La gara terminerà 3-1, sigillo finale del croato Mandzukic, con la fidanzata d’Italia guidata dal suo sposo, in numero 19, alla vittoria. Bonucci è diventato, insieme a Buffon, la colonna portante della Torino bianconera. Aggiungiamo anche della nazionale. Essenziale ha smarrito, grazie a quel galantuomo del tempo, la sua attitudine alle “bonucciate”. Una nuova concentrazione figlia di una personalità seconda a quella di nessuno. Eppure il laziale si poteva perdere. Ai tempi di Treviso il suo rapporto con l’allora tecnico dei trevigiani, Luca Gotti, era pessimo. La tribuna una compagna indigesta. Poi la risalita iniziata grazie alle parole del motivatore Alberto Ferrarini, conosciuto fuori dai cancelli dell’Omobono Tenni.
Diventato uomo, sul campo, per merito della guida di Giampiero Ventura, ai tempi del Pisa, ha conosciuto il palcoscenico che conta in quel di Bari. Fino a 16 anni giocava centrocampista poi Carlo Perrone, allenatore della Beretti della Viterbese, lo trasformò. Gli anni della primavera all’Inter solo un ricordo. Il presente parla di gloria e di quell’attitudine ad essere un guerriero: “Sono un soldato, loro i miei capitani – parlando dei suoi mister – mi guidano in ogni partita”, riferì anni fa alla Gazzetta. La mente di Pirlo nel corpo di Stam.
Bonucci, oltre ad una individualità smisurata, ha tutte le caratteristiche del difensore moderno. Ci pieghiamo al linguaggio del progresso pallonaro. Dalle sue doti Pep Guardiola voleva partire per costruire un Manchester City finalmente all’altezza dei suoi miliardi, ma la Juventus ha detto no. Un diniego lungo tutta la scorsa estate. Come fare a privarsi di chi imposta, si prende i rischi della manovra, ha grande capacità di lettura del gioco e grazie al suo posizionamento copre le falle di Chiellini e Barzagli? Impossibile se la Coppa dei Campioni è in cima alle priorità.
Pietra angolare della BBC è descritto perfettamente nelle parole de L’Ultimo Uomo: “Bonucci si è continuamente migliorato. Non è partito con l’impronta del predestinato e con la forza della propria volontà si è imposto limando alcuni limiti nella pura tecnica e tattica difensiva. Ha affinato la sua comprensione del gioco, alzando attenzione e competitività fino a ridurre al minimo i rischi insiti nel proprio stile”. La segnatura contro il Siviglia diventa l’emblema di una crescita esponenziale.
Gladiatore valoroso che sembra conoscere a menadito gli insegnamenti di Sun Tzu, arrivati a noi attraverso L’arte della guerra. Uno in particolare: “L’attacco migliore è quello che non fa capire dove difendersi. La difesa migliore è quella che non fa capire dove attaccare”. Il pallone corre forte, ma le geometrie ancor di più.
Bonucci contro il Napoli. Rete da centravanti e l’esultanza “sciacquatevi la bocca”
Lorenzo Cafarchio
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