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Nicolò Carosio, la prima vittima del politicamente corretto?

by Marco Battistini
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Roma, 13 apr – Sconfisse il destino Nicolò Carosio, ma non le prime imboscate del politicamente corretto. Nato a Palermo nel 1907, ha avuto l’onore di raccontare alla radio le grandi imprese della nazionale italiana di calcio negli anni ‘30 del secolo scorso. Il mondiale italiano, quello francese e – nel mezzo – l’altrettanto fortunata olimpiade berlinese. La cresima del figlio lo salvò dalla tragedia di Superga (1949), una parola mai pronunciata lo costrinse ad abbandonare l’azzurro durante i mondiali messicani.

La voce originaria del pallone italiano

Figlio di un doganiere e di una pianista maltese, nel 1932 si propone all’EIAR, ottenendo ben presto un contratto di collaborazione. Padre del racconto sportivo, secondo Riccardo Cucchi – nota voce di Tutto il Calcio Minuto per Minuto – “Carosio ha intuito per primo che era possibile creare immagini con le parole”. Arriva così il battesimo radiofonico, nel successivo giorno di capodanno: al Littoriale di Bologna l’Italia supera la Germania per 3-1.

Nel 1954 il calcio raggiunge anche il tubo catodico: ecco l’originaria voce del pallone italico a commentare – insieme a Carlo Balilla Bacarelli – la diretta televisiva del 5-1 maturato sull’Egitto. E poi ancora mondiali, l’europeo 1968, i successi continentali delle due milanesi lungo tutti gli anni ‘60. Curiosamente ha contribuito anche alla causa disneyana, curando una rubrica su Topolino.

Quella rete annullata a Gigi Riva

Voliamo a Toluca, 11 giugno 1970. Nell’ultima partita del girone eliminatorio gli azzurri faticano più del dovuto contro la selezione israeliana. Passato quindi dalle frequenze marconiste alle cronache televisive, il nostro – inviato per la Rai – commenta contrariato una rete annullata a Gigi Riva per fuorigioco. Prendendosela (senza offese né isterismi) con il guardalinee etiope Seyoum Tarekegn, reo di aver erroneamente alzato la bandierina.

Nel dopo gara qualcuno arriva a sostenere che in quei frangenti il giornalista abbia etichettato l’assistente con il denigratorio termine negraccio. In seguito alle “puntuali” proteste dell’ambasciatore abissino, il giornalista sarà costretto a lasciare immediatamente le telecronache della nazionale al collega Nando Martellini. L’iniziale ordine di far rientrare in Italia Carosio, prima vittima del politicamente corretto, si scontrò infatti con le proteste dei colleghi. Si arrivò a un compromesso. Ad ogni modo l’infondata accusa di razzismo segnò in negativo il percorso lavorativo del grande neologista – a lui dobbiamo parole tecniche come rete, calcio d’angolo o traversone in luogo dei corrispondenti anglicismi.

Nicolò Carosio e il politicamente corretto: la verità (postuma)

Tormentato da problemi polmonari, la prima voce dello sport tricolore si spense a Milano nel settembre del 1984. La verità – elegante signora che troppo spesso però si presenta in ritardo – renderà (postuma) giustizia al cronista siciliano solamente nel 2009. Ossia quando, durante una puntata della Domenica Sportiva, le ricerche di Massimo De Luca e Pino Frisoli attestarono che no, quella volta in Messico non ci fu nessun insulto razzista. Semplicemente il guardalinee venne definito “l’etiope”, ossia per mezzo della sua stessa nazionalità. Un epilogo che – per i tempi con cui è maturato – lascia l’amaro in bocca. Come un “quasi gol” di carosiana memoria.

Marco Battistini

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