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“Fighter”, il “Top Gun” indiano

by La Redazione
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Fighter il Top Gun indiano

Roma, 20 apr – Lo scorso anno aveva destato un certo stupore la vittoria agli Oscar per la miglior canzone originale al film indiano RRR, complice il successo in streaming e la fulminante coreografia dal sapore anticoloniale. Il film RRR prende le mosse da due figure di patrioti anti-inglesi degli anni Venti, romanzandoli quasi a livello di film supereroistico (il regista S.S.Rajamouli è uno specialista del genere epico-mitologico) tanto che nel finale i due protagonisti trasfigurano in Rāma e Hanuman, protagonisti del poema epico Rāmāyaṇa. