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I numeri parlano chiaro: gli immigrati delinquono 6 volte più degli italiani

by La Redazione
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Roma, 29 set – La sinistra, si sa, ha sempre avuto problemi con i numeri. Questo perché i suoi soloni, i suoi intellettualoni di punta, sono cresciuti a pane e postmodernismo: la realtà non esiste, ma esistono solo “narrazioni” che creano diverse realtà, le quali altro non sono che strumenti di dominio. Da qui deriva la convinzione che il cosiddetto storytelling, ossia la capacità di imporre la propria realtà, sia più potente degli “aridi numeri”. Il che è in parte anche vero. Ma c’è un problema: la tanto odiata “realtà”, con tutti i suoi numeri e le sue brutte statistiche, prima o poi presenta il conto.

È questo il caso di uno studio che, già da tempo, il Ministero dell’Interno sta vagliando attentamente. Leggiamoli insieme, allora, questi “aridi numeri”: nell’ultimo anno (da agosto 2016 al luglio 2017) le denunce per vari reati sono state 839.496, di cui 241.723 a carico di immigrati. Messa così, sembra che gli italiani siano attivi 3 volte di più degli stranieri. Eppure c’è un problema di ordine statistico: dato che gli immigrati rappresentano il 9,5% della popolazione residente nel nostro Paese, questo vuol dire che gli immigrati hanno un tasso relativo di criminalità del 4,78%, mentre gli italiani un tasso dell’1,07%. Risultato: i “buoni migranti” delinquono molto più degli autoctoni.

Così Luca Ricolfi, docente di Analisi dei dati all’Università di Torino, ha commentato questi numeri: “Il tasso di criminalità relativo degli stranieri è più alto di quello dei nativi in tutta Europa (salvo Irlanda e Lettonia), e in Italia è sopra la media europea. In Europa gli stranieri delinquono 4 volte di più dei nativi, in Italia 6 volte di più”. Ma non è tutto: “Esiste una differenza fortissima fra stranieri regolari e irregolari. Giusto per dare un ordine di grandezza: gli immigrati regolari delinquono circa 3 volte più degli italiani, quelli irregolari 30 volte”. Insomma, la realtà – alla fine della fiera – si conferma sempre più forte dell’ideologia e degli storytelling progressisti.

Federico Pagi

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