Roma, 16 giu – E con questo 16 giugno sono quarantaquattro. Quarantaquattro gli anni trascorsi dalla morte di Francesco Cecchin, volato nellโOlimpo degli eroi, dopo essere volato dal parapetto di unโabitazione al civico 5 di via Montebuono, nel quartiere Salario a Roma, una volta riconosciuti i suoi aggressori che, nel frattempo, erano diventati “solo” i suoi inseguitori. Gli stessi con cui nel pomeriggio Francesco aveva avuto un alterco per una questione di manifesti. Dopo quasi mezzo secolo sappiamo chi รจ Francesco Cecchin e sappiamo della sua militanza politica nel Fronte della Gioventรน, lโorganizzazione giovanile dellโMSI.
Francesco Cecchin, sappiamo tutto
Sappiamo della sua lunga agonia โ coma indotto per diciannove giorni โ cosรฌ come sappiamo delle fratture su tutto il corpo, eccetto mani e gambe: strano modo di cadere per uno che vola da unโaltezza considerevole. O meglio, di atterrare. Di testa.
Sappiamo del cranio fracassato, sappiamo della milza spappolata, sappiamo delle chiavi di casa piegate ancora tra le mani, usate per difendersi e del pacchetto di sigarette (gettato) vicino al ragazzo ferito. Sappiamo che sul suo corpo รจ stata eseguita unโautopsia il cui esito รจ indiscutibile e sappiamo che, nonostante quella perizia, non รจ mai stata fatta giustizia.
Sappiamo che gli assassini di Francesco avevano tutta lโintenzione di uccidere โ lโaccusa fu di omicidio volontario che, molto verosimilmente, era solo il nuovo significato da attribuire alla parola “caduta” โ ma non sappiamo perchรฉ lโunico indagato, nonostante abbia mentito spudoratamente al processo riguardo il proprio alibi ed essere andato al cinematografo Ariel per assistere alla visione de Il Vizietto nonostante quella sala non avesse in proiezione il film indicato โ sโรจ potuto guadagnare, con la falsa testimonianza sostenuta, il premio per non aver commesso il fatto. Il fatto sarebbe il concorso in omicidio, ma non si sa con chi. Altro vizietto tipico della italica giustizia. Come quello di non trovare il colpevole. Che pure esiste. Come esiste quยญella veritร storica che non puรฒ piรน esseยญre nascosta, o peggiยญo, ulteriormente negata, in attesa che la giustizia scrยญiva la parola fine su questa feroce esecยญuzione.
Una parola fine che serve a non ammazzare ancora una volta Francesco, cui il Viminale, il โdeputatoโ allโordine pubblico della sicurezza di questa repubblica, ha negato anche la possibilitร di essere inserito tra le vittime del terrorismo. Come se gli anni di piombo siano stati solo una marachella adolescenziale. Come se il suolo dโItalia in quegli anni non sia stato calpestato dallโodio politico, spesso avallato e coperto nella stanza dei bottoni con lo stesso telo bianco con cui si รจ da sempre tentato di coprire la veritร e sotto il quale รจ stata sepolta la giustizia.
Sappiamo che il giovane Cecchin era un militante che credeva in una Idea difesa col sangue. Quella Idea di cui oggi altri, magari suoi coetanei, hanno potuto raccogliere il testimone e le conseguenti fortune politiche elettorali. Fortuna altrui che รจ figlia di un sacrificio nellโaccezione latina del termine, il rendere sacro, persino sรฉ stesso, per l’Idea. Sappiamo che lui lโha fatto. Sappiamo, quarantaquattro anni dopo, che lui รจ ancora presente.
Tony Fabrizio