La collana degli «Imperdonabili» prosegue con il volume dedicato a Robert Brasillach, lo scrittore e critico cinematografico francese che fece della giovinezza un mito politico [IPN]
Robert Brasillach, il poeta ragazzino
La presentazione del terzo quaderno della collana «Gli Imperdonabili» è stata pubblicata sul Primato Nazionale di marzo 2023
«Perché “il poeta ragazzino”?». A rivolgermi la domanda è l’autore di questo splendido libretto, una volta scoperto il sottotitolo arbitrariamente affibbiato dalla redazione al suo lavoro. L’obiezione non è peregrina. Nato nel 1909 a Perpignan, Robert Brasillach viene ucciso nel 1945 a 36 anni: quello che secondo i parametri di oggi sarebbe un «ragazzo», allora era un uomo fatto e finito. Si maturava presto, agli inizi del Novecento, tanto più quando si viveva in mezzo a grandi tragedie. La definizione di «poeta ragazzino», tuttavia, non ha natura anagrafica.
Il legame fra Brasillach e la giovinezza è innanzitutto estetico, somatico, riguarda i tratti e la postura di questo poliedrico intellettuale che, con i suoi occhialetti e il suo volto tondeggiante, appariva davvero come un bambino nel corpo di un adulto. Il che, beninteso, non gli impedì di essere polemico, duro, talvolta anche feroce. Né gli impedì di comportarsi «da uomo» quando il destino bussò alla sua porta. Ma, a ben vedere, non è nemmeno questo il motivo principale per cui Brasillach ci ricorda la gioventù. È che, attraverso il filtro delle sue opere, è il mondo stesso a essere visto nella sua eterna giovinezza.
Il volume su Robert Brasillach può essere acquistato anche online, sia in versione cartacea che digitale (clicca QUI)
Proprio il fascismo visto da Brasillach ne è una testimonianza. Nella sua Lettre à un soldat de la classe 60, scritta, per l’appunto, per rivolgersi a un giovane del futuro, un futuro che egli non avrebbe mai visto, lo scrittore descriveva le rivoluzioni nazionali del Novecento come una poetica, incredibile, forse incomprensibile esplosione di energia vitale: «I fanciulli che saranno poi giovani di vent’anni apprenderanno con oscura meraviglia questa esaltazione di milioni di uomini, i campi della gioventù, la gloria del passato, le sfilate, le cattedrali di luce, gli eroi pronti alla lotta, l’amicizia tra le gioventù delle nazioni ridestate, José Antonio, il fascismo immenso e rosso. […] Malgrado in questi ultimi mesi abbia così fortemente diffidato dei molti errori del fascismo italiano, del nazionalismo tedesco, del falangismo spagnolo, sono certo che non potrò mai dimenticare il meraviglioso splendore del fascismo universale della mia giovinezza, il fascismo, nostro male del secolo».
Novello Rimbaud, sul suo battello ebbro Brasillach attraversa il Novecento e le sue febbri. L’Italia fascista, dipinta a tinte fosche in patria, gli appare invece in Notre avant-guerre come popolata di bambini che «cantano filastrocche infantili che non significano nulla, come in tutti i Paesi del mondo. Cantano anche in coro, con voce salmodiante, inni fascisti. Avanguardisti di quindici anni, fascisti di venticinque guidano i greggi ridenti e insegnano loro l’inno di un Paese che ha scelto per parola d’ordine: giovinezza!».
Brasillach si rivolge ai giovani e parla di giovani. Si interessa anche dell’arte più giovane, il cinema, come ha ricostruito lo stesso Siniscalchi in un interessante saggio recente. La gioventù diventa per lui quasi una categoria trascendentale, di sicuro uno spartiacque etico, estetico, esistenziale. Come il bambino del Così parlò Zarathustra, essa crea e ricrea il mondo incessantemente, con l’innocenza del gioco e con una libertà sconosciuta ai vecchi inquisitori.
Adriano Scianca