Roma, 3 mag – Non ho sentito il sermoncino edificante di Fedez al concerto del primo maggio, né ascoltato la telefonata tra lui e una dirigente Rai, né nella versione integrale né in quella tagliata furbescamente dall’artista. Ma non ha importanza: nessuno può pensare che in questa vicenda i contenuti abbiano un qualche valore. Fedez che «lotta per i diritti», che «accusa la Lega», che «viene censurato dalla Rai» è un significante che assorbe il suo significato, un brand, un’operazione in cui forma e sostanza si confondono. Non è nulla che abbia a che fare con la logica, con il valore di un’argomentazione. La politica nel senso greco del termine, come confronto razionale di argomentazioni logiche (che comunque, Nietzsche insegna, era già una sublimazione di dinamiche ben più feroci) è terminata da quel dì. Questa è già post politica. È spettacolo, nel senso di Guy Debord. Il che, peraltro, va a tutto merito di Fedez, che viene spesso liquidato con superficialità, mentre il personaggio ha una sua raffinatezza strategica, anche se sappiamo bene che nella coppia Ferragnez di genio ce n’è uno solo e, guardando in faccia lui, si capisce bene chi sia il portatore sano di cervello in quel superattico.
Fedez polarizza
In queste ore sono spuntate fuori una serie di canzoni del primo Fedez, quello che cercava il suo posto nel mondo imitando i rapper americani, con il contorno di machismo ipertrofico a tinte spesso «omofobiche», per parlare con il gergo burocratico oggi in voga. Da allora, tuttavia, il personaggio ha avuto una serie di upgrade, grazie appunto a quella vecchia volpe di sua moglie. È un po’ come quel meme in cui c’è un cervello piccolissimo che a ogni passaggio si espande, fino a dar vita a una super intelligenza; nei vari passaggi le didascalie potrebbero essere: «rapper omofobo», «rapper impegnato», «rapper che attacca i leghisti», «rapper che si fa attaccare dai leghisti», «rapper che si fa censurare dalla Rai perché attacca i leghisti omofobi». Boom.
Nella vita reale, tuttavia, funziona davvero questa cosa? Dipende. Per il conto in banca di Fedez, sicuramente sì («Poi ti chiedi perché faccio le canzoni da gay, perché senza di te io come camperei?», cantava, con una certa sincerità, nella sua prima vita). In termini di mobilitazione dell’opinione pubblica, la questione è controversa: Fedez polarizza, ma polarizzare conviene solo quando disponi dalla maggioranza sociologica in una collettività di riferimento. Mi spiego: Salvini che chiama alla liberazione dell’Emilia Romagna, in una terra in cui la popolazione tende nettamente verso sinistra, sbaglia completamente toni. Ma rispetto all’Italia nel suo complesso, che è un Paese vecchio, cattolico e conservatore, il «con me o contro di me» premia sempre i politici vecchi, cattolici e conservatori. Se domani si votasse, probabilmente l’effetto Fedez si farebbe sentire sulle urne in senso contrario, spingendo l’elettorato di destra alla mobilitazione contro i giovani tatuati amici dei gay.
Quello che sta riuscendo benissimo a Fedez
Il punto, tuttavia, è che domani non si vota. E anche se si votasse e vincesse il centrodestra, sappiamo quanto poco questo influirebbe sui meccanismi profondi del potere (del resto la Rai che ha reso possibile il successo mediatico di Fedez ha pur sempre un presidente «sovranista», no?). Quello in cui Fedez sta riuscendo alla grande è creare egemonia. Spostare il dibattito sui temi, sui toni e nel campo dialettico che vuole lui, imporre un’agenda, creare un clima artificiale che possa influire sul clima reale (il ddl Zan non serve a niente e non lo vuole nessuno, persino a sinistra, tra le femministe e tra gli omosessuali ci sono divisioni in merito, ma grazie a queste operazioni si sta imponendo la sensazione che sia la cosa più urgente a cui pensare, che la sua assenza sia quasi fisicamente insostenibile, che l’unico argine alla sua approvazione sia una cricca di bigotti). È la creazione in vitro di uno spirito del tempo, di un vento della storia.
Ciò che la destra dovrebbe capire
Finché la destra non capirà che questo territorio mediatico-culturale va conquistato e presidiato, il suo fare incetta di elezioni vinte sarà del tutto vano. E no, l’anti Fedez di destra non è Povia, che è un ragazzo simpatico ma ha l’aria perenne dello spostato, del risvegliato. E no, l’anti Fedez non sono neanche Pio e Amedeo, che rappresentano l’immagine rovesciata del politicamente corretto e, in quanto tali, non fanno che confermare quella diritta (la neolingua antirazzista non si combatte immaginando di tornare come per magia al mondo in cui il cumenda Guido Nicheli chiamava il suo cameriere Aziz «animale», perché il mondo non viaggia mai all’indietro). L’anti Fedez potrebbe forse essere Enrico Ruggeri. Ma, intuendo che un’avanguardia non seguita da alcun esercito rischia semplicemente di affrontare i carri armati nemici a petto nudo, al momento sembra preferire fare più che altro l’artista. Chiamalo scemo.
Adriano Scianca
5 comments
Ma di che destra parla? La Meloni e Salvini stanno ancora con la museruola di stato!!
Casapound se non fosse stato per la politica di marketing suicida di definirsi fascisti del terzo millenio avrebbe avuto invece alcuni buoni contenuti sovranisti di destra spendibili sul mercato, ma non l’ha voluto/saputo fare!!
L’ esercito ci sarebbe anche ma i capi non hanno la furbizia di fare le teste di legno… come Fedez.
Salvini e Meloni p.es., “rubano idee”, mutuano, corrono, ma non sanno o non vogliono servire e far servire.
[…] State sottovalutando Fedez. E fate male […]
“È la creazione in vitro di uno spirito del tempo, di un vento della storia.”
In 15 parole hai detto tutto!
Concordo, contrastare il pensiero dominante, ormai così ben insediato e amplificato dai mezzi di controllo e condizionamento, quali televisione, social network e una buona parte della letteratura dalla seconda metà del novecento, impone una strategia che vada molto oltre il mero risultato elettorale. Di fatto la storia recente ci ha insegnato, che vincere la tornata elettorale equivale solo a spostare l'”amministrazione” al centrodestra, non porta ad alcun cambiamento, anzi l’azione stessa di governo così come, inevitabilmente, il centrodestra sarebbe costretto a condurre, ne logorerebbe, ulteriormente, l’immagine e il pensiero che sostiene soprattutto la Destra, perchè è a Destra che sono la storia e le radici del pensiero, la soluzione alla dissolutezza è a Destra, anche se occorre dire che “non vi è speranza di Governare con questi Governi” (Giorgio Almirante).
La Destra e il suo pensiero esisterà fino a che gli italiani, comunque voteranno e si rivolgeranno a Destra, è stato l’ MSI ora sarà altro, ma è a Destra e non al centro che bisogna guardare, questi attori, cantanti, influencers o altri costituiscono il “corpo attori” “giornalistico” televisivo” “politico” sono a cavallo del pensiero dominante imposto quale unico presidio possibile, sono una macchina da guerra per il perpetuarsi del potere cosi come è, vogliono imporre “la fine della storia” se non si vuole porre fine al futuro la Destra è l’unico futuro possibile.