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L’isola che (ancora) non c’è: il Cittadella e il grande balzo in serie A

by Marco Battistini
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Roma, 24 ott – Sarà perché visceralmente legato alle varie e sempre diverse caratteristiche della provincia italiana, sarà perché trattasi di un campionato in cui la palla è davvero “rotonda”. Fatto sta che la Serie B riesce sempre a regalarci sorprese e intrecci incredibili. Prendiamo la stagione corrente e, meglio ancora, le super favorite di agosto: Parma e Monza. I ducali sono la quarta squadra italiana – subito dopo le tre strisciate – per trofei continentali conquistati. I brianzoli, al contrario, in A non ci sono mai andati. Troviamo poi le 30 partecipazioni alla massima serie di Bari e Vicenza di fronte agli zeri assoluti di Pordenone, Cosenza e Cittadella. Proprio i granata del Brenta hanno una storia – soprattutto recente – tutta particolare, con il più importante campionato nazionale che sfugge lontano dalle mani dei veneti proprio quando la presa si fa sempre più vicina.

Cittadella e la serie A: così vicini, così lontani

Scrivi Cittadella, leggi Gabrielli. Siamo nel 1973 quando Angelo – fondatore dell’omonimo gruppo imprenditoriale attivo nel settore siderurgico – diventa l’artefice della fusione tra Olympia e Cittadellese. Nasce l’Associazione Sportiva, che sotto la stessa proprietà e lo stesso sponsor dal dilettantismo sbarca (1989) nel mondo del calcio professionista. Una progressiva salita nell’universo pedatorio che tocca il punto finora più alto nella stagione 2018/’19, quando gli uomini di Venturato arrivano a 21 minuti di distanza da quella maledetta isola che (ancora) non c’è.

Una squadra di tanti signor nessuno che, di fronte a una corazzata costruita per vincere – l’Hellas del giovane bellariese Zaccagni e dell’opportunista Pazzini – nella finale di ritorno degli spareggi, a metà della seconda frazione, ha ancora un piede e mezzo in serie A.

Il 30 maggio infatti al Tombolato un gol per tempo dell’italo-senegalese Diaw chiude – o almeno pare – ogni discorso. Così non sarà. Tre giorni più tardi Verona non ha alcuna intenzione di fare da figurante in quella che sembra una favola con il finale già scritto. La banda di Aglietti si trasforma quindi nel cattivo del racconto. Prima è il talentino romagnolo a riaprire la disputa con il più classico – e sanguinoso – gol dell’ex. Poi sarà la folla del Bentegodi a spingere oltre Paleari la rapacità della punta Di Carmine (69’, un bel colpo di tacco) e – al minuto 81 – la serpentina di Karim Laribi.

Ancora un derby veneto, ancora un boccone amaro

Se quanto sopra è storia recente, il resto è recentissimo. Al quinto tentativo consecutivo il Citta torna a giocarsi la finale per la promozione in serie A. Nonostante una prova più che generosa in casa contro il Venezia, la Serenissima passa a inizio ripresa e amministra il cospicuo vantaggio. Così, nel ritorno al Penzo servirebbero due reti per capovolgere completamente la situazione. Ribaltone che inizia a prendere forma a metà primo tempo, quando Proia – con la grave complicità della difesa arancioneroverde – capitalizza al massimo il suggerimento di capitan Iori. Granata in vantaggio e con l’uomo in più per 45’, grazie alla doppia ingenuità di Mazzocchi che nel giro di un minuto rimedia due gialli. Gli uomini di Zanetti si trincerano nella propria metà campo e il tempo passa inesorabile. Sarà Bocalon, al 93’ con la rete dell’1-1, a far riporre nel cassetto ogni sogno di gloria del piccolo ma combattivo Cittadella, un comune di appena 20mila anime che dalla provincia padovana tenta ciclicamente l’assalto al calcio delle grandi città: una delle tante metafore di quella laboriosa Italia che in silenzio suda, cade, si rimette in gioco e ogni volta, imperterrita, alza l’asticella. Provaci ancora Cit!

Marco Battistini

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