Nelle fasi iniziali della distrofia muscolare di Duchenne, quando i pazienti conservano ancora l’attività motoria, una popolazione particolare di cellule, dette ‘progenitori fibro-adipogenici’ stimola una rigenerazione compensatoria dei muscoli distrofici; con la progressione della malattia tuttavia, queste cellule perdono la loro spinta ‘rigenerativa’ e cominciano a indurre la formazione di cicatrici fibrotiche e la deposizione di grasso che vanno a sostituirsi alle fibre muscolari contrattili, provocando così la progressiva perdita della capacità motoria dei pazienti.
L’istone deacetilasi è un enzima che, alterato in questa patologia, interrompe il processo rigenerativo. L’idea è quella di inibirne l’attività, interrompendo sul nascere il processo distrofico. Il test che i ricercatori stanno portando avanti investe numerosi soggetti di giovane età nella fase iniziale della malattia, ed i risultati, pubblicati sulla rivista scientifcia Genes and Development, sembrano promettenti.
La distrofia muscolare di Duchenne/Becker è una malattia genetica rara (colpisce 1 su 3.500 bambini nati vivi) causata dall’assenza della proteina distrofina; i ragazzi colpiti, quasi tutti maschi, presentano una progressiva riduzione della forza muscolare, fino a rendere impossibile la deambulazione autonoma (in genere tra i 9 e i 14 anni); negli anni successivi vengono colpiti dalla malattia anche il cuore e i muscoli respiratori e questo rende necessario il riscorso alla ventilazione assistita. I costanti progressi della ricerca e dei trattamenti hanno portato a raddoppiare l’aspettativa di vita di questi pazienti negli ultimi decenni.
Francesco Benedetti