Roma, 8 mag- Esiste in Italia un monopolio nella gestione della cultura. Questo monopolio appartiene alla sinistra. Berlusconi vuole strapparglielo ed impossessarsene, ma senza cambiare nulla. Ecco perché ieri è stato presentato il nuovo dipartimento culturale di Forza Italia, diretto dall’attore e regista Edoardo Sylos Labini, che ha lanciato le sue proposte per rilanciare la cultura italiana.
La prima proposta è quella di delegare totalmente la gestione delle attività culturali ai privati. Scrive Sylos Labini: “Per essere realmente efficace, lo Stato deve poi delegare al privato tutti i compiti e le attività di gestione e di promozione del patrimonio.Il privato, in questa logica, diventa lo strumento più efficace per raggiungere un obiettivo pubblico”. Allo Stato spetterebbe solo il compito di tutelare i Beni artistici; la seconda proposta è quella di detassare le attività culturali; la terza quella di introdurre sin dalla scuola primaria l’educazione al teatro ed alla danza; la quarta è di creare una “rete” tra le varie aziende che operano nel settore culturale; la quinta quella di inserire nel computo del Pil il patrimonio artistico.
Proprio quando la cultura decade per la prepotenza dei privati che si arrogano il diritto di formare ed educare gli uomini, si dice: “Ci vogliono più privati!” Lo stesso meccanismo che si vede quando, di fronte al fallimento di questo sistema economico, si esclama: “Ci vuole più liberismo!” Come se per cultura si intendesse una gara tra riviste per chi realizzi il maggior numero di abbonati. Una cosa è infatti la sacrosanta libertà di pensiero e di opinione dell’individuo, che è libertà esteriore, altra cosa è la libertà interiore, quella dell’ educazione dell’uomo come membro di una comunità umana che è la nazione. La “sinistra” ha piazzato nei vari settori culturali personaggi fidati che poi hanno agito in chiave anti-italiana. Imitare questo procedimento con uomini “di destra” non può risolvere nulla.
Cultura è parola delicata eppure potente. C’è il latino “còlere”, “coltivare”, “prendersi cura” a tal punto da arrivare a significare “onorare”. Ma c’è anche la radice indoeuropea *kwel che rimanda alla circolarità del dissodare la terra e della processione liturgica: non c’è cultura senza cultus cioè non c’è cultura senza Stato.
Michael Mocci