – assolutamente da non sottovalutare.
