Berlino, 2 dic – La notizia ha iniziato a girare in Italia negli ultimi giorni. Chloé Lopes Gomes, ballerina francese dai chiari tratti afro, ha lasciato lo Staatsballet di Berlino perché le sarebbe stato chiesto di ballare il Lago dei cigni con la faccia dipinta di bianco: un chiaro caso di razzismo, a detta della diretta interessata e di chi le ha dato credito. E infatti la ballerina ha formulato tali accuse sullo Spiegel, che ha di fatto messo sul banco degli imputati uno dei corpi di danza più famosi del globo. La stampa italiana, ovviamente, si è buttata a capofitto sulla notizia, dando fondo a tutto il suo arsenale politicamente corretto. Ma c’è qualcosa che non torna in tutta questa vicenda.
Narrazione a senso unico
La Lopes Gomes, in effetti, è la prima ballerina nera nella storia dello Staatsballet di Berlino, e da molti la cosa era stata letta come una sfida al presunto razzismo imperante nelle società occidentali. Tuttavia, proprio la perdita di questa «omogeneità fenotipica» sarebbe stata vissuta dallo Staatsballet come problematica. Questa, almeno, è la versione della diretta interessata e dello Spiegel, che non si è peritato di sentire l’altra campana. Una campana che, però, ha finito per suonare comunque. E non è musica per le orecchie degli antirazzisti militanti.
I danni delle quote etniche
La voce del corpo di danza di Berlino, che evidentemente non ci stava a essere tacciata di razzismo, si è dunque fatta sentire sulla rivista Ballet Journal, smontando pezzo per pezzo la versione della ballerina francese. Non è vero che alla Lopes Gomes sarebbe stato imposto il «whitefacing», così come non è vero che sarebbe stata ripresa dalla direttrice artistica solo perché nera. Molto più semplicemente, fanno sapere dallo Staatsballet, la signorina non sa ballare. In realtà, la donna è stata assunta dal corpo di danza berlinese – che è un’istituzione pubblica – solo perché la nuova politica dell’organizzazione doveva essere improntata alla promozione della «diversità». In pratica, tutto nasce dall’imposizione delle famigerate «quote etniche».
Razzismo a Berlino? «No, la ballerina è solo incapace»
Ma non è tutto. «Addirittura la foto pubblicata sullo Spiegel, che la ritrae in posa, dimostra che il suo talento è poco più che modesto». Osservando l’immagine, infatti, ogni esperto di danza può notare che «la sua mano sinistra è floscia e non in posizione corretta, laddove dovrebbe essere leggiadra sino alla punta delle dita. Anche la gamba sinistra, quella d’appoggio, non è perfettamente dritta come dovrebbe essere». Di più: il Ballet Journal specifica che Elisa von Hof, l’autrice dello Spiegel, non mostra particolari competenze di danza, tanto che alcune sue affermazioni risultano risibili al pubblico specializzato.
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In sintesi, l’accusa di razzismo viene fortemente messa in dubbio dallo Staatsballet di Berlino, che anzi si stupisce che lo Spiegel, «trasformandola in eroina, non abbia nemmeno preso in considerazione l’ipotesi che la ballerina possa aver mentito». In effetti, se il settimanale tedesco avesse chiesto riscontro agli accusati, sarebbero venute fuori cose interessanti: una collega della Lopes Gomes, infatti, ha confidato al Ballet Journal che la ballerina afro era «spesso stanca e deconcentrata», mentre un’altra taglia corto e la definisce senz’altro «pigra». Anche i rimproveri della direttrice pare fossero giustificati dalle scarse capacità della signora. Insomma, chiosa il Ballet Journal, «non è affatto una sorpresa che, a causa delle sue insufficienti performance, il contratto della Lopes Gomes non sia stato rinnovato».
Valerio Benedetti