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Caso Sacchi: perché ci sono troppi stranieri nelle giovanili?

by Renato Montagnolo
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Caso SacchiRoma, 20 feb – “Abbiamo troppi stranieri nelle giovanili. Ci sono troppi neri”. Queste le parole di Arrigo Sacchi, sulle quali si è scatenata una bufera, tra critiche feroci e sostegni incondizionati (tra cui quelli di Ancelotti e Capello).

L’intento dell’ex commissario tecnico della Nazionale era quello di criticare i club italiani che, invece di formare calciatori all’interno dei propri settori giovanili, processo che necessita di investimenti e di lavoro quotidiano, preferiscono prelevare giocatori, in parte già formati, all’estero, spesso in Africa.

Come scritto da Edoardo Jacobelli, segretario del settore giovanile del Modena F.C., “la polemica innescata da molti addetti ai lavori e non […] e strumentalizzata da certa stampa che farebbe bene ad interessarsi ai veri problemi del calcio italiano anziché assumere un falso atteggiamento perbenista e moralista, può servire però per capire come i giovani talenti (o presunti) stranieri finiscano tra i nostri confini”.

Secondo Jacobelli, infatti, nonostante il diciannovesimo articolo del “Regolamento sullo status e sui trasferimenti dei calciatori” della Fifa consenta i trasferimenti internazionali dei calciatori solo se il calciatore ha superato il diciottesimo anno di età, sono sempre più numerosi i giovani provenienti da Federazioni estere.

La prima causa di questa deriva va individuata nelle tre eccezioni che rendono molto meno vincolante la disposizione. Il trasferimento internazionale di minori, infatti, è consentito se si tratta di uno spostamento all’interno del territorio dell’Unione Europea per giocatori di un’età compresa fra i 16 e i 18 anni, nel caso in cui la distanza massima fra il domicilio del calciatore e la sede della società sia di 100 km e, soprattutto, nell’eventualità in cui i genitori del calciatore si trasferiscono nel Paese della nuova società per motivi indipendenti dal calcio. Ed è proprio quest’ultimo punto che permette di raggirare facilmente la legge: non sono assolutamente inusuali i trasferimenti di minori che prevedono contratti di lavoro per i genitori e cambiamenti di residenza degli stessi da una nazione all’altra.

La seconda causa che rende meno vincolante la legge va individuata nella mancanza di pene severe e non raggirabili: basti pensare al caso Barcellona. Nell’aprile scorso, il club spagnolo fu sanzionato per irregolarità nell’acquisto e nel tesseramento di giocatori minorenni e stranieri nelle giovanili del club. La condanna iniziale della Fifa, che prevedeva lo stop del mercato per la sessione estiva 2014 e per quella invernale del 2015, è stata successivamente sospesa in via cautelare dalla stessa Fifa. In questo modo, i blaugrana, hanno potuto investire (e anche molto) sul mercato estivo del 2014. Il 30 dicembre, però, sono terminate le vie legali: il Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna ha respinto il ricorso del Barcellona contro il blocco dei trasferimenti fino a gennaio 2016. C’è però un’altra eccezione che rende meno pesante questa sanzione: secondo quanto dichiarato dalla Fifa il Barcellona può intavolare trattative con altri club e acquistare giocatori nella sessione estiva di mercato, a patto di non registrarli (e quindi di non farli scendere in campo) prima di gennaio 2016, data di scadenza del fermo.

Ecco quindi che il Barcellona potrà continuare ad operare sul mercato senza rischiare di perdere terreno rispetto alla concorrenza. Di contro, nel futuro tutti i club europei potranno decidere di intavolare trattative che violano il diciannovesimo articolo del “Regolamento sullo status e sui trasferimenti dei calciatori”, consapevoli della poca severità dell’eventuale condanna.

Per tornare alle parole di Arrigo Sacchi, quindi, la sua speranza è che i club italiani rispettino la normativa vigente e decidano di investire in maniera cospicua all’interno dei propri settori giovanili. Speranza che è anche la nostra, d’altronde.

Renato Montagnolo

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