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Hammamet, il Craxi di Favino è maestoso, ma la politica nel film non esiste

by Valerio Benedetti
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Favino in Hammamet

Roma, 20 gen – In vista del ventennale della morte di Bettino Craxi, ricorso ieri 19 gennaio, è stata prodotta una discreta mole di opere storiche e artistiche che intendono fare un bilancio sulla parabola politica del leader socialista. Tra queste produzioni, spicca senz’altro il film Hammamet di Gianni Amelio, attualmente in sala. Fino ad ora la pellicola ha riscosso un buon successo di pubblico, registrando incassi che non erano affatto scontati. Segno che la vicenda di Craxi continua a interessare, e non poco, gli italiani.

Favino impeccabile

Si tratta di un’opera che, come sempre in questi casi, va analizzata sotto un duplice aspetto. Innanzitutto quello artistico. In Hammamet Craxi è impersonato da Pierfrancesco Favino, che si conferma un gigante del cinema italiano. La sua interpretazione del leader socialista è semplicemente da applausi, così come l’ambientazione della pellicola appare più che riuscita. Eppure, visto che si tratta di una coproduzione con Rai Cinema, non mancano purtroppo attori di basso calibro che farebbero meglio a limitarsi alle fiction per famiglie. Un nome su tutti? Quello dell’immancabile – e imbarazzante – Claudia Gerini, peraltro reduce da un altro tonfo sul grande schermo (ma anche Luca Filippi, nel ruolo dell’immaginario Fausto, non scherza affatto in quanto a scarse doti di recitazione).

Il grande assente in Hammamet

Ad ogni modo, se c’è una cosa che veramente manca nel film, quella è, paradossalmente, proprio la politica. La lettura che Amelio fa di Craxi e del suo esilio, infatti, è sostanzialmente pilatesca. Hammamet – in ossequio al voyerismo che va per la maggiore nelle ricostruzioni storiche odierne – è una pellicola dimessa e intimistica, che ci mostra Craxi alle prese con la sua malattia, il suo rapporto con i figli, il suo dolore per la vita da esiliato. Punto. L’unico dato veramente politico gira tutto attorno alla questione delle tangenti e del fantomatico «tesoro di Craxi». Un riduzionismo in salsa «grillina» che fa scadere il «caso C» a una pelosissima questione di «onestà».

Insomma, in Hammamet non c’è sguardo penetrante, non esiste alcuna volontà di andare a indagare sul golpe che portò alla fine della Prima repubblica. Craxi non è il nemico di finanzieri e governi stranieri che vogliono fare strage della quinta potenza economica del pianeta (ché questo era l’Italia negli anni del craxismo), ma è solo il capro espiatorio di una repubblica di «magnoni». Fine. Anche la questione di Sigonella è solo adombrata, senza alcuna particolare riflessione. Se a questo aggiungiamo la scelta – un po’ codarda – che nessuno dei personaggi viene chiamato col suo nome reale (Stefania Craxi, per dire, nel film si chiama Anita), è evidente che non si può parlare in alcun modo di un film storico.

Craxi primo sovranista?

E invece il leader socialista, soprattutto oggi, ci appare come l’ultimo vero statista italiano. Una figura mastodontica che, al di là dei suoi limiti, si ergerebbe sovrana sui nani che popolano di questi tempi la politica nostrana. Tanto per rendere l’idea, non sarà male citare questo passaggio de L’antipatico, libro di Claudio Martelli uscito pochi giorni fa in libreria: «Rinegoziare Maastricht è il suo invito [di Craxi] ripetuto, insistente, a tratti angosciato. La giudica una vera e propria emergenza. All’origine di questo atteggiamento c’è senza dubbio una preoccupazione apparentemente di tipo sovranista. Di quella tradizione gollista che voleva un’ideale Europa delle patrie e non l’Europa reale dei tecnocrati. Il suo sovranismo è una variante moderna del nazionalismo, che anziché contro le altre nazioni, rivolge la propria contestazione ai poteri sovranazionali incorporati nei trattati e nelle istituzioni europee».

E ancora: «[Craxi] andava eliminato non perché era il più corrotto ma perché era il perno degli equilibri politici che ancora potevano contrastare il partito internazionale degli affari, segnatamente quello inglese e americano. Una “grande coalizione” che sfrutta il divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro e beneficia delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni per un vero e proprio assalto alla diligenza, svendendo a prezzi da saldo le maggiori banche e non poche delle più grandi e medie aziende pubbliche». Ecco, di tutto questo – che fa di Craxi uno statista di primissimo livello e un vero patriota – in Hammamet non vi è assolutamente traccia. Allora tanto vale rivedersi i numerosi video che Craxi girava dalla Tunisia e in cui metteva sotto accusa tutta una classe politica e giudiziaria che ha svenduto l’Italia allo straniero e alla grande finanza. È questa, infatti, l’unica Hammamet che ci interessa.

Valerio Benedetti

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