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“Civil War”: la guerra civile americana distopica di Garland

by Roberto Johnny Bresso
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Civil War film

Roma, 5 mag – Torniamo oggi ad occuparci di cinema, grazie ad un film che sta riscuotendo enorme successo di critica e pubblico: stiamo parlando di Civil War del regista e scrittore inglese Alex Garland.

Garland e gli esordi

Prima di addentrarci nell’analisi della pellicola è doveroso parlare un po’ del suo autore, per comprenderne meglio le tematiche. Garland nasce a Manchester nel 1970 e nel 1996 pubblica il suo primo romanzo, quel The Beach che venne poi portato magnificamente sul grande schermo da Danny Boyle, con Leonardo DiCaprio come protagonista. A questo faranno seguito The Tesseract (anch’esso diventato un film di Oxide Pang) e The Coma. Abbandonata la carriera di romanziere si è poi dedicato a quelle di regista, sceneggiatore e produttore, realizzando opere notevoli come Dredd, Ex Machina, Annihilation, Men e la serie tv Devs. Sovente i temi a lui cari sono quelli della distopia, del rischio per l’umanità di soccombere alla tecnologia ed una feroce critica al potere costituito.

Civil War

La summa di tutta la sua carriera artistica può essere riassunta nel suo ultimo lavoro, Civil War appunto. Siamo in un futuro prossimo venturo e gli Stati Uniti sono falcidiati da una seconda guerra civile che vede di fronte gli stati fedeli al Presidente in carica e gli stati secessionisti di California e Texas, riuniti nelle Western Forces, con la Florida a sé stante. Quando venne annunciata la pellicola francamente nutrivo molti dubbi sul risultato: un tema così scottante temevo si prestasse ad una facile propaganda liberal sui rischi del populismo, ma per fortuna mi sbagliavo di grosso. Civil War, innanzi tutto, a dispetto del titolo non è il caratteristico film di guerra: il conflitto c’è, si vede e spesso esplode nelle forme di violenza più crudeli e sanguinarie, ma di fatto non costituisce la trama principale della storia. I motivi del contendere ci vengono solamente accennati qua e là tramite qualche commento sul Presidente che avrebbe bombardato dei civili americani, ma nemmeno le motivazioni degli insorti ci appaiono chiare, tanto meno univoche. In effetti basti pensare che l’alleanza comprende uno stato storicamente repubblicano come quello del Texas con uno stato democratico come la California. E poi ci sono i giornalisti: uno strano gruppo composto dalla celebre fotografa di guerra Lee (interpretata da Kirsten Dunst), dal suo collega reporter Joel, al quale si accodano il vecchio esperto e disincantato Sammy e la giovane e ambiziosa Jessie, che sogna di diventare come Lee. Scopo dei quattro è raggiungere la prima linea dei secessionisti a Charlottesville e da lì spingersi fino a Washington, per poter intervistare il Presidente prima che venga inevitabilmente catturato e ucciso. In tutto questo suona ancora più surreale l’incipit della pellicola, nel quale lo stesso leader registra un videomessaggio alla nazione nel quale annuncia una imminente quanto impossibile vittoria.

Il road movie dei quattro ci permetterà di vivere tutte le anime del conflitto, dagli sciacalli, a chi si fa giustizia da solo, a chi se ne approfitta per combattere una propria personale battaglia al di là degli schieramenti in campo, ai soldati che cercano semplicemente di restare vivi… e persino una piccola città che si militarizza per cecare di condurre l’esistenza precedente, come se tutto intorno non ci fossero distruzione e morte. E poiché non esiste guerra più cruenta di quella civile non ci si devono aspettare sconti di nessun tipo e nessuna garanzia di un obiettivo certo finale, anzi viene già evocato un possibile strappo ulteriore anche tra i rivoltosi. Quello che interessa a Garland è mostrare come gli esseri umani si muovano in un contesto così eccezionale, come si evolvano o come cerchino di restare identici a se stessi. Emblematicamente tutto questo lo si può esemplificare nel rapporto tra l’esperta Lee e la debuttante Jessie, che di fatto con il proseguo della storia si scambiano i ruoli, e nelle ultime parole del Presidente ormai sconfitto e terrorizzato.

Civil War, concludendo, è un film che va assolutamente visto soprattutto perché ha l’enorme pregio di porre tante domande e di dare pochissime risposte. Quelle le darà ognuno di noi al termine della visione, cercando di capire come quale personaggio ci saremmo comportati in una situazione tanto estrema, eppure purtroppo tanto umana.

Roberto Johnny Bresso

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