Barcellona, 13 mag – Il Barcellona vince contro il Bayern Monaco del suo ex tecnico Pep Guardiola. Luis Enrique può così coltivare il sogno di emulare il suo vecchio compagno di squadra vincendo la Champions League, la Liga e la Coppa del Re.
Sin da subito, la semifinale tra Barça e Bayern è stata considerata da molti una finale anticipata. Sicuramente è la partita tra le due squadre europee più in forma. Ma non solo. E’ la partita tra due squadre con molti tratti in comune: entrambe vogliono mantenere il possesso palla, entrambe effettuano un pressing aggressivo per recuperare palla nella metà campo avversaria.
Dove e come nasce la vittoria schiacciante dei padroni di casa, dunque? Il trionfo dei blaugrana è il trionfo dell’applicazione perfetta della strategia in fase di non possesso scelta da Luis Enrique: pressing ultraoffensivo immediato per impedire al Bayern di costruire la propria manovra fatta di molti passaggi per disorganizzare la difesa avversaria. Il pressing aggressivo ed efficace del Barça ha, di fatto, limitato sia la fase di possesso che quella di non possesso della squadra di Guardiola. Come sostiene il tecnico dei tedeschi, “il mantenimento del possesso della palla è solo uno strumento con cui organizzare il proprio gioco e cercare di portare disorganizzazione nello schieramento dell’avversario, senza una sequenza di almeno quindici passaggi, una buona transizione tra attacco e difesa è impossibile”.
I blaugrana non hanno concesso al Bayern lunghe sequenze di passaggi e ciò ha permesso di sorprendere i tedeschi, che in più occasioni non sono riusciti a riconquistare immediatamente palla dopo averla persa, né tanto meno a ritrovare il giusto equilibrio. Il primo gol del Barcellona, infatti, nasce a seguito di un recupero palla nella metà campo avversaria. Certo, Messi ha dimostrato ancora una volta il motivo per cui ha alzato quattro palloni d’oro, ma senza conquistare palla in quella zona di campo, difficilmente il calciatore argentino avrebbe potuto ricevere e preparare la conclusione senza essere contrastato immediatamente.
Secondo e terzo gol del Barcellona, invece, nascono dall’attacco della profondità con verticalizzazioni immediate dopo aver recuperato palla nella propria metà campo. E’ questa una grossa differenza rispetto alla squadra guidata dal 2008 al 2012 da Guardiola: il Barca di Pep, quando recuperava palla nella propria metà campo, preferiva riprendere il controllo del gioco consolidando il possesso palla, preferiva salire con un gioco corto.
Con Luis Enrique, invece, si cercano ripartenze rapidissime che hanno fruttato, come detto, il secondo e il terzo gol: al 79esimo la verticalizzazione di Jordi Alba su Messi viene intercettata in un primo momento da Boateng, il pallone rimane però in possesso del Barca, la palla viene rigiocata al numero 10 che inventa una serpentina con pallonetto finale fantastica; nei minuti di recupero, Suarez recupera palla ed avanza palla al piede, viene fermato con un fallo, la palla finisce comunque sui piedi di Messi che serve Neymar sul filo del fuorigioco mandandolo a tu per tu con Neuer.
Abbiamo parlato del pressing ultraoffensivo aggressivo e delle transizioni positive rapide del Barcellona, che sono però un tratto caratteristico anche del Bayern Monaco. Com’è riuscito Luis Enrique a limitare gli avversari da questo punto di vista? Durante la costruzione della manovra, il Barca ha spesso optato per la soluzione diretta difensori-attaccanti, saltando di fatto il reparto di centrocampo, come si può vedere dalle immagini sotto. Così facendo, i blaugrana hanno potuto conquistare campo ed eludere il pressing avversario.
In questo modo, il Barcellona ha messo una seria ipoteca sulla finale di Berlino. Pep Guardiola, comunque, non è nuovo a grandissime imprese, basti pensare alla recentissima partita con il Porto. All’Allianz Arena, martedì prossimo, assisteremo ad una partita tutta da vivere, non c’è dubbio. E il finale è tutto fuoché scontato.
Renato Montagnolo