Roma, 5 giu – I morti italiani, si sa, per taluni miserabili valgono molto poco, specialmente se riguardano un periodo da cancellare a qualsiasi costo, anche dell’autorazzismo violento e truce. Violento e truce, infatti, è l’atteggiamento di chi continua a infangare la memoria delle vittime delle foibe. Una situazione che di tanto in tanto si ripresenta, come avvenuto nei giorni scorsi nei pressi di Trieste.
Lo sputo sui morti italiani: bandiere titine a Basovizza
Come riporta il Giornale, a Basovizza qualcuno pensa di fare il simpatico gesto di piantare sul terreno una serie di bandiere con una stella rossa e con la scritta “Tito” ben impressa. Tutto il ciglio della strada è pieno. Chiaro che l’unico motivo plausibile sia quello di attaccare ancora una volta il ricordo delle vittime italiane di una tragedia, quella delle foibe, che ha prodotto tra il 1943 e il 1945 (ma anche fino all’anno successivo) migliaia di vittime e di esiliati giuliano dalmati. Massacri perpetrati con il solo pretesto di considerare tutti gli italiani “fascisti” da eliminare. Il risultato di quel periodo fu una delle peggiori pulizie etniche subite dal nostro popolo. Con l’aggravante dell’occultamento e della giustificazione intellettuale da parte della sedicente “cultura” di sinistra.
Oltraggio alla sofferenza
Solitamente, cose simili avvengono intorno al 10 di febbraio. Ma purtroppo anche il resto dell’anno non viene spesso risparmiato. Si pensi a scritte popolari presso i “nostaligici filoslavi”, come “Tito ce l’ha insegnato, infoibare un fascista non è reato”, un motto che purtroppo ha preso piede nel corso degli anni e che spesso ha imbrattato le vie e i monumenti che commemorano i morti italiani di quella triste fase storica. Recentemente i tentativi culturali di negare l’eccidio o di ridimensionarlo si sono moltiplicati, se si pensa al relativo lancio mediatico che ha avuto il testo dal titolo provocatorio “E allora le foibe?” di Eric Gobetti.
Alberto Celletti