Ormai siamo condannati a farci il callo: da qui ai prossimi anni gli influencer acquisiranno sempre maggior potere, anche in politica. Perché sono in grado, appunto, di influenzare il dibattito pubblico molto meglio di politici bolliti e opinionisti repellenti. Volete mettere Fedez con Conte e la Ferragni con la Murgia? Non c’è partita. Ma qui non si tratta di stabilire se questa tendenza sia bella o brutta: non è questo il punto. Occorre piuttosto capire quali sono le sue cause e le sue conseguenze, ma soprattutto come è possibile affrontarla. Perché è inutile stracciarsi le vesti per l’«imbarbarimento della politica» o piangere sulla «politica ridotta a spettacolo». Era così già prima che arrivassero i Ferragnez. Loro non hanno fatto altro che sbattercelo in faccia, senza tanti complimenti.
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di giugno 2021
Un prodotto made in Usa
Il fenomeno degli influencer in politica è, come al solito, un prodotto d’importazione. Made in Usa, per la precisione. Tolta la parentesi Trump – che è riuscito, in maniera inedita, a polarizzare l’elettorato – Partito democratico e Partito repubblicano hanno sempre detto praticamente le stesse cose. A questo punto, tutto si giocava sull’immagine, sulla capacità dei vari candidati di «costruirsi il personaggio»: il democratico che fa filantropia, il repubblicano che ama le armi e la caccia, il dem che mangia vegano e va a cena con il rapper afroamericano, il conservatore che ha la moglie sobria e i figli con il papillon. Così nasce e spopola la «politica dello spettacolo» a stelle e strisce.
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È in tale contesto che sono sbucati fuori gli influencer: dove i politici non avevano nulla da dire, hanno preso la parola i divi dello star system. Liberi dalle maglie del politichese e dalla necessità di raccattar voti, le stelle dello spettacolo hanno finito per essere molto più interessanti delle mezze figure che popolano la classe dirigente americana. Proprio perché le loro dichiarazioni a briglia sciolta generano dibattito; i comunicati ingessati degli uffici stampa, no. Il riscaldamento globale? Sentiamo che ne pensa Brad Pitt. I matrimoni omosessuali? Intervistiamo Elton John. La fame nel mondo? Tocca contattare Madonna. Il motivo di questa moda è intuitivo: su determinati temi, agli occhi del grande pubblico, l’opinione di Biden conta meno di zero. È per questo che anche in Italia, su una questione come il ddl Zan, la posizione di Draghi non interessa a nessuno, quella di Saviano è scontata e quindi superflua, mentre quella di Barbara D’Urso o Platinette crea scompiglio e quindi dibattito.
La rivoluzione social
Niente di nuovo, dirà qualcuno. La gente di spettacolo è sempre intervenuta sui cosiddetti «temi etici», influenzando la politica. Sì, questo è vero, ma non bisogna sottovalutare un aspetto fondamentale della questione. E cioè il mezzo di comunicazione attraverso cui gli influencer diffondono i loro messaggi: i social media. Questo passaggio, che può apparire banale, è in realtà decisivo. Nei decenni scorsi, i divi dello star system parlavano perché interpellati da giornali, radio e televisioni. Erano ospiti a cui veniva chiesto un parere, o comunque rappresentavano l’oggetto – e non il soggetto – di un articolo o servizio del tg. In altre parole, il loro messaggio arrivava al pubblico sempre vagliato e filtrato dagli organi di informazione. Grazie ai social, invece, gli influencer sono di fatto dei network indipendenti: Fedez non ha bisogno della Rai, ma è la Rai che ha bisogno di Fedez. La prospettiva è completamente ribaltata. D’altra parte, con i loro profili Instagram, i Ferragnez raggiungono molte più persone di quante non ne possano offrire la Rai o Mediaset. In televisione, se parlano a 5 milioni di telespettatori, è grasso che cola. Ma su Instagram possono potenzialmente intercettare 20 milioni di seguaci. E lo fanno, peraltro, senza filtri, senza distorsioni e senza limiti.
Così gli influencer stanno cambiando la politica
È per tutti questi motivi che Zan ha fatto tombola comparendo in diretta sul canale di Fedez. Non c’era miglior platea per sponsorizzare la sua legge liberticida: a Porta a porta sarebbe stato smutandato da qualsiasi politico conservatore un minimo preparato, mentre su Instagram ha potuto parlare a milioni di persone senza il minimo contraddittorio e, anzi, spalleggiato da uno degli influencer più potenti d’Italia. Questo, le mummie dell’establishment sinistrorso, lo hanno capito subito. E infatti non hanno perso tempo a complimentarsi con Fedez per ogni esternazione che andava a loro beneficio. Anche se ciò voleva dire abbassare il dibattito al livello dei lombrichi. Anzi, era proprio questo il vantaggio: le argomentazioni astruse di personaggi odiosi come la Boldrini e la Murgia non tirano, gli occhi da cerbiatta della Ferragni, invece, sì.
Che cosa vuol dire tutto ciò? Che Fedez entrerà in politica e che, magari, diventerà premier solo perché è in grado di influenzare l’opinione di milioni di italiani? Ecco no, le cose sono un attimo più complesse. Capiamoci: Beppe Grillo era, di fatto, un influencer che…
2 comments
Per confutare gli influencer è utile stabilire dei “praesidium web” nei quali informatori tecnico-politici, in modo semplice è chiaro, pro-pongano le verità e/o i dubbi sostanziali.
Tra l’ influencer di comodo e l’ informatore professionale c’è un abisso! Gli informatori vanno scoperti e reclutati nelle unità… d’ intenti.
Articolo bello , ma i social sono in mano tecnicamente e fattualmente alla sinistraglia balorda dei censtri sociali digitali, dicansi di giornaletti scam/calunniatori tipo open , bufale , wired , vice , mashable , globalist , tpi.it, nextquotidiano etc etc …questi producono valanghe di odio e letame che spammano grazie ai loro trolls governativi o idioti prezzolati idolatri del partito unico culattonista!