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Dietro l’addio di Monti gli intrighi per dar vita al Partito Popolare e salvare B.

by Emmanuel Raffaele
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monti casiniLe dimissioni di Monti dalla presidenza di Scelta Civica, come si era già intuito, rivelano qualcosa di più della semplice sfiducia nei confronti della sua linea di politica economica.

C’è, innanzitutto, un dissenso nei confronti del governo che è più accentuato di quanto apparso in un primo momento e c’è, soprattutto, la costatazione che, usato perlopiù come spot elettorale, ora che i piani dei suoi compagni di viaggio sono cambiati, la sua presenza era avvertita ormai come ingombrante.

Da pedina di un gioco in cui si era convinto di essere realmente indispensabile, ora che elettoralmente si è rivelato una carta perdente e “politicamente” fatica ad inserirsi nei giochi del palazzo, va via indispettito. Professor Rosicone.

Lui che leader non lo è mai stato davvero, si è trovato a gareggiare con Casini che, da esperto scommettitore, aveva puntato sull’unico cavallo a sua disposizione ed ora ne cerca un altro, per restare a galla.

Ed ecco spuntare il progetto di restaurare la Casa delle Libertà. Un progetto che, rinnovato dalla veste europea del Partito Popolare, starebbe dietro alle divisioni in casa centrista ed in cima alle trattative di palazzo, che coinvolgerebbero da vicino anche il voto sulla decadenza di Berlusconi dal suo seggio in Parlamento in seguito alla applicazione della legge Severino.

Mauro e Casini, in effetti, non avrebbero ancora deciso come votare.

Mentre Alfano ha dichiarato: «Non siamo appassionati ai giochi di palazzo e alle sigle, ma a un grande centrodestra. Noi dobbiamo riunire tutta l’area alternativa alla sinistra come ha fatto il Polo delle Libertà nel ’94 e la Casa delle Libertà nel 2001. Lo ha fatto il presidente Berlusconi vincendo in entrambi i casi. Il futuro è infatti una larga vittoria del centrodestra e non una larga intesa».

È chiaro che, se in palio c’è un nuovo giro di giostra tutti insieme, sul piatto potrebbe anche esserci la condizione di far giocare anche Silvio, che ormai non fa più paura e, come previsto, si avvia a perdere la centralità avuta finora pur senza sparire del tutto, guidando magari una Forza Italia ormai inghiottita dal nascente Ppi.

Proprio il vicepremier, infatti, pare che conduca il gioco, tentando di ricucire le varie componenti della ex coalizione di centrodestra, incluse le componenti centriste di Scelta Civica vicine a Mauro e Casini.

Mauro lo conferma implicitamente: «Se anche Monti converge sull’ipotesi di creare il Ppe in Italia ben venga: stia tranquillo le pulsioni populistiche dei falchi del Pdl non ci interessano».

Ed in tutto ciò, il senatore a vita rischia perfino di passare per estremista: «Questa politica del doppio binario – ha esclamato Casini -, questo atteggiamento rissoso, anche da parte di Monti, sull’azione dell’esecutivo, questi continui distinguo, non sono accettabili».

Per carità, nessuno disturbi il conducente delle larghe intese. Ciò che Monti, che a fare il conducente indisturbato ci aveva ormai preso gusto, non riesce proprio a mandar giù. E così, dopo aver passato il tempo a bacchettare un giorno si e l’altro pure il governo con fare da maestrino un po’ invidioso, è andato di traverso proprio ai suoi compagni di partito, che ne avevano tanto invocato l’impegno soltanto all’insegna di un comodo “volemose bene”.

«Dopo che Scelta civica aveva discusso della legge di stabilità – spiega il fedelissimo di Monti Andrea Romano -, sottolineandone alcuni limiti e facendo una critica costruttiva, un gruppo di senatori, capitanati da Mario Mauro, fa un comunicato in cui si dice che la legge di stabilità va benissimo e chi la critica è un opportunista. In politica si è visto di tutto, ma non avevo mai visto che si arrivasse, per beghe di partito e per riti della vecchia politica, a sconfessare in modo così plateale una persona come Mario Monti, che si è messo al servizio del Paese un anno e mezzo fa costruendo poi una forza politica che ha raccolto il voto di 3 milioni di italiani».

Il professore, del resto, risentitissimo con Berlusconi, ci va giù duro per essere un moderato: «Si scrive Letta ma si legge Brunetta in politica economica soprattutto su Imu». E ancora: «Sta diventando il governo del dis-fare», ha commentato ieri.

Ed infine, ancora più chiaro, aggiunge: «Avrei fatto volentieri con l’intera Scelta civica un movimento verso il centrodestra, verso un Pdl depurato di talune personalità e di talune prassi di comportamento, che non discuto ma che sono esattamente antitetiche ai motivi per i quali Scelta civica è nata, con il grande appoggio di Casini e di Mauro».

Ciò che non gli va giù sono i falchi del Pdl, anche se non lo dice e parla di “populisti” del partito berlusconiano.

Perciò non accetta quello che considera un vero e proprio tradimento nei suoi confronti da parte del suo ministro, Mauro, del quale dice: «Mi pregò di prenderlo con me a Scelta Civica». Né digerisce lo scherzo che gli ha giocato il suo ex estimatore Pierferdinando Casini, al quale indirizza un vero e proprio affondo: «Mi rivolgo a chi non ha votato Scelta Civica, pare siano tanti, perché c‘era con noi Casini. Può darsi che avessero ragione loro».

E pensare che a definire «orrido» il personaggio era stato già Berlusconi.

«Letta inginocchiato al Pdl?», replica Mauro a stretto giro alle stilettate anti-governative, «Monti è lontano dalla realtà sul Governo come su tutto il resto. Il Governo Letta sta salvando l’Italia dal baratro e noi vogliamo contribuire a rafforzarlo, senza un bombardamento quotidiano di critiche». Gli fa eco Casini, che afferma: «Quando Monti stava a Palazzo Chigi noi lo abbiamo sempre appoggiato; non capisco perché quello che è valso per lui non dovrebbe valere per Letta, che viene sottoposto tutti i giorni a una gragnola di critiche. Noi a questa doppia morale diciamo di no».

Sta di fatto che l’operazione di posizionamento di Mauro e Casini troverà conferma soltanto nella chiacchierata nascita di un nuovo gruppo in Senato, nell’adesione ad un progetto con il Pdl e nel voto di decadenza. Fino ad allora, si rimane in attesa e si fa il conto alla rovescia sulla decadenza di Berlusconi, che segnerà una svolta politica ma che, a questo punto, non è più così scontata.

Soltanto trenta, infatti, pare siano i senatori da persuadere. Una quota non impossibile da raggiungere soprattutto se il voto sarà a scrutinio segreto e non palese, decisione che verrà presa dalla giunta per il regolamento e che vede attualmente una situazione di parità tra le due scuole di pensiero. Proprio due esponenti di Scelta Civica, orientati sul voto segreto, sono gli incerti che chiuderanno il 29 ottobre la partita sulle modalità di voto.

Il resto sarà storia. Solo un po’ meno trasparente se gli intrighi di palazzo decideranno come al solito tutto.

Emmanuel Raffaele

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