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“Il signore delle montagne”: Alfredo Binda, ovvero l’epopea del ciclismo italiano

by La Redazione
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alfrddo binda l'imbattibile

Roma, 8 ago – Dopo aver raccontato le gesta sportive di Luigi Ganna, primo vincitore del Giro d’Italia, restiamo nella provincia di Varese, in particolare a Cittiglio, dove l’11 agosto del 1902 viene alla luce l’immenso Alfredo Binda, la cui grandezza è misurabile già solo nei soprannomi, ovvero “l’imbattibile” e “il signore delle montagne”: appellativi dovuti alla tirannia sportiva esercitata per diversi anni, lasciando letteralmente le briciole agli avversari e per il grande stile con cui domava le salite – tutte in sterrato – che è giusto ricordare essere tutt’altra cosa rispetto alle comunque aspre salite di oggi. Alfredo Binda caratterizzò l’epopea ciclistica in Italia, domando le velleità del “Campionissimo” Girardengo prima e dell’ostico Learco Guerra dopo, non di certo gli ultimi arrivati.

I primi successi in Francia

Alfredo Binda era figlio di un imprenditore edile, il decimo di quattordici figli, e sin da subito diede manforte nei cantieri paterni. Sul finire della Grande Guerra la famiglia trovò dimora a Nizza – vi rimarrà sino al 1924 – città che diede l’opportunità al giovane di iniziare la carriera agonistica da dilettante, mettendosi subito in mostra con una trentina di corse vinte, per poi nel 1922 passare nei professionisti e dettando legge nelle corse minori francesi.

Il 4 marzo 1923, in Costa Azzurra, si tenne una grande classica dell’epoca, la Nizza-Mont Chauve. La competizione richiamava i più forti ciclisti belgi, francesi ed italiani e dunque rappresentava una vetrina per quei giovani aspiranti campioni, desiderosi di avere gli occhi puntati ad essi dei grandi vincenti di allora. E Alfredo Binda, proprio i più forti, li staccò tutti sulle difficili rampe. Costante Girardengo non esitò a portarlo in Italia per dei colloqui: fu messo sotto contratto alla Legnano guidata da Eberardo Pavesi, con un contratto a vita a partire dal 1925.

Ai nastri di partenza del Giro di Lombardia 1924, vi era dunque anche il varesotto, alla prima importante competizione in Italia. Sul Ghisallo staccò tutti, salvo poi per inesperienza ed ingenuità, cedere il passo al vincitore Giovanni Brunero e chiudendo quarto, perdendo dunque anche la volata a tre per il podio. Poco male, poiché la grande classica sarà sua per ben quattro edizioni (1925, 1926, 1927, 1931). Nel 1926, in particolare, dichiarò di essersi alimentato con ben 28 uova nel corso della gara, vincendo inoltre con quasi mezz’ora su Antonio Negrini, giunto secondo.

Alfredo Binda dominatore del Giro d’Italia

Alfredo Binda era anche uomo da grandi giri, tanto è vero che alla sua prima partecipazione al Giro d’Italia nel 1925, vinse. La Corsa Rosa fu sua per ben 5 edizioni – 1925, 1927, 1928, 1929 e 1933 (con tanto di classifica scalatori) – un record condiviso con Fausto Coppi ed Eddy Merckx. Nel 1929, a causa di questo strapotere, all’arrivo dell’ultima tappa, fu accolto dai fischi nell’Arena Civica di Milano, tanto da arrivare a fine corsa a trovare posto nel furgone della squadra e scoppiare in lacrime. Tornando alle statistiche, arrivarono complessivamente 41 vittorie di tappa nella Corsa Rosa, di cui il record di 12 tappe in una singola edizione (1927) e il record di tappe vinte consecutivamente (8 nel 1929). Quegli anni gli diedero anche le 4 vittorie nei campionati italiani (dal 1926 al 1929), due Giri del Piemonte e due Giri di Toscana (entrambe le competizioni furono vinte nel 1926 e nel 1927), con due edizioni della Milano-Sanremo (1929, 1931).

Curioso ed incredibile l’episodio accaduto nel 1930, quando gli organizzatori del Giro, onde evitare un altro anno di dominio da parte di Binda, lo pagarono 22.500 lire (equivalente al montepremi finale) affinché non prendesse parte alla corsa. Allora quell’anno si dedicò al Tour de France, che ad un certo punto parve prendere la strada di un duello tra Binda e Guerra, salvo poi il primo, dopo aver vinto due tappe, ritirarsi a causa del mancato pagamento dell’indennizzo sopracitato. Seguì un ritiro al Giro del 1931, a causa di una caduta, proprio quando si accingeva a dominarlo per l’ennesima volta, mentre l’anno successivo fu limitato da problemi intestinali.

Tre volte campione del mondo

Il 1933 fu l’anno del suo ultimo trionfo nella Corsa Rosa, che gli diede la possibilità di vincere la prima cronometro della storia del Giro, 62 chilometri da Bologna a Ferrara. Ma Binda era un corridore completo, tanto da vincere addirittura tre volte il campionato del mondo in linea: Nürburgring 1927, Liegi 1930, Roma 1932, oltre al terzo posto di Zurigo nel 1929. Queste tre vittorie sono tutt’ora un record assoluto condiviso con i belgi Eddy Merckx e Rik Van Steenbergen, lo spagnolo Óscar Freire e lo slovacco Peter Sagan. Una caduta alla Milano-Sanremo del 1936, con conseguente frattura del femore, posero fine alla sua carriera agonistica.

Guidò la nazionale italiana di ciclismo per 12 anni, portando alla vittoria del Tour de France Fausto Coppi, Gino Bartali e Gastone Nencini, oltre a guidare al successo nei campionati del mondo Coppi stesso ed Ercole Baldini. Inserito nella Top 25 Cycling Hall of Fame, Eberardo Pavesi, due decenni prima, in una intervista, alla domanda chi tra Coppi e Merckx fosse il migliore, rispose: “Il migliore, per mi, l’era el Binda”.

Manuel Radaelli

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1 commento

leone 9 Agosto 2020 - 1:39

altro che quel drogato fradicio di pantani .

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