Roma, 21 gen – Una scoperta affascinante che crea un collegamento tra Marte e l’Antartide, ovvero il nostro pianeta, e getta nuova luce sulla presenza di acqua sul Pianeta rosso. E la scoperta “parla” anche un po’ italiano.
Marte, il Rover Opportunity e l’acqua
Una ricerca, condotta da un team internazionale con ricercatori italiani, statunitensi e di Hong Kong, guidata dal gruppo di Glaciologia dell’Università di Milano-Bicocca ha reso possibile identificare per la prima volta la formazione del minerale di jarosite (solfato idrato di ferro e potassio) a grandi profondità nei ghiacciai Antartici. Sedimenti ricchi di jarosite sono stati individuati sulla superficie di Marte dal robot Rover Opportunity della Nasa. Tale materiale è strettamente connesso alla presenza di grandi calotte di ghiaccio, che si presume avrebbero ricoperto Marte in un passato geologico (molto antico).
Antartide, jarosite nei ghiacci
Le conclusioni di questo studio tra Marte e l’Antartide sono state pubblicate sulla rivista specializzata Nature Communications. I depositi di jarosite su Marte, estremamente estesi, già a suo tempo segnò una scoperta straordinaria, poiché per la formazione del minerale è assolutamente necessaria la presenza di acqua liquida. Ciò che non si sapeva, tuttavia, è era come questi depositi si fossero formati. L’ipotesi di gigantesche calotte di ghiaccio come quelle dell’Antartide ha trovato conferma grazie, appunto, allo studio effettuato presso il laboratorio di Glaciologia Eurocold Lab dell’Università di Milano-Bicocca, in stretta collaborazione con il laboratorio di Houston della Nasa (Usa), il sincrotrone Diamond Light Source (UK), l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, l’Università di Roma Tre e l’Università di Hong Kong.
L’acqua su Marte e lo studio dell’università Roma Tre
Grazie a tecniche analitiche d’avanguardia quali spettroscopia di assorbimento di raggi-X, fluorescenza a raggi-X e microscopia elettronica a scansione e trasmissione, è stato possibile osservare la formazione di cristalli di jarosite nella parte più profonda della carota di ghiaccio perforata nel sito di Talos Dome, in Antartide Orientale. La perforazione è stata diretta da Massimo Frezzotti del Dipartimento di Scienze dell’Università Roma Tre. Il carotaggio ha raggiunto la straordinaria profondità nel ghiaccio di oltre 1.600 metri, permettendo ai macchinari di fare un “viaggio nel tempo” di 300 mila anni.
Il ghiaccio utilizzato per gli studi è stato estratto tra il 2004 e il 2007 nell’ambito del progetto a guida italiana Taldice, finanziato dall’Unione Europea con il supporto del Programma Nazionale di Ricerca in Antartide. Secondo Agi, il processo capace di spiegare la formazione della jarosite a Talos Dome è la trasformazione chimica e mineralogica delle polveri minerali intrappolate nel ghiaccio profondo, a oltre 1000 metri di profondità e dove la temperatura è di circa -10°C.
“Antichi ghiacciai marziani”
Secondo Giovanni Baccolo dell’Università di Milano-Bicocca “i campioni di ghiaccio della perforazione di Taldice oltre a ricostruire il clima degli ultimi 300mila anni hanno permesso di ipotizzare le condizioni climatiche di Marte nel lontano passato“. “La scoperta è destinata a rivoluzionare l’interpretazione dell’origine dei diffusi depositi che contengono jarosite su Marte. Sebbene oggi scomparsi, sembra che gli antichi ghiacciai marziani e il pulviscolo minerale intrappolato in essi, abbiano lasciato una traccia geologica evidente sul Pianeta Rosso, a testimonianza di vicende climatiche avvenute in un remoto passato”.
Ilaria Paoletti