Roma, 4 ago – Che cosa sappiamo, al momento, sulla ong tedesca Jugend Rettet, accusata dalla procura di Trapani di favoreggiamento dellāimmigrazione clandestina? L’associazione ĆØ stata fondata un paio di anni fa da un gruppo di studenti tedeschi che hanno messo insieme donazioni per adattare al soccorso un vecchio peschereccio, la Iuventa. Tale nave al momento ĆØ sotto sequestro a Lampedusa. Si tratta di una vecchia barca malandata, piuttosto piccola rispetto alle altre che circolano nel Mediterraneo. La Iuventa non veniva mai in Italia: si limitava ad aggirarsi al limite delle acque libiche, o oltre di esso, per raccogliere gli immigrati e poi effettuare trasbordi su altre navi, che li avrebbero portati nei nostri porti.
L’indagine ĆØ partita in seguito alle lamentele delle altre ong sul comportamento spregiudicato della Iuventa, che aveva opposto un deciso no alla proposta lanciata da Msf e Save the Children di un arretramento di tutte le navi umanitarie sulla linea delle 24 miglia. Il team della Iuventa interviene invece praticamente a ridosso delle coste libiche, arrivando persino ad una distanza minima di 1,3 miglia, per caricare gli immigrati trasportati dai trafficanti. Figurarsi se Jugend Rettet poteva firmare il codice di condotta del Viminale. Secondo i magistrati, la Iuventa ha raccolto immigrati da imbarcazioni che non sembravano sul punto di affondare, con modalitĆ che lasciano chiaramente trasparire un accordo con gli scafisti. Scrivono i magistrati: āSeppure questa imbarcazione in qualche caso intervenga per salvare vite umane, in più casi invece non agisce in presenza di un imminente pericolo di vita. I migranti vengono scortati dai trafficanti libici e consegnati non lontano dalle coste allāequipaggio della Iuventa. Non si tratta dunque di migranti salvati, ma consegnatiā. Secondo le indagini, che si sono svolte anche con agenti infiltrati su altre imbarcazioni e microspie installate a bordo della nave, lāequipaggio della Iuventa si accordava con gli scafisti per trovarsi in luoghi e momenti specifici in modo da essere pronta a raccogliere gli immigrati.
Sono state diffuse delle fotografie che provano incontri tra un gommone della Iuventa e unāimbarcazione proveniente dalla Libia poco prima che dalle coste libiche arrivassero delle navi cariche di immigrati. Un altro episodio riguarda alcuni barconi di legno utilizzati dagli immigrati che lāequipaggio della Iuventa avrebbe riportato verso le acque libiche, lasciandoli poi alla deriva, per permettere ai trafficanti di recuperarli. A tutte queste operazioni ha spesso assistito la Guardia costiera libica, che non ĆØ mai intervenuta. Non ĆØ tutto. Agli atti risulta che la leader del team della Iuventa, Katrin, e un ragazzo, ignari di essere intercettati in mezzo al mare āparlano del previsto inizio missione per la mezzanotte del giorno successivoā. Sapere con 24 ore di anticipo dell’arrivo di un barcone ĆØ qualcosa che va ancora oltre un’intesa informale e momentanea con gli scafisti. Fa pensare, semmai, a un vero coordinamento sistematico. La Procura di Trapani sta cercando eventuali contatti telefonici tra gli scafisti e il personale della nave.
Dell’ong tedesca parlano tra di loro, intercettati, anche i componenti della ditta di security che opera a bordo della Vos Hestia, la nave di Save the Children, e parlano di una sorta di chat su Whattsapp tra i responsabili delle navi umanitarie su cui arriverebbero le segnalazioni dei barconi da soccorrere. Una chat sulla quale, sempre secondo i due operatori della security, sarebbero spesso arrivati i messaggi del sacerdote eritreo Don Mussie Zerai, da sempre punto di riferimento degli eritrei che tentano la traversata. Un’altra pista da indagare a fondo.
āAl momento non pare abbiano percepito compensiā, ha detto il procuratore di Trapani Ambrogio Cartosio. Occorre tuttavia far luce su ciò che sembrerebbe emergere dalle intercettazioni dei due operatori di Save the children. āEh sƬ – dice uno di loro – cioĆØ uno che fa il volontario che si piglia 10mila euro…ā. E ancora: āTipo quelli lĆ , quelli erano banditi del mare, non soccorritori. Hanno fatto più morti loro che loro da soli coi gommoniā. Dalle intercettazioni emerge come il suo equipaggio fosse assolutamente fanatizzato. Sulla prua, la nave aveva spesso una scritta che recitava: āFUCK IMRCC!ā, cioĆØ āFanculo il coordinamento internazionale dei soccorsiā. E poi, c’ĆØ l’episodio del 26 giugno: sull’albero di poppa della nave viene issata la bandiera libica. Con un’altra intercettazione di una donna della Iuventa che dice che non intende consegnare āalla polizia materiale video fotografico relativo ai soccorsi e immagine di soggetti che conducono imbarcazioni di migranti in quanto potrebbero essere arrestatiā. āQuella nave correva troppi rischi, caricavano troppe persone in contemporanea per avere visibilitĆ Ā e non facevano squadra con altre ongā, ha raccontato al Giornale Paolo Narcisi, medico di āRainbow for Africaā, che a maggio ha ritirato i suoi medici dalla missione a bordo della Iuventa. Narcisi racconta che ācon la loro nave da 33 metri ci si ĆØ trovati ad avere 400 persone a bordo e 1500 aggrappate alle murate. CosƬ rischiano tutti, anche gli equipaggiā.
Giorgio Nigra
1 commento
…il cosiddetto III settore ĆØ un’industria in piena regola… con grandi utili!!