Roma, 28 apr – Nuove scoperte italiane nel campo della medicina specialistica. Se già il 2013 aveva segnato un’annata importante nel settore della ricerca medica, il 2014 non sembra da meno. E’ italiano, infatti, il gruppo di ricerca che ha individuato un enzima dal quale sarebbe possibile innescare la rigenerazione delle cellule nelle prime fasi della distrofia muscolare di Duchenne. La squadra, diretta dal professor Pier Lorenzo Puri e coadiuvata da ricercatori americani del Medical Research Insitute di San Diego ha infatti isolato l’istone deacetilasi.
Nelle fasi iniziali della distrofia muscolare di Duchenne, quando i pazienti conservano ancora l’attività motoria, una popolazione particolare di cellule, dette ‘progenitori fibro-adipogenici’ stimola una rigenerazione compensatoria dei muscoli distrofici; con la progressione della malattia tuttavia, queste cellule perdono la loro spinta ‘rigenerativa’ e cominciano a indurre la formazione di cicatrici fibrotiche e la deposizione di grasso che vanno a sostituirsi alle fibre muscolari contrattili, provocando così la progressiva perdita della capacità motoria dei pazienti.
L’istone deacetilasi è un enzima che, alterato in questa patologia, interrompe il processo rigenerativo. L’idea è quella di inibirne l’attività, interrompendo sul nascere il processo distrofico. Il test che i ricercatori stanno portando avanti investe numerosi soggetti di giovane età nella fase iniziale della malattia, ed i risultati, pubblicati sulla rivista scientifcia Genes and Development, sembrano promettenti.
La distrofia muscolare di Duchenne/Becker è una malattia genetica rara (colpisce 1 su 3.500 bambini nati vivi) causata dall’assenza della proteina distrofina; i ragazzi colpiti, quasi tutti maschi, presentano una progressiva riduzione della forza muscolare, fino a rendere impossibile la deambulazione autonoma (in genere tra i 9 e i 14 anni); negli anni successivi vengono colpiti dalla malattia anche il cuore e i muscoli respiratori e questo rende necessario il riscorso alla ventilazione assistita. I costanti progressi della ricerca e dei trattamenti hanno portato a raddoppiare l’aspettativa di vita di questi pazienti negli ultimi decenni.
Francesco Benedetti