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Bonucci, l’ultima incarnazione del mito difensivo italiano

by Lorenzo Cafarchio
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BonucciSiviglia, 23 nov – Minuto 84′. La Juventus è impantanata sulle rive del Guadalquivir dal Siviglia. Il tabellone segna 1-1, reti di Pareja per gli spagnoli e di Marchisio per la Vecchia Signora che agghindata di blu gode del vantaggio di un uomo per l’espulsione di Vazquez. Ma nonostante questo la vetta del girone è lontana. Sulla destra Dani Alves alza lo sguardo, crossa al centro. Il pallone è telefonato e si spegne sulla testa di Mercado. L’argentino indirizza la sfera, debolmente, fuori dall’area anticipando Kean. La pelota rimbalza, una, due, tre volte. Nessuno sembra arrivarci. Sono attimi infiniti fino a quando al tiro non si palesa Leonardo Bonucci. I difensori di bianco vestiti, alla difesa della porta del Ramon Sanchez-Pizjuan, esitano quel tanto che basta a caracollare. Il centrale di Viterbo carica il sinistro e trafigge Sergio Rico. Angolato e beffardo come la morte. La Madama è in vantaggio.

La gara terminerà 3-1, sigillo finale del croato Mandzukic, con la fidanzata d’Italia guidata dal suo sposo, in numero 19, alla vittoria. Bonucci è diventato, insieme a Buffon, la colonna portante della Torino bianconera. Aggiungiamo anche della nazionale. Essenziale ha smarrito, grazie a quel galantuomo del tempo, la sua attitudine alle “bonucciate”. Una nuova concentrazione figlia di una personalità seconda a quella di nessuno. Eppure il laziale si poteva perdere. Ai tempi di Treviso il suo rapporto con l’allora tecnico dei trevigiani, Luca Gotti, era pessimo. La tribuna una compagna indigesta. Poi la risalita iniziata grazie alle parole del motivatore Alberto Ferrarini, conosciuto fuori dai cancelli dell’Omobono Tenni.

Diventato uomo, sul campo, per merito della guida di Giampiero Ventura, ai tempi del Pisa, ha conosciuto il palcoscenico che conta in quel di Bari. Fino a 16 anni giocava centrocampista poi Carlo Perrone, allenatore della Beretti della Viterbese, lo trasformò. Gli anni della primavera all’Inter solo un ricordo. Il presente parla di gloria e di quell’attitudine ad essere un guerriero: “Sono un soldato, loro i miei capitani – parlando dei suoi mister – mi guidano in ogni partita”, riferì anni fa alla Gazzetta. La mente di Pirlo nel corpo di Stam.

Bonucci, oltre ad una individualità smisurata, ha tutte le caratteristiche del difensore moderno. Ci pieghiamo al linguaggio del progresso pallonaro. Dalle sue doti Pep Guardiola voleva partire per costruire un Manchester City finalmente all’altezza dei suoi miliardi, ma la Juventus ha detto no. Un diniego lungo tutta la scorsa estate. Come fare a privarsi di chi imposta, si prende i rischi della manovra, ha grande capacità di lettura del gioco e grazie al suo posizionamento copre le falle di Chiellini e Barzagli? Impossibile se la Coppa dei Campioni è in cima alle priorità.

Pietra angolare della BBC è descritto perfettamente nelle parole de L’Ultimo Uomo“Bonucci si è continuamente migliorato. Non è partito con l’impronta del predestinato e con la forza della propria volontà si è imposto limando alcuni limiti nella pura tecnica e tattica difensiva. Ha affinato la sua comprensione del gioco, alzando attenzione e competitività fino a ridurre al minimo i rischi insiti nel proprio stile”. La segnatura contro il Siviglia diventa l’emblema di una crescita esponenziale.

BonucciDivide Bonucci. Tra elogiatori e dettatori, tra amanti e tradimenti. Rompe l’opinione pubblica sublimando il suo calcio, come contro il Belgio agli ultimi Europei. Con un lancio caramellato per i piedi di Giaccherini. Oppure durante la stagione 2014/15, quando segnò alla Roma una rete simile a quella messa a segno nella serata di ieri. O sempre quell’anno attraversando il campo palla al piede per giustiziare la Lazio. Trascinatore indiscusso. All’indomani della vittoria contro la Spagna ad Euro 2016 scrisse, questo, su Facebook a proposito dell’inno di Mameli: “ENERGIA ALLO STATO PURO. Perché Noi Italiani non cantiamo l’Inno. NOI LO VIVIAMO. L’Italia chiamò”. 

Gladiatore valoroso che sembra conoscere a menadito gli insegnamenti di Sun Tzu, arrivati a noi attraverso L’arte della guerra. Uno in particolare: “L’attacco migliore è quello che non fa capire dove difendersi. La difesa migliore è quella che non fa capire dove attaccare”. Il pallone corre forte, ma le geometrie ancor di più.

Bonucci contro il Napoli. Rete da centravanti e l’esultanza “sciacquatevi la bocca”

Lorenzo Cafarchio

 

 

 

 

 

 

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