Non si può più guardare un film horror senza dover subire anche qui il politicamente corretto non binario, gender fluid, interrazziale. Eppure, fino a pochissimo tempo fa, l’horror era rimasto l’ultimo genere conservatore a seguire una serie di cliché, nati come reazione alla cultura hippie americana degli anni Sessanta: se ti droghi, muori; se scopi, muori, se non ascolti i genitori o le autorità, muori. Ogni film horror che si rispetti segue queste regole; a ciò si aggiunge poi la morale puritana anglosassone. Se andiamo ad analizzare la produzione mondiale di cinematografia horror, ritroviamo più o meno gli stessi standard, tranne in quella asiatica che, non essendo basata sulla filosofia «occidentale», si muove su altre corde. L’horror, nella sua accezione più alta, si pone come monito per l’uomo moderno alla deriva in una società tecnologica, sempre più lontana dagli albori primitivi e, se vogliamo, tradizionali.
Horror politicamente corretto
Potremmo enumerare centinaia di film, anche capolavori del genere, come Cannibal holocaust, Maniac, The last house on the left, I spit on your grave (uno dei primi revenge movie), Southern Comfort, Deliverance, e non basterebbe per questo genere così ampio e importante. Ma se vogliamo semplificare, abbiamo spesso un gruppo di amici: il bullo, lo sbandato, la ragazza facile, lo sfigato, la ragazza vergine o il giovane virtuoso che saranno gli unici a trionfare sul male proprio in virtù della loro purezza. Nell’horror non ci sono mai stati «filtri democratici» e, se ci scappava una battuta razzista o sessista, non si offendeva nessuno, anzi, guai a non mettercela!
Questo articolo su horror e politicamente corretto è stato originariamente pubblicato sul Primato Nazionale di aprile 2020
Eppure oggi questa meravigliosa catarsi se n’è andata a farsi fottere in virtù di un bigottismo di rimando, quello delle nuove caste di intoccabili che non si possono nominare. E allora ecco che una cagata come Countdown, il classico slasher americano in cui il suddetto gruppo di ragazzi si fa decimare fino all’ultimo eroe che sconfigge il male, si permette di farci la morale con il personaggio bianco cisgender e stupratore che ci prova con l’infermiera, eroina del film. Nell’ospedale in cui lavora, l’altro bianco tossico è rappresentato da un prete ignavo che la spedisce da un altro prete esperto in demonologia; questi metterà la giovane, sua sorella e il fidanzato di colore al sicuro dentro una stella di David dipinta in sagrestia. Ovviamente il demone si fa beffe di questo esorcismo e se la prende con il nero che perirà travolto da un’auto.
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Per non parlare del più famoso Dr Sleep, sequel di Shining, in cui il protagonista viene aiutato da ben tre personaggi di colore (il fantasma, il tizio dei giardinetti, la bambina magica), mentre la crew del male è composta da un gruppo di bianchi che mangiano i bambini e un indiano crudele. Oppure vogliamo menzionare il cartoon La famiglia Addams, trasformata in una sorta di comunità hippie, che sventola alta la bandiera dell’integrazione e del vivere insieme? Cosa dire invece di Noi, una sorta di The Strangers con un cast all black, in cui una famiglia di ricchi bianchi americani viene letteralmente fatta a pezzi nell’ilarità generale. La tendenza del new horror è dunque quella di stigmatizzare l’uomo bianco e dare vita ad un nuovo eroe meticcio, gender fluid ed empatico con tutti. Tranne che con noi.
Chiara Del Fiacco
4 comments
A me l’articolo gemello (pubblicato sul numero di Luglio del PN) di questo, sempre a firma di Chiara del Fiacco, non è piaciuto perché mi è sembrato un po’ fuori-bersaglio oltre che confusionario.
“Donne-guerriere” nel cinema horror (ma non solo) ce ne sono state parecchie: la più emblematica è sicuramente Ripley (vedi la serie “Alien”) ma protagoniste nella resistenza al male incarnato sono anche la Laurie di “Halloween” e la Stevie Wayne di “The Fog” (John Carpenter); per quanto riguarda i registi, si potrebbe citare anche il nostrano Dario Argento, che ha utilizzato le donne come protagoniste assolute dei suoi film: vedi “Suspiria” e “Phenomena” (ma anche la Gianna Brezzi di “Profondo Rosso” non era male). E l’elenco potrebbe continuare…
1) Definire “Cannibal Holocaust” un capolavoro è – quanto meno – esagerato, nonostante i tentativi del regista (Ruggero Deodato) di ammantarlo di una specie di analisi e critica sociale («I wonder who the real cannibals are»);
2) Se per “Deliverance” si intende “Un tranquillo week-end di paura” di John Boorman: beh, questo film l’ho sempre visto come una perfetta metafora della sconfitta degli americani nella guerra del Viet Nam che nel 1972 era, ormai, acclarata.
Per non dimenticare “La forma dell ‘ acqua” di Del Toro, che(oltre ad essere un film decisamente brutto) è un campionario di tutte le fisime politicamente corrette.I buoni sono la donna bianca muta, la donna nera, il maschio bianco gay, oltre al diverso per eccellenza:il mostro! I cattivi sono tutti i bianchi eterosessuali, specie i padri di famiglia e i militari (a dire il vero neanche i neri eterosessuali fanno una gran figura…).
Non credo sia un caso che l’abbiano premiato con il leone d’oro e l’oscar come miglior film…
“…I maschi bianchi eterosessuali…”
[…] motivo del contendere la scarsa propensione della Rettore alla mitigazione politicamente corretta del linguaggio. «Rivendico la possibilità di usare fr***o e neg*o, non mi sembrano insulti se uno […]