Roma, 19 nov – Mancano più di due mesi alle elezioni regionali in Emilia Romagna, eppure la campagna elettorale è già entrata nel vivo. I motivi sono chiari. Il governo giallofucsia ha sempre più il fiatone, in esatto parallelismo con l’esecutivo precedente: a una brevissima fase di concordia e buoni propositi è subentrata la guerra di logoramento fra gli alleati al fine di conquistare posizioni per la fase successiva, con in più la variante impazzita Renzi che amplifica ulteriormente le tensioni. Lo spettro del governo futuro di destra-centro a trazione Salvini-Meloni incombe ed è proprio questa eventualità a costringere i partiti della maggioranza ad andare avanti, da una parte, ma anche a sgomitare per non perdere troppi consensi, dall’altra. Sanno di essere minoranza nel Paese e questo limita di fatto i loro margini di manovra.
Il Pd in Emilia Romagna ha tutto da perdere
In questo quadro, la perdita dell’Emilia Romagna, dopo la caduta dell’Umbria, traccerebbe uno spartiacque politico difficilmente esorcizzabile con le chiacchiere sull’incidente locale che non ha riflessi sulle stanze romane. Nelle regionali del 26 gennaio, peraltro, il Pd è l’unico partito che ha tutto da perdere: i grillini non sono mai stati forti nelle amministrative, i renziani aspettano il cadavere di Zingaretti in riva al fiume, Salvini è, nonostante tutto, ancora nella posizione di chi compirebbe un miracolo strappando il bastione rosso ai nemici, mentre patirebbe danni limitati con una sconfitta onorevole in terra ostile.
Le sardine ennesimo inutile movimento “dal basso”
La situazione, per i dem, è quindi scivolosissima. E allora, come uscirne? Ma certo, con le sardine! Cosa c’è di meglio del solito movimento “dal basso”, con radici nella “società civile”, fatto da “giovani laureati”, mobilitato in nome della “solidarietà” e dell'”impegno civile”? Intendiamoci, le piazze riempite a Bologna e Modena davano sicuramente un bel colpo d’occhio. Il punto è quanto quelle iniziative siano rappresentative di istanze reali della società. Il rischio di parlare del solito fenomeno mediatico che suscita la lacrimuccia nelle mamme redattrici democratiche della stampa mainstream, ma che non si traduce in voti, è forte. Pensiamo solo al clima che si respirava prima delle Europee: Salvini era contestato in modo sistematico e capillare in ogni piazza, talora con toni violenti, talora con stratagemmi ironici. Ricordiamo tutti il tizio vestito da Zorro e la moda degli striscioni di protesta. I
ll leader leghista tradiva un nervosismo palpabile. Ogni intervento, anche il più blando, da parte delle forze dell’ordine sembrava un abuso di potere ordinato in modo arbitrario e personalistico dall’autocrate, le boutade social diventavano ripetitive. Insomma, il meccanismo si era inceppato (resta agli annali, in tal senso, un post su Facebook di Christian “pane e volpe” Raimo tutto da rileggere). E allora ci si sbizzarriva nelle previsioni: a quale soglia era fissata la vittoria di Salvini? E dove iniziava la sconfitta? Il traguardo psicologico era il 30%, apparso scontato per lungo tempo ma fattosi più irraggiungibile nell’ultimo miglio. Prenderà il 28%. No, il 25. Vincerà senza sfondare. È ancora forte, ma non è invincibile.
Stiamo sempre lì: sinistra vs realtà
Ricordate com’è finita? Salvini ha preso il 34,3%. Perché sì, era vero che le contestazioni alla Lega avevano disturbato in modo significativo il mood della perfetta macchina da guerra salviniana che avanza senza ostacoli, ma è anche vero che oltre questi trend comunicativi esiste il famoso Paese reale. Sembra una frase fatta, quella sulla sinistra che dimentica la realtà, ma lo schema che si sta riproponendo con le sardine è lo stesso: un entusiasmo ingenuo per un’iniziativa estemporanea, molto mediatica ma chissà quanto radicata, che non esprime un’istanza sociale, non rappresenta una categoria, non dialoga con alcuna insicurezza diffusa.
Questo non significa che Salvini ha già vinto, ovviamente. Al contrario, al momento la “normalità” è ancora che perda, sarebbe straordinario il contrario. Ma se la sinistra vincerà non sarà per le sardine, bensì per il suo profondo radicamento culturale e clientelare nel tessuto sociale della regione. Lo stesso che, in caso di vittoria invece leghista, il Carroccio dovrà andare ad aggredire per poi radicarsi a sua volta e trasformare un trionfo effimero in un vero risultato politico duraturo. Ma questo lo misureremo quando le sardine saranno già un ricordo lontano e confuso.
Adriano Scianca
2 comments
ottimo come sempre, Adriano. E’ sempre la solita solfa, questo senso di superiorità culturale, un’arroganza mediatica continua, la incrollabile certezza di avere ragione di essere i migliori. Hanno perso contatto con tutto e tutti, non si sa più da che parte siano. Talmente impegnati a dover essere equidistanti che hanno perso l’orientamento. Ma va bene così, quesi rigurgiti rafforzeranno la marea sovranista.
Un articolo sostanzialmente perfetto, complimenti!
Certo che il pd attinga, per i nomi di “battaglia”, sempre alla natura puo’ fare sorridere … la quercia, l’ ulivo, adesso le sardine, forse potrebbero pensare a qualche animale piu’ attinente alla loro essenza, per esempio: l’anguilla, il capitone o meglio -nome elegante, colto e cosmopolita- l’ hirudinea.