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Febbre a 90, un italiano e l’Arsenal

by La Redazione
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arsenal, stadio

Roma, 16 apr – Oggi diamo spazio a una realtà sempre più diffusa: i club di tifosi italiani che supportano squadre britanniche, per capirne dinamiche e differenze con il tifo italiano. Per questo ora diamo la parola a Matteo Scarpellini e alla sua passione per l’Arsenal.

Un italiano e l’Arsenal, intervista a Matteo Scarpellini

Ciao Matteo, per prima cosa parlaci un po’ degli Italian Gooners. Come e quando è nato il progetto? Su quanti membri potete contare?

“Hi folks, I’m Teo. Quasi cinquantenne, bergamasco doc ed appassionato del Good Old Football da qualcosa di più di trent’anni. Un lavoro come tanti, amante della musica (rock & metal in particolare) di tutto ciò che riguarda la British Culture e nel tempo impropriamente definito “libero” mi dedico con altri ragazzi alla gestione del Club degli Italian Gooners Official S.C. Il Club viene riconosciuto ufficialmente dall’Arsenal F.C. nel 2008, di fatto dopo la “fusione” dei vari branch italiani che dopo diverse esperienze hanno deciso di confluire in ques’ultima entità; Gunners Bergamo, ToscanArsenal, Arsenal Bassa Lodigiana, Arsenal Rome, Gunners Brianza, Perzen Gooners, Campania Gooners ed altri.
Ad oggi contiamo circa 200 membri “attivi”, oltre ai 5500 che ci seguono sulle varie piattaforme social.

Ad arricchire la notorietà del Club, la conquista del ‘Tournament of Supporters Clubs’, il 6 Maggio 2012, alla prima partecipazione battendo ai rigori per 4-3 la rappresentativa di Manchester. E’ di fatto il maggior riconoscimento per gli Arsenal Supporters Clubs a livello internazionale; si tratta di un torneo di calcio a 5 organizzato dall’Arsenal FC sul prato dell’Emirates Stadium, tra 24 AFC Supporters Club provenienti da tutto il mondo. Lo “Shield” venne consegnato in quella occasione da Charlie George, AFC Legend del “double” del 1971.

Periodicamente, gran parte delle energie del gruppo, vengono impegnate nella sensibilizzazione e nella raccolta fondi per le varie associazioni benefiche che di volta si individuano. Tra queste, ci piace nominare Autism Speaks ed i due piccoli Davide & Diego (“Adottati” come nostre mascotte); La Terra di Piero che opera su più fronti, dalla scuola per l’infanzia “Paradiso dei Poveri” in Madagascar al Parco per disabili “Piero Romeo” a Cosenza; il comitato no profit “Support Syrian Children”, il cui fine è portare aiuto ai bambini e alle popolazioni colpite da guerre e/o gravi calamità.

Nel 2013 abbracciamo il progetto dell’Italian Connection su proposta di Fabio Vinciguerra, Irma D’Alessandro e il sito quellichelapremierleague.com. Il 4 giugno 2016, alla quarta partecipazione, riusciamo anche ad aggiudicarci l’ambito trofeo: Italian Connection Cup.
Per quanto riguarda le funzioni più “pratiche”, aiutiamo i nostri tesserati e Gooners di provata fede ad accedere ai tickets dei match; organizziamo trasferte a Londra e per i più fortunati che hanno la “sventura” di avermi come Cicerone, anche il tour dei peggiori pub di Islington”.

So che sei abbonato all’Arsenal. Riesci ad essere sempre presente in casa? E in trasferta?

“In realtà no, diventa improbo, vivendo e lavorando in Italia. Di fatto riesco a seguire il Club circa 5 match ogni due mesi; compatibilmente con il lavoro, i giorni delle partite e con quelle dell’altro mio “amore sportivo”, la Dea. Seguo prettamente le home, in quanto essendo possessore di abbonamento (atteso in waiting list per ventun’anni…) devo farlo “fruttare”, anche se in realtà preferisco le away e i pre season trip.
Non nascondo che far quadrare tutto, al netto delle privazioni per poter risparmiare i soldi per sostenere i viaggi, è realmente un’impresa. Non ultimo, conciliare le mia passioni con i doveri ed obblighi familiari; la mia compagna è di fatto moooolto paziente”.

Come è nata la tua passione per l’Arsenal?

“Spesso, dovendo disquisire dell’argomento, intervengo facendo chiarezza su un punto determinante. Nasciamo in Italia e logisticamente non possiamo dire di essere “born and bred in England” con i colori della propria squadra cuciti addosso, non la mia generazione per lo meno. Però, paradossalmente, proprio questa “mancanza”, una volta infatuati è uno sprone ulteriore a cercare di capire, vivere e fare propria la nuova dimensione, fino a fondersi in un tutt’uno con il quartiere più che la città stessa, come nel mio caso.

