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Tony Iwobi: “Gli antirazzisti mi chiamano ‘ne*ro da cortile'”. E la sinistra tace

by Cristina Gauri
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iwobi

Roma, 8 nov – Lo chiamano “nero di Django”, “Zio Tom”, “negro da cortile”, “negro verde asservito” o “manichino”. Peccato, però, che questi epiteti non provengano dagli smartphone di deplorevoli analfabeti funzionali fascioleghisti, ma dalle tastiere di inappuntabili alfieri del “restare umani”. Gli stessi che si stracciano le vesti per i porti aperti, quelli oltraggiati dai presunti cori razzisti a Balotelli, che vedono xenofobia anche nelle virgole e vorrebbero i campi di rieducazione per gli elettori leghisti.

Il nero da cortile

Ma del resto, il “nero di Django” se l’è cercata: lui è il senatore del Carroccio Tony Iwobi, e quindi non ha diritto a rispetto, a tolleranza, a manifestazioni di solidarietà e commissioni Segre varie. Se l’è cercata andando col “nemico”, un po’ come succede alle donne di destra centro, che diventano bersagli di insulti e offese sessiste senza che nessuno muova un dito per stigmatizzare l’accaduto. Lerner non spende parole in difesa di Iwobi, Mentana non gli dedica carrellate di articoli su Open. In fondo, per loro, è quello che i liberal americani chiamerebbero house nigger, uno schiavo che bacia la mano al padrone.

Il razzismo non ha colore politico

«Ecco a voi solo alcune delle dimostrazioni di intolleranza e di razzismo che arrivano contro di me dai cosiddetti “antirazzisti”», scrive in un post su Facebook. «Da quando sono stato eletto Senatore, ho dovuto sopportare di tutto e di più da loro, di essere chiamato Zio Tom, di essere definito come il nero di Django, di essere chiamato “negro da cortile” da coloro che politicamente non la pensano come me, come se non avessi una libertà di pensiero. La rabbia di queste persone mostra odio e intolleranza, e nessun giornale ha mai avuto interesse a segnalare questi episodi di razzismo», spiega Iwobi. «Commenti simili vanno segnalati e querelati, come farò. Ci tengo a ribadire, però, che la lotta contro il razzismo non deve essere strumentalizzata da una parte politica contro chi chiede semplicemente il rispetto delle regole e dei confini. Il razzismo non ha colore politico: giudicatemi per le mie idee politiche (magari dopo avere ascoltato quello che ho da dire…), ma non per il colore della mia pelle». E conclude che fatti del genere «non intimidiranno mai le mie convinzioni, la mia visione del mondo. Né la mia volontà di lavorare per il rispetto delle regole, della legalità e del vivere civile».

Cristina Gauri

 

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8 comments

SEPP 8 Novembre 2019 - 4:23

Se leggete il manifesto di Unabomber, il vero , quello americano, dice che i sinistri sono i primi
che credono che gli abitanti del terzo mondo sono inferiori e per perdonarsi da questo peccato,
a forza, li vogliono rendere uguali agli europei. Infatti sono le sinistre che li deportano in europa.
Se gli inferiori si emancipano e chiedono il diritto del rispetto, ecco che vengono come fascisti.

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Sergio Pacillo 8 Novembre 2019 - 5:45

Non ti curàr di lór, ma guarda e passa.
Avanti tutta.

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bracco 9 Novembre 2019 - 3:36

Sarà tutta invidia da parte dei liberalprogressisti,visto che il liberalprogressismo è solo una malattia che affligge i ceppi umani europidi.

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Commodo 10 Novembre 2019 - 3:30

È quantomeno bizzarro e contraddittorio in termini, da parte degli “antirazzisti” , che quando un ” negro” si INTEGRA per davvero, non sia piu degno del “rispetto” che LORO sostengono vada tributato ad ogni “negro” in quanto “tale” . È come se, in questo caso, il “negro” perdesse la sua carica distruttiva e degradante. Non servisse più allo “SCOPO” . Il Capitano Stolz, interpretato magistralmente da Jurgen Prochnow, aveva tutte le ragioni nella sua sintesi, semplicissima e chiara sui comunisti, comunque convincano i boccaloni a chiamarli: “Voi lavorate per la DISTRUZIONE di TUTTO!” .

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