Home » I cinque libri “censurati” più famosi della storia

I cinque libri “censurati” più famosi della storia

by Ilaria Paoletti
2 comments

Roma, 12 mag – In questi giorni abbiamo assistito, come ci trovassimo in un romanzo distopico frutto della penna di Ray Bradbury, ad un vero e proprio assalto alla casa editrice Altaforte, “rea” di pubblicare e distribuire libri fuori dal coro. Talmente pericolosi, questi libri, che ne è stata (di fatto) vietata la presenza in una manifestazione come il Salone del Libro di Torino. Quella che è stata fatta passare come una specie di “sommossa popolare” in realtà è stata una reazione di sistema: coloro che si sono opposti alla presenza di Altaforte presso gli stand del Salone sono gli stessi che già siedono tra gli “eletti”. E per eletti s’intende i coccolati dal circuito che fanno finta di sabotare, i bene accetti coloro che, insomma, con le loro opinioni e produzioni “artistiche” sono funzionali all’egemonia imperante – i nuovi partigiani, “nani sulle spalle dei giganti” dell’antifascismo (un fenomeno storico che non hanno vissuto ma che, senza alcuna capacità analitica, rivendicano e trasformano in valore e discrimine). Nei secoli, sono stati vari i “sistemi” che hanno cercato di censurare o espellere un’opinione, un’opera o un testo ritenuti contrari ai valori della società che li aveva prodotti. Vi è stato il regime sovietico, la pruriginosa e maccartista censura americana e last but not least, nei secoli, la censura della Chiesa Cattolica. A pensare a quelle “censure” e l’ostracismo che si è abbattuto (senza successo) su Altaforte, il paragone risulta quantomeno azzardato – a modo loro, tutti questi “sistemi” difendevano uno status quo organico e non peccavano, quantomeno negli intenti, di ipocrisie arcobaleno e concessioni di libertà a senso unico. Oggi parliamo di cinque libri censurati, alcuni dei veri e propri classici, che nonostante le difficoltà sono stati infine riconosciuti come capolavori.

5) Altri libertini – Pier Vittorio Tondelli

“Altri libertini” ormai ha l’allure del romanzo “cult”. Pubblicato nel 1980 (dunque di certo non in epoca di censure “fasciste”) fu immediatamente un successo. Nonostante ciò, il romanzo fu sequestrato dalla Procura de l’Aquila. Un cittadino si sentì offeso dalla presenza di bestemmie, narrazioni esplicite di rapporti sessuali (anche omosessuali) e consumo di droghe. Poco importa che Tondelli tutto volesse tranne che scandalizzare nel senso comunemente detto – anzi, voleva portare “a galla” il fallimento delle libertà del sessantotto. Tutt’ora esistono due versioni del romanzo: quella “integrale”, senza tagli, edita da Feltrinelli e una invece depauperata, resa meno “pericolosa”, edita dalla Bompiani.

4) Lolita di Vladimir Nabokov

La trama, più o meno, la conosciamo tutti. Il professor Humbert si innamora di Dolores:  “Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita”. Evidente, già da queste semplici frasi, che si tratta di un rapporto pedofilo. Lolita è infatti appena adolescente, mentre il professore ha quasi cinquant’anni. Dopo aver perso la testa per lei, prima ne corteggia la madre, e dopo essere entrato nelle grazie di quest’ultima, alla sua morte, prende finalmente possesso di tutto ciò che riguarda la vita della ragazzina, della sua “ninfetta”. E’ una “storia d’amore” e in quattrocento pagine non è contenuta nemmeno una parola oscena: ma il tema è innegabilmente turbante. Il libro venne rifiutato da innumerevoli case editrici. Davanti al pregio della scrittura dell’autore russo, tuttavia, qualcuno aveva accetta di pubblicarlo – con lo “scotto” da pagare di molti tagli. Scotto che Nabokov si rifiutò sempre di accettare. Infine, fu pubblicato dalla francese Olympia Press nel 1955, un’importante casa editrice “erotica”. Il ministro degli Interni francese,  nel dicembre 1956, mise al bando la pubblicazione per due anni. E sebbene il romanzo sia ambientato negli Stati Uniti, la prima edizione americana si ebbe solo nel 1958 per la G.P. Putnam’s Sons. Rapidamente divenne uno dei best seller più venduti: 100.000 copie nelle prime tre settimane di pubblicazione. In Italia, invece, arrivò nel 1959 grazie a Mondadori. Nel 1962 Stanley Kubrick ne trasse un film, con Shelley Winters e Peter Sellers. La sceneggiatura fu curata dallo stesso Nabokov.

