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Le sitcom degli anni ’90, ovvero l’indottrinamento prima di Netflix

by Stelio Fergola
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sitcom

Sitcom e serie tv, quasi sempre di provenienza anglosassone e nella fattispecie statunitense, hanno invaso le nostre case negli ultimi cinquant’anni. Ma non è stata soltanto la produzione originaria a entrare prepotentemente nel nostro immaginario. Essa ha portato dietro di sé praticamente tutti i valori del pensiero dominante che oggi dettano legge in questo travagliato Occidente (ammesso e non concesso che sia corretto considerare l’Italia parte di esso). Un’operazione di propaganda e di indottrinamento che parte da lontano, da quei «favolosi anni Ottanta» che pure in Italia hanno emesso gli ultimi squilli di splendore, proprio mentre il modo di pensare americano si sostituiva inesorabilmente a quello nazionale. Operazione che prosegue imperterrita nel decennio successivo e si «consolida» nel presente. Le pochissime eccezioni, nonostante il buon successo di pubblico, non vengono ricordate allo stesso modo.

Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di febbraio 2023

È necessaria una premessa. Il minimo comune denominatore delle sitcom oltreoceano sul fronte dei valori culturali, economici ed etici trasmessi è uno solo: «illusione di libertà». Libertà di pensiero, nello specifico. Qualsiasi sia il tema trattato o citato nella narrazione, solitamente, le sceneggiature dei contenuti audiovisivi «leggeri» in questione quasi sempre tendono a sottolinearne la libertà di opinione. Salvo poi sposare, in modo praticamente ufficiale, la tesi da imporre.

Un esempio piuttosto chiarificatore di questo contorto modo di raccontare riguarda il tema dell’aborto. La prima cosa che viene stabilita è la libertà di liquidare o meno il feto. Quasi sempre, lo stesso viene risparmiato dai personaggi che si trovano a doverne scegliere la sorte. Ma sull’origine decisionale non si discute: siamo noi a dover decidere della vita di un soggetto terzo (in potenza o in atto che sia). Con ciò rendendo il principio di per sé naturalmente incontestabile: è soltanto la pietà dei personaggi a salvare i nascituri, e non si può pensare di dar loro un futuro aprioristicamente tramite alternative varie (sulle quali, ovviamente, spicca l’adozione).

Casa Keaton: la politica in famiglia

L’illusione della libertà di pensiero è particolarmente articolata nel primo esempio di cui trattiamo in questa sede, ovvero Family Ties (in Italia Casa Keaton), sitcom americana andata in onda dal 1982 al 1989 che affronta un po’ tutti i temi etici e politici del tempo, dallo stesso aborto fino alla guerra fredda, dai diritti sociali e la stessa concezione dell’omosessualità alla società completamente libera, passando per disarmo nucleare, ecologismo, pacifismo e femminismo.

Il cast di Casa Keaton

Tutte queste tematiche sono ufficialmente presentate nella sitcom come suscettibili di essere pensate e sviluppate con la libertà di pensiero individuale, tramite un artifizio narrativo che risulta particolarmente efficace: far rappresentare ai personaggi della serie le posizioni più conservatrici o, al contrario, progressiste. Questo sebbene il confronto nella famiglia Keaton sia piuttosto «impari» – e già qui ci sarebbe da sollevare qualche riserva – tra il figlio Alex (interpretato da Michael J. Fox) il ragazzo conservatore del nucleo, fiero elettore del Partito repubblicano, di Ronald Reagan nonché difensore del criminalizzatissimo Richard Nixon, e tutto il resto dei componenti al suo esatto opposto, dai genitori Steven ed Elyse, ex figli dei fiori pacifisti al tempo della guerra in Vietnam (dunque democratici nel Dna) alle più «sfumate» sorelle Mallory e Jennifer (che comunque tendono a sposare sempre tesi contrarie a quelle sostenute dal fratello).

L’indottrinamento delle sitcom

Alex è per la deterrenza nucleare (quindi per il suo possesso al fine di mantenere parità strategica con il nemico sovietico), per valori tradizionali e sostanzialmente antifemminista. Tutto il resto del nucleo lo prende di mira, stigmatizzandolo su ogni questione. Addirittura in modi che sono totalmente fuorvianti rispetto ai temi trattati. Ad esempio, in un episodio della sesta stagione, il ragazzo afferma di «desiderare una donna che lo sostenga, che lo appoggi e gli dia conforto», puntualmente ribattuto dal padre con una secca battuta: «Devi rassegnarti, Alex. Le donne sono persone». Quasi come se essere di appoggio al proprio compagno o compagna costituisca di per sé una forma di manifesta superiorità o inferiorità, in modo del tutto pretestuoso e francamente irrazionale.

In una scena sul dibattito inerente al disarmo nucleare, mentre genitori e famiglia sono tutti favorevoli a che siano gli Stati Uniti per primi a liberarsi delle loro testate per «dare il buon esempio» al rivale sovietico, Alex viene dipinto come una sorta di «mezzo fessacchiotto», facendogli pronunciare frasi sempliciotte e altrettanto fuorvianti come: «Le armi si posseggono per non usarle». Che, ovviamente, non significa nulla, e solo uno spettatore sprovveduto potrebbe pensare che chi è a favore del possesso di un arsenale è anche magicamente e follemente concorde con lo sgancio di atomiche indiscriminate e reciproche sul modello di Hiroshima e Nagasaki. Quando invece la questione sarebbe molto più sfumata e – banalmente – semplice: essere dotati militarmente serve semplicemente a disporre di un «potere contrattuale» nei riguardi di qualsiasi rivale si presenti sulla propria strada, con il ragionevole obiettivo di trattare e non certo di scatenare per forza una guerra folle. Addirittura viene fatta passare l’idea del «buon esempio di disarmo» precedente a quello sovietico come la scelta più saggia, mentre nella geopolitica reale, incapace di poter contare sulla buona fede della controparte, ciò costituirebbe un suicidio strategico.

Piuttosto curioso che l’unico ambito in cui Alex non sia stigmatizzato costantemente dai familiari – sebbene non manchi la…

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3 comments

ovx 5 Marzo 2023 - 3:16

Casa Keaton titolo italiano della sitcom americana del 1982, era appunto in puro stile anni 80′ e non 90′. La vedevo spesso e nonostante fossi ancora in ragazzino, notavo l’aspetto politicamente fastidioso descritto nell’articolo.

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Germano 5 Marzo 2023 - 3:17

“…Sitcom e serie tv, quasi sempre di provenienza anglosassone e nella fattispecie statunitense, hanno invaso le nostre case negli ultimi cinquant’anni…” No cari amici, non sono loro che hanno invaso le nostre case, questo gregge senza pastore che qualcuno chiama “popolo italiano” mete a casa sua tutta la merda estera come italica , che poi più schifo di quel Festival (italiano?) della canzone a San Remo , e si trova a testa di tutta la spazzatura della TV.

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Evar 5 Marzo 2023 - 9:46

La sitcom anni 90 a maggioranza votata come migliore o più popolare è sicuramente Friends (personalmente la odiavo, dalla sigla agli attori, mai vista, appena ci finivo dentro cambiavo subito). Poi credo venga il Principe di Bel-Air (qualche puntata l’ho vista, ma non mi piaceva molto).

Seinfeld in Usa era ed è considerata un mito, qui è stata trasmessa da Tele Montecarlo mi pare, ma non ha riscosso alcun successo.

Le migliori per me erano “Sposati con figli”, con una absolutely rare, young & foxy Christina Applegate, Home Improvement con Tim Allen e ovviamente “La Tata” (mitica la puntata con Brian Setzer che esegue una cover di Stevie Ray Vaughan meglio dell’originale o quella del maggiordomo che balla un r&r di Bob Seager.

https://www.youtube.com/watch?v=OERscqWP_LI
https://www.youtube.com/watch?v=A3XdLTBcYYM

In tutte queste sit di indottrinamento non mi pare ce ne fosse, un po’ di audacità forse nelle situazioni e nei dialoghi, specie nella Tata, dove il bigottismo italico è riuscito a battere quello quacchero, facendo passare la mamma e la nonna della Tata per le zie, proprio a cause di dialoghi e situazioni troppo esplicite per una figlia, mamma e nonna di Frosinone (in realtà nell’originale erano ebree di origini polacche).

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