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Calcio, il mondo del tifo lontano dall’Europa

by Roberto Johnny Bresso
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Roma, 31 dic – Qualche settimana fa ci siamo occupati del mondo ultras ed hooligan dove il fenomeno è nato. Ma il calcio è lo sport più seguito al mondo, quindi, pur con diverse prerogative, in ogni angolo della Terra le dinamiche del tifo europee sono andate a riproporsi. Oggi quindi analizziamo il fenomeno al di fuori dell’Europa.

La situazione nel Sudamerica

Partiamo il nostro viaggio dove il calcio è una religione, quanto e forse persino di più che da noi, vale a dire il Sudamerica. I due modelli predominanti ed ovviamente rivali sono quello delle barras bravas argentine e quello delle torcidas brasiliane. Inutile dire che stiamo parlando di nazioni nelle quali il calcio è argomento totalizzante e spesso questione di vita o di morte. Le barras bravas e le torcidas nascono chiaramente tra gli strati più poveri della popolazione. Ma dato l’enorme seguito e rispetto ottenuto in tutta la tifoseria, sovente i loro capi diventano molto influenti e riescono ad ottenere lauti guadagni e potere.

Pensiamo solo al capo de La 12 del Boca Juniors Rafael Di Zeo, diventato anche amico intimo di Maradona. Naturalmente parliamo di gruppi caratterizzati da un altissimo grado di violenza, nei quali spuntano pure armi da fuoco. Nonostante ciò, o appunto per questi motivi, le società tendono a tenersi buoni i leader inondandoli di biglietti sia in casa che in trasferta, di modo da ottenere supporto per le rispettive proprietà. A livello di tifo ovviamente ogni partita di calcio sudamericano resta un’esperienza unica e quasi mistica.

Calcio e tifo, passando ai vicini del Nord e Centro America, possiamo dividere il movimento essenzialmente in due aree geografiche ben distinte. Nel Centro del continente in pratica il modello è molto simile a quello dei vicini meridionali, con il Messico a guidare le fila della passione. Ma altrove si arrivò persino a far scoppiare una guerra! 

La guerra del futbol

Siamo nel 1969 e Honduras ed El Salvador erano governati da ricchi latifondisti filo statunitensi. I rapporti tra i due paesi erano sempre stati difficili, ma le cose si erano aggravate pesantemente quando l’Honduras, in barba ad un trattato bilaterale precedentemente stipulato, ricacciò in Salvador 300.000 salvadoregni. Confiscando loro case e terreni, costringendoli quindi a tornare in una nazione nella quale ormai non avevano più nulla. In questo contesto sociale e politico i due stati si dovevano affrontare in un doppio confronto calcistico, precisamente nelle semifinali della zona CONCACAF per accedere ai Mondiali di Messico 1970.

L’8 giugno 1969 era in programma l’andata a Tegucicalpa ed il clima per i salvadoregni fu terribile. Dopo aver subito intimidazioni di ogni sorta vennero sconfitti per 1-0 e in patria la figlia di un generale dell’esercito si suicidò sparandosi al cuore per il dolore.

Il ritorno, in programma il 15 giugno a San Salvador, fu, se possibile, ancora peggiore: un accompagnatore dell’Honduras venne ucciso a sassate dalla folla inferocita e l’hotel che ospitava la squadra ospite venne bersagliato da sassi, bombe artigianali e persino topi morti! I pochi coraggiosi tifosi ospiti non se la passarono meglio: vennero infatti aggrediti dentro lo stadio, contando due morti. In campo non ci fu storia: 3-0 per El Salvador e, non valendo la regola della differenza reti, si rese necessario uno spareggio a Città del Messico il 27 giugno. Ai supplementari la spuntò 3-2 El Salvador, dando vita a furibondi scontri tra le due fazioni, scontri che durarono ore dentro e fuori lo Stadio Azteca.

Era il preludio al conflitto armato vero e proprio, che si svolse dal 14 al 18 luglio e passò alla storia come la Guerra del Fútbol e che vide El Salvador invadere l’Honduras ed essere poi respinto, durante un conflitto combattuto con mezzi obsoleti, ma assai sanguinoso, visto che si contarono circa 5.700 morti. Per la cronaca, El Salvador sconfisse Haiti in finale e si qualificò per i Mondiali.

Stati Uniti e Canada

Negli Stati Uniti e nel Canada invece, dove il calcio non è certamente lo sport nazionale, il fenomeno del tifo organizzato è cosa recente. Laddove sono presenti persone di etnia sudamericana i gruppi ricalcano le barras. Mentre dove la maggioranza è di origine europee ci si ispira al movimento ultras o casual. Per quanto possa sembrare assurdo, anche lì negli ultimi anni sono aumentati di molto gli scontri violenti.

Calcio e tifo: Africa, Asia e Oceania

Ci trasferiamo ora in Africa, dove il calcio è spesso terreno di riscatto sociale oppure sfogo di frustrazioni. Nell’Africa subsahariana non si ritrovano gruppi organizzati. I fenomeni violenti sono frutto di situazioni estemporanee come una decisione arbitrale o una calca nella folla. Nel Maghreb invece stanno spuntando un po’ ovunque gruppi ultras di ispirazione italiana.

Nell’immenso continente asiatico abbiamo tutta la gamma delle possibilità, ma le situazioni più interessanti le troviamo in India, Indonesia e Thailandia. Ossia paesi nei quali a partire dagli anni ’90 il calcio ha preso sempre più piede fino a diventare un fenomeno di massa. Abbiamo gruppi di ultras ed hooligans che seguono non solo le squadre locali ma anche quelle europee, dando vita ad incidenti sempre più frequenti. In Cina invece il movimento ultras è stato represso pesantemente sul nascere per ovvie ragioni. In Giappone si caratterizza dall’imitazione ossessiva di cori e coreografie all’italiana, ma senza la componente più bellicosa.

Concludiamo il nostro percorso in Oceania. Qui il calcio ha acquisito seguito molto recentemente con la creazione di gruppi ultras composti principalmente dai nuovi immigrati dall’Est Europa, che quindi riproducono le medesime rivalità che caratterizzavano la loro terra d’origine.

Roberto Johnny Bresso

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