3) Il dottor Živago – Boris Leonidovič Pasternak

Il libro, reso ancor più celebre dal film (vincitore di ben 5 premi Oscar) con Omar Sharif e Julie Christie, è la quintessenza del romanticismo disperato. Parla della vita  di Jùrij Andrèevič Živàgo, medico e poeta,  che ama due donne: la cugina Tonia e la crocerossina Lara Antipov. Il romanzo è ambientato nel periodo storico della guerra civile russa, quella tra Russi Bianchi e Armata Rossa, dopo la Rivoluzione d’ottobre. Venne pubblicato, battendo sul tempo i “concorrenti” internazionali, proprio in Italia, da Feltrinelli: era il 15 novembre 1957. Fu un successo strepitoso: in un anno vi saranno 31 edizioni. Nella madre patria di Pasternak, allora, vi era il regime comunista e il suo romanzo metteva in seria discussione la narrazione epica dell’Armata Rossa che era fondamento dell’Unione Sovietica. Ecco perché fu pubblicato in primis all’estero: all’inizio del 1956 la rivista moscovita Novyj Mir  lo bandì “per ragioni ideologiche”. Nel 1958, vinse grazie al suo romanzo il Nobel per la letteratura ma non poté ritirarlo. Chruščёv in persona si oppose, sebbene egli gli avesse indirizzato una domanda di grazia dopo le  accuse di tradimento, dopo essere stato escluso dall’Unione degli Scrittori, minacciato di espulsione dall’URSS e persino privato della nazionalità. Pasternak rimase così inviso al sistema comunista che la sua opera (prima e ultima) venne pubblicata nell’Unione Sovietica solo nel 1988.

2) Bagattelle per un massacro – Louis-Ferdinand Céline

L’opera dello scrittore francese si apre, inizialmente, con un dialogo tra il medico Gutman e l’alterego di Céline, Ferdinand, che si è visto rifiutare la messa in scena di un suon balletto a l’Esposizione Universale del 1937: da cui ha inizio un’invettiva del personaggio contro gli ebrei, che egli ritiene colpevoli di occupare i posti chiavi del potere economico, politico e via dicendo, potere che mette pesantemente i bastoni tra le ruote all’ascesa di quelli che lui considera i propri “fratelli di razza”, ovvero gli ariani. Céline delinea, nel pamphlet, la differenza tra quella che lui chiama la “petite musique”, ovvero il ritmo delicato degli ariani, e il barbaro “ritmo tam-tam” degli ebrei, che diventano esempio e parabola di tutto ciò che è di negativo al mondo. Allegoria di tutto ciò che secondo l’autore esiste di negativo.

Nella parte centrale dell’opera è sostenuta la tesi di un complotto giudaico mondiale, teso alla realizzazione delle profezie inscritte nel Talmud, e si esortano i «fratelli di razza» ad opporsi a una nuova guerra, che li vedrebbe come carne da macello a tutto vantaggio del progresso del dominio ebraico. In Bagattelle per un massacro, Céline imposta anche una forte critica nei confronti dell’Unione Sovietica, che propaganda ideali di fratellanza e di eguaglianza per poi trasformarli in sopraffazione e miseria. Bagatelles destò immediatamente scandalo in Francia: molti critici elogiarono Céline, alcuni, anche di destra, rimasero perplessi. André Gide, uomo di immensa cultura, amico di Antoine de Saint Exupery, sebbene di “sinistra”, prese quella di Céline come una sorta di provocazione: “Credo che la critica abbia un po’ sragionato parlando di Bagatelle per un massacro. Che abbia potuto prendere un simile abbaglio, è la cosa che più mi sorprende. Perché insomma Céline rischiava molto. Se invece non vuole scherzare, allora vuol dire che Céline è completamente pazzo”, scrisse per la Nouvelle Revue Français nel 1938.

Se la prima volta il pamphlet fu ritirato dal commercio per una causa per diffamazione, dopo la guerra fu lo stesso scrittore a non volere che venisse nuovamente pubblicato, sebbene (secondo le volontà testamentari della famiglia dell’autore francese) sia possibile consultarlo on line. In Italia nel 1938 venne tradotto da Alex Alexis, pseudonimo di Luigi Alessio, primo traduttore italiano del Viaggio al termine della notte.  Ebbe alcune riedizioni fino al 1945 e si trovò nelle librerie italiane nel 1981, nella sua forma originaria, edito da Guanda e tradotto da Giancarlo Pontiggia. Fu ritirato però a soli tre mesi dalla pubblicazione per le minacce di intentare causa da parte della vedova dello scrittore: ma questo testo, lo stesso, è stato editato in Italia dalle edizioni di Ar. I diritti sulle opere di Céline “scadranno” nel 2031 e diventeranno di pubblico dominio. Appena due anni fa era stata annunciata una nuova edizione di Bagatelle per un massacro arenatasi per le polemiche.

1) Mafarka il futurista – Filippo Tommaso Marinetti

Il primo romanzo “ufficialmente futurista” fu scritto nel 1909: con ogni probabilità Marinetti stava con una mano scrivendo “Mafarka” e con l’altra il “Manifesto del Futurismo”. Il padre del Futurismo lo scrisse in francese, per poi “delegare” la traduzione a Decio Cinti, suo segretario personale e “Eminenza grigia del Futurismo”. Edito da “Poesia” (Edizioni futuriste) immediatamente suscitò polemiche: fu subito accusato di oltraggio al pudore. In particolar modo, pietre dello scandalo furono i primi due capitoli, contenenti rispettivamente la narrazione del cosiddetto “stupro delle negre” e la dettagliata descrizione del membro virile di Mafarka (lungo non meno di dieci metri). Marinetti non si perse d’animo, e seduta stante si prese dalla sua i migliori avvocati milanesi. Il processo si tenne nell’ottobre del 1910.

La perizia “tecnica” fu affidata a Luigi Capuana, eminente letterato, amico di Verga e come lui esponente del Verismo, che sentenziò: “E’ precisamente il poema, non il romanzo, della conquista del pieno possesso della libertà spirituale dell’individuo”. Marinetti ebbe l’intuizione di trasformare anche il processo a Mafarka in un’opera teatrale, tanto più che si concluse in un “trionfo”: assoluzione completa. Purtroppo per la vis artistica, in Italia esistono ora ed esistevano allora tre gradi di giudizio: Mafarka fu condannato in appello. Pena poi confermata dalla Cassazione. A causa di questa condanna, Marinetti subì una temporanea sospensione, durante la prima guerra mondiale, dal servizio militare. L’edizione del 1922, diffusa da Sonzogno, lo vede mutilo di molte parti, assenti eccellenti quelle “imputate” nel processo. Solo nel 2003 la versione “originale” venne di nuovo pubblicata da Mondadori.

Ilaria Paoletti

You may also like

2 comments

Claudio Serra 12 Maggio 2019 - 5:47

Lolita di Vladimir Nabokov – Pedofilo non credo proprio, visto che lolita doveva avere 14 anni. E poi vi ricordo, cari i miei comunisti di casapound, che vi siete dimenticati il main kampf. Che stranezza…………

Reply
Enrico 13 Maggio 2019 - 8:43

“Due secoli insieme” di Solgenitsin.

Reply

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati