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Artigianato addio: in 45 anni apprendisti calati di oltre il 40%

by Filippo Burla
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artigianato-apprendistiRoma, 8 ott – Non solo gruppi internazionali, ma anche realtà medie e piccole: la politica industriale si fa anche e soprattutto con queste ultime, che in Italia hanno rappresentato e rappresentano la spina dorsale dell’economia tricolore. Attività a mezza via fra artigianato e produzioni di massa, anche se spesso operano con le tecniche più avanzate conservano una componente imprescindibile di lavoro manuale appreso nel tempo, tramite un passaggio di consegne fra generazioni che tiene viva la tradizione. Passaggio di consegne che si è, da sempre, sostanziato nel rapporto fra imprenditori-lavoratori e apprendisti.

Erano oltre 700mila negli anni ’70, sono poco più di 400mila oggi. La crisi ha morso, forte, e le scelte legislative (e le scelte – mancate – industriali) non hanno fatto altro che peggiorare la situazione. A lanciare l’allarme è la Cgia di Mestre, che spiega come fra 1970 e 2015 il numero degli apprendisti sia calato di oltre il 43%. E’ vero che le circostanze che hanno portato al tracollo non sono solo recenti ma datano anche alle crisi degli anni ’80 e di inizio ’90, ma a complicare il quadro sono state, spiegano dall’associazione mestrina, le scelte legislative degli ultimi tempi, “in particolare la riforma Treu che ha elevato l’età per utilizzare questa tipologia contrattuale, e il bonus assunzioni introdotto da Renzi”. Ancora peggiore il calo nelle imprese artigiane, dove il numero di apprendisti è calato del 45% nel solo periodo che va dal 2009 ad oggi. Una contrazione ben peggiore, non solo quantitativamente ma anche e soprattutto da un punto di vista qualitativo, nella misura in cui l’apprendistato in questo settore “ha formato professionalmente – continua la nota della Cgia – dalla intere generazioni di giovani operai; molti di questi, è importante ricordare, sono diventati artigiani o piccoli imprenditori di successo”. Senza apprendisti, però, niente trasmissione di conoscenze. E niente nuove imprese artigiane.

apprendisti-cgia

Elaborazione Ufficio Studi Cgia su dati Ministero dell’Economia e delle Finanze e Isfol

La diminuzione (nell’arco 2009-2016) è generalizzata in tutta Italia, ma si concentrA specialmente nelle regioni meridionali e nelle isole, con Sardegna e Molise che registrano -62%, seguite a ruota dalla Puglia con -50%. Fanno meglio di tutte Campania e Lazio con “solo” un -21%, che relegano al terzo posto l’Emilia che segna -23%. Unica zona d’Italia in positivo è la provincia di Bolzano, che con +4% rappresenta una mosca bianca. Performance, quella altoatesina, spinta da un forte impegno sul tema dell’alternanza scuola/lavoro, vera croce di tutto il sistema scolastico del resto d’Italia anche per ragioni di tipo culturale.

“Ricordo – conclude il segretario della Cgia Renato Mason – che nell’ultimo comma dell’articolo 45 della nostra Costituzione si afferma che la legge deve provvedere alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato. In questi ultimi decenni, invece, questo principio spesso è stato disatteso, in particolar modo dalle norme in materia fiscale che hanno aumentato in maniera sconsiderata il carico fiscale e contributivo anche sugli artigiani”.

Filippo Burla

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Filippo Tommaso 9 Ottobre 2016 - 4:05

Bisogna anche cambiare la mentalità e le percezione (e il sistema scolastico) per cui fare certi lavori è umiliante e che bisogna laurearsi a tutti i costi per avere una vita dignitosa. In questo modo, siamo pieni di laureati per i quali il mercato è saturo, e sono costretti ad andare all’estero, mentre nessuno vuole più fare l’artigiano e quei lavori muoiono – o magari li fanno gli immigrati.
Al contempo bisogna fare in modo che l’immigrazione sia controllata, che entrino solo quelli che hanno le carte in regola e se ne abbiamo esigenza ed interesse, non viceversa, e che non sia consentito ai datori di lavoro di impiegarli a certe condizioni disumane alle quali, giustamente, gli italiani non si piegano, ma spesso gli immigrati, abituati a situazioni ben peggiori, sì, diventando quindi uno sfruttamento legalizzato.
Queste sono regole di buon senso, che in paesi civili, quali l’Australia da cui scrive il sottoscritto, sono la normalità! Da noi invece sei razzista, xenofobo, nazista e chi più ne ha più ne metta…
Se non cambia questa mentalità non andremo mai da nessuna parte!

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