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La Germania ci ha schiaffeggiato. Ma la Nations League ci fornisce diversi spunti

by Marco Battistini
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Roma, 18 giu – Terra tedesca, dolci ricordi. Si conclude – malissimo – in Germania la prima parte di Nations League, torneo continentale giunto alla sua terza edizione. L’Italia torna nella Renania settentrionale e la mente non può che riavvolgersi fino alle battute conclusive di quel 4 luglio 2006, quando in pochi secondi, prima Grosso e poi Del Piero ammutoliscono la parte bianca del Westfalenstadion. Teatro di allora, la casa del Dortmund, distante un centinaio di chilometri da quello di ieri, il covo dell’altro Borussia (Monchengladbach). Reminiscenze, appunto, perché martedì sono bastati 10 minuti scarsi per tornare alla realtà.

Nations League, la Germania schiaffeggia l’Italia tascabile

Fin dalle prime battute la Germania si esibisce in un palleggio sicuro. I padroni di casa passano presto: una colpevole falla difensiva consente a Kimmich di colpire praticamente indisturbato. Forti del vantaggio i tedeschi controllano il ritmo e ci tengono schiacciati quel tanto che basta per non farci ripartire in contropiede. È un azzurro opaco, tanto da costringere il cittì al cambio di schieramento (3-5-2) prima dell’intervallo. La scossa non arriva, anzi: grave ingenuità di un irriconoscibile Bastoni, calcio di rigore e Gundogan raddoppia.

Nella ripresa gli ingressi di Caprari e del giovanissimo Scalvini fanno arrivare a quota cinquanta gli esordienti buttati nella mischia dall’attuale gestione tecnica. La musica però non cambia: Muller e due volte Werner fissano il passivo sul 5-0. Le successive reti del difensore nerazzurro e Gnonto sono valide solo per le statistiche. La peggior Italia degli ultimi 65 anni – almeno dal 6-1 del maggio 1957 subito contro la Jugoslavia – va quindi in vacanza ricevendo un sonoro (per quanto salutare) schiaffone.

La nuova Italia, il bilancio di giugno

Quattro partite di Nations League in dieci giorni ci lasciano abbastanza spunti per provare a capire su quali coordinate verrà impostato il nuovo corso azzurro. Se per forza di cose un edificio deve essere costruito dalle fondamenta, ogni progetto calcistico che si rispetti deve individuare il proprio numero uno. Scelta prevedibile – ma non scontata – quella di Mancini su Donnarumma: nonostante una stagione in ombra è stata rinnovata la totale fiducia a quello che è il primo punto fermo della nostra nazionale.

L’ex rossonero dal canto suo ha risposto sempre presente. A voler trovare il pelo nell’uovo l’unica pecca è nel gioco con i piedi: “infortuni” ricorrenti per tanti portieri, oggi (fin troppo) coinvolti nella costruzione dal basso.

Nel reparto arretrato invece non sembra materialmente possibile continuare a proporre (nel solco della premiata coppia Bonucci-Chiellini) un regista difensivo abbinato a un marcatore puro. Il numero 19 juventino è più propenso all’impostazione, così come Bastoni. Quest’ultimo rispetto al nuovo capitano è più affidabile “sull’uomo” ma insomma, il buco lasciato da Re Giorgio è di quelli pesanti. Naturalmente non sono in discussione le qualità dei singoli, ma il loro possibile affiatamento in coppia. Le alternative: Mancini può crescere, Gatti deve superare l’esame serie A, Acerbi per motivi anagrafici rappresenta il presente ma non il futuro. Sulle fasce il roccioso Di Lorenzo e la freccia Spinazzola meritano rinnovata fiducia.

Abbondanza nel mezzo, coperta corta davanti

Meno problematiche in mezzo. Oltre ai tre storici titolari (Barella-Jorginho-Verratti) il reparto nevralgico offre al commissario tecnico diverse opzioni: in rigoroso ordine di età i vari Tonali, Frattesi, Locatelli, Pessina e Cristante sono giocatori già pronti. Il prossimo passo dovrà essere quello di mettere esperienze importanti nelle gambe e nelle testa. Per stessa ammissione del selezionatore infatti ciò che è mancato in queste partite è stata semmai una certa propositività: in soldoni, vista la corta coperta di cui disponiamo davanti, servono inserimenti e reti da parte dei centrocampisti. Non a caso l’unica vittoria è arrivata appunto con le marcature di Barella e di un Pellegrini schierato per l’occasione mezzala.

Proprio il polivalente capitano romanista sarà uno dei candidati alla titolarità nel reparto avanzato. Ma in attesa dei ritorni di Chiesa e Zaniolo l’attacco è costellato da punti interrogativi. Grandi speranze vengono (giustamente) riposte in Raspadori e Scamacca. Senza tanti giri di parole: per fare il salto di qualità hanno bisogno entrambi di palcoscenici ben più prestigiosi e stimolanti di quelli offerti dal pur volenteroso Sassuolo.

Nella speranza che venga accantonato al più presto il tridente leggero – che tuttalpiù può essere una variante a gara in corso, in area servono presenza e gomiti larghi – chiudiamo con il capitolo Gnonto. All’armata globalista le cantonate prese con Kean e Balotelli non sono evidentemente bastate: il ragazzo ha dimostrato finora discrete qualità fisiche, per il resto – soprattutto per lui – ci sarà tanto da migliorare. Le utopie le lasciamo volentieri ai megafoni del calcisticamente corretto.

Marco Battistini

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