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“Cari politici, vi boicotto: se mio fratello è morto al Bataclan è anche colpa vostra”

by Roberto Derta
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François-Xavier Prévost, ucciso al Bataclan

Parigi, 26 nov – Emmanuelle non ci sta. In giornate in cui tutti sono “Paris”, in cui tutti sono “Bataclan”, lei si tira fuori. E pensare che nel suo caso il cordoglio per le stragi del 13 novembre sarebbe molto più che semplice conformismo da social network.

Suo fratello, François-Xavier Prévost, quella sera era proprio al Bataclan. E non ce l’ha fatta. Ora che sulla Francia è calata la notte della commozione in cui tutte le vacche sono blu-bianche-rosse, Emmanuelle Prévost dice basta: “Grazie signor presidente, signori politici, ma le vostre mani tese, il vostro omaggio, non li vogliamo e anzi vi consideriamo come parte responsabile di ciò che ci è accaduto! È prima che bisognava agire”, scrive la donna in un appello diffuso su Facebook.

Alle cerimonie ufficiali, quindi, la famiglia Prévost non prenderà parte e anzi invita apertamente al boicottaggio. Dopo gli attentati di Charlie Hebdo, spiega ancora la donna, “niente è stato fatto. Se dei testi di legge sono stati votati, alcun decreto di concreta applicazione è stato ancora pubblicato. Dieci mesi dopo, gli stessi uomini sono in grado di ricominciare”.

La donna si meraviglia anche del fatto che “in Francia è possibile essere legati con una rete terroristica, viaggiare in Siria e tornare, liberamente”, oppure del fatto che delle persone classificate dallo Stato come sospette “circolano liberamente, prendono qualsiasi mezzo di locomozione (penso all’attentato sul Tgv dello scorso 21 agosto), affittano delle auto (le macchine utilizzate il 13 novembre erano state semplicemente affittate), lavorano al nostro fianco (faccio allusione a uno degli impiegati nel trasporto pubblico)”.

Emmanuelle Prévost è indignata anche “perché in Francia 89 moschee sono classificate come radicali, il che significa che esse fanno appello all’odio. Perché si sono dovuti attendere gli avvenimenti tragici del 13 novembre affinché si ponesse la questione del loro scioglimento”.

Roberto Derta

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