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A censura e repressione si deve rispondere con la politica, non con il vittimismo

by Simone Di Stefano
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All’alba dello scorso 11 maggio, i carabinieri del Ros hanno perquisito 11 persone. Tra queste c’erano anche Marco Gervasoni, docente universitario nonché editorialista del Giornale, e Francesca Totolo, giornalista e collaboratrice del Primato Nazionale. L’accusa? Vilipendio del presidente della Repubblica. Queste (presunte) frasi ingiuriose sarebbero state diffuse tramite Twitter. In pratica, se critichi il capo dello Stato sui social, non solo sei soggetto a censura, ma puoi ritrovarti a casa i reparti dell’antiterrorismo, neanche fossi Bin Laden nascosto con i Kalashnikov in una grotta afghana. Ecco, questo è lo stato di salute della libertà d’espressione in Italia, nell’anno di grazia 2021.

Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di giugno 2021

Un clima sempre più opprimente

Quest’azione in stile Stasi, in realtà, non è un fatto isolato. Anzi, si inserisce a pieno in un contesto generale sempre più oppressivo e repressivo: movimenti politici bannati da Facebook, istituzione di task force «anti-odio», festival culturali accusati di «sovranismo», censura social di testate giornalistiche (come ByoBlu e, per qualche ora, anche questa testata), pagine e profili rimossi perché non politicamente allineati al pensiero unico, addirittura oscuramento mediatico dell’ex presidente degli Stati Uniti. Sembra davvero di vivere nella Germania dell’Est, con i segnalatori seriali che ricordano da vicino il film Le vite degli altri.

Censura e reati d’opinione

Peraltro, questo giro di vite ha avuto luogo mentre si sta animando il dibattito sul ddl Zan contro l’«omotransfobia». Una legge chiaramente e inequivocabilmente liberticida: se un omosessuale viene aggredito fisicamente o verbalmente, già esistono decine di norme che puniscono l’aggressione. Di conseguenza, una legge contro l’«omofobia» altro non può essere che un «reato d’opinione», è cioè un modo per condannare chi si pronuncia contro l’ideologia gender o a favore della famiglia naturale. E probabilmente potrà essere perseguito anche chi dirà «madre» invece di «genitore 1». Insomma, stiamo parlando dello schifo più totale. A ben vedere, questa è una piega che può rapidamente portarci ad una situazione simile a quella cinese, dove è in fase di sperimentazione avanzata…

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