La passione ebbe una spinta in più proprio all’epilogo degli anni ’80. Socialmente noi ragazzi che frequentavamo gli istituti superiori fummo investiti da una ventata di novità assolute per il contesto in cui vivevamo; i primi fast food (frequentati dagli odierni “posh” e “fashion addicted”), i primi PC e console, i pub (prima c’erano solo birrerie o i bar di paese) e tante altre primizie. Tra le tante, la possibilità di assistere in tv a una/due partite al mese dell’allora Big League. Non ho mai seguito le mode, m’innamorai dei pub e della loro “fauna” come ci s’innamora delle donne e la prima conseguenza fu l’autodeterminarsi “fan” e non più “tifoso”. Diciamolo, faceva molto anticonformista e l’essere accostato agli abitanti della terra d’Albione non mi dispiaceva affatto… Non fu una cosa determinante, ma nemmeno ininfluente.

Mi appassionai pertanto al “calcio” britannico nell’era antecedente a internet ad ai voli low cost, negli anni in cui eravamo in pochi qui in terra italica. Cercavo notizie dappertutto sui giornali: spasmodiche attese al giovedì per poter acquistare il Guerin Sportivo (l’unico settimanale che parlava ovviamente di Good Old Football) e le poche copie de La Notte, giornale milanese (il patron però era bergamasco) che incredibilmente già al lunedì anticipava i risultati della League. Tutto fino all’88 circa, quando nasce Tv Koper-Capodistria che fu il primo canale sportivo specializzato in Europa.

La Big League già nominata, la Littlewoods League Cup, la F.A. Cup … sognavo ad occhi aperti con l’avidità tipica dei bambini quando iniziano a scoprire dapprima i colori e poi le forme. Il mio background e le esperienze da “vicino al mondo ultras” mi proiettarono dalla fatiscenza degli stadi italiani ai grandi teatri del football (per onestà intellettuale era in atto, o stava per essere perpetrato, il cambiamento dal dopo Hillsborough).

La magia della F.A. Cup e vedere in TV a colori impianti come Anfield, Old Trafford, Goodison Park, il Boleyn Ground, Selhurst Park di quel genio assoluto di Archibald Leitch, ingegnere, tra gli altri, (anche) di Highbury. Tra i players, quelli che oniricamente fanno strabuzzare gli occhi ai fans, tre nomi sopra gli altri: Matt Le Tissier, Dennis Wise e Tony Adams.

Ora, mettetevi nei miei panni: come non potevo non rimanere folgorato da quel gioiello incastonato tra le villette in stile Vittoriano nel quartiere di Islington ? Come avrei potuto non notare l’anti divo per eccellenza e a tutt’oggi il più grande difensore e Capitano che il Football Inglese abbia mai prodotto? Highbury, Tony Adams e l’Arsenal… il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. La mia Religione.

Cosa ne pensi dell’Emirates Stadium? Rimpiangi Highbury?

In questo caso è doveroso fare una premessa. Il tempo passa, tutto evolve e gioco forza cambia. Per dirla alla Louis Dunford “I see the architecture changing, watch the history disappear And the skyline rearranging into towers of veneer”. Ma in tutto ciò c’è uno sforzo costante da parte del Club e della gente per mantenere vivo lo spirit of Highbury.
Highbury e l’Emirates sono due impianti che non possono essere paragonati in nulla.
Ashburton Grove è un catino moderno, vivo 7 giorni su 7, con qualsiasi genere di comfort e carissime modernità. Fin troppo aggiungo io. Tutto rispecchia l’inclusività estrema (ed opinione mia, eccessiva) dell’Arsenal e come tutte le forzature ha le sue criticità. Si passa ad esempio dalla fantastica esaltazione della Storia del Club in ogni aspetto alla costruzione dell’inopportuna “prayer room” all’interno dell’impianto.

East Stand Lower, Block G, Row G, Seat 15, Highbury. Potrei nominare mille particolari di cos’era the Home of Football. Arrivare nel quartiere al mattino, lasciarsi alle spalle l’odore ferroso della tube per venire fatalmente inebriato dalla luce di Gillespie Rd.; i colori delle bancarelle e della sua gente… i chioschi, che infondono nell’aria i profumi degli hamburger, del fish & chips e l’acre tanfo della cipolla; il verde dei giardini delle casette in Highbury Hill e gli immancabili slogan dei venditori di fanzine. Poi giri l’angolo di Avenell Rd. e ti trovi la magnificenza della facciata del The Arsenal Stadium e si rimane senza parole. Lasciare Highbury è un distacco che non avrei mai voluto si concretizzasse, ma le logiche cervellotiche del “modern football” non ammettono sentimentalismi e la sottile linea che separa l’essere parte del Club ed un semplice “cliente” è stata tracciata. Oggigiorno a distanza di anni il cambiamento ha preso i connotati dello sberleffo. Orde di fans occasionali, quelli dalle half and half scarf, che senza accorgersene rubano l’anima al club e giorno dopo giorno sviliscono la “magia” che solo chi ha i colori tatuati sulla pelle può tramandare.

Com’è attualmente l’atmosfera all’interno dello stadio? Si nota anche un gruppo di giovani che prova a fare un po’ di tifo all’italiana.

Attualmente, complice il momento magico della squadra che finalmente dopo anni sta competendo per il titolo, l’ambiente è elettrico sia all’interno dello stadio che nei pub di  Islington. Ho sempre sostenuto che le leggi repressive della Thatcher hanno di fatto ‘cancellato’ due generazioni di tifosi, tant’è che attualmente negli stadi inglesi si trovano fasce di fans dai 55 anni in su e dai 35 in giù. Non era semplice rimettersi in pista, ma ora ci sono dei ragazzini che come hai anticipato, provano a ravvivare la curva (ahhhh quanto rivorrei le Terraces…). Purtroppo il loro lavoro sia coreografico, che vocale viene svilito dal fatto che nessun “vecchio” li sostiene e li indirizzi. Il risultato è quello di avere questi 200 ragazzi che sono un’entità troppo sola all’interno dell’impianto. Però io li trovo “belli” nella loro inesperienza. Vestiti casuals prettamente in nero, sguardo truce e fiero su visi tanto giovani e con mia grande sorpresa l’Arsenal stesso li sostiene, permettendogli coreografie e fireworks; e la cosa non è scontata, visto che in Uk sono vietati per legge. Li rivaluterò tra qualche anno.

Visto che sei anche tifoso dell’Atalanta, parlaci della differenza di come è trattato il tifoso in Inghilterra rispetto che in Italia.

Questa è una risposta che richiederebbe molto tempo per essere esposta in maniera esaustiva. Partendo dal presupposto che il fattore culturale è decisivo e che l’Italia non è l’England e viceversa, le differenze sono notevoli. In prima battuta, il tifoso italiano vive l’avvicinarsi allo stadio con molta tensione; la stessa si moltiplica per X volte se si è ospiti, il tutto perché il servizio d’ordine in questa nazione ha perso il focus principale, ovvero l’essere al servizio del cittadino e non il contrario. L’atteggiamento oltremodo ed ingiustificatamente ostile delle forze dell’ordine è vergognoso. Aggiungiamo il fatto di dover mostrare fin anche la tessera del tifoso, la carta d’identità e subire perquisizioni fuori logica ed il “campo minato” è servito. Andare a una partita in Italia oggigiorno è un atto di fede masochista, non più un piacere. Inversamente in England, il servizio d’ordine rimane marginale seppur pronto ad intervenire. Il personale dello stadio è per definizione gentile e al servizio del fan. I Club non lesinano risorse in questo caso. Le perquisizioni sono limitate a chi ha delle borse o zaini e nessuno mai si sognerebbe di chiedere dei documenti d’identità, tessere o altri dati sensibili. E’ ovvio che l’atmosfera sia più rilassata e godibile anche se, ad onor del vero, qualche attrito tra le tifoserie c’è e personalmente lo trovo giusto e fisiologico.

Siete in buoni rapporti con la società?

Assolutamente sì. Il Club organizza uno zoom meeting ogni mese per parlare con i rappresentanti dei vari Supporters Club nel mondo e due annui in presenza, ai quali partecipano anche i vari manager, presidenza e membri dello staff, proprio per dar voce ai fans e discuterne le esigenze.

Raccontaci qualche aneddoto divertente o particolare accaduto in tutti questi anni.

Di aneddoti ne avrei molti, troppi direi. Uno per tutti a Dover, Kent, dove si svolge forse il più importante meeting per noi Gooners. Dopo una due giorni di folli libagioni, mi ritrovo alle 3:00 del mattino dopo la seconda serata, in un pissoir di un pub locale. Mentre espleto il bisogno fisiologico mi si affianca a sinistra Charlie George, ex attaccante degli anni ’70 e mi saluta: “Hi Teo, what a night right?” mentre annuisco, entra Eddie Kelly, altra AFC Legend mettendosi alla mia destra esclamando: “Fucking beers”. Abbasso la testa e sorrido ed Eddie, col suo accento scozzese mi dice in tono scherzoso: “Cos’hai da ridere fottuto italiano?”… io candidamente rispondo “well, se solo 5 anni fa mi avessero detto che mi sarei trovato alle 3 del mattino in un buco di culo di pub a Dover a pisciare con i due marcatori della finale di F.A. Cup del ’71 ed artefici del Double, non ci avrei mai creduto!”. Eddie ride e Charlie serio mi guarda dicendo: “ora basta fare il coglione, andiamo al bar che ci devi offrire del whisky. Vero Eddie?” Of course mate.

Spazio finale per saluti e dare qualche indicazione nel caso qualcuno volesse mettersi in contatto con voi.

Ringrazio te e il Primato Nazionale per lo spazio dedicatomi, sperando d’aver ricambiato la fiducia. Per chi volesse contattarci, il nostro sito web è www.arsenalitalia.com oppure su Facebook, Instagram e Twitter, digitando semplicemente Italian Gooners. Victoria Concordia Crescit.

Roberto Johnny Bresso 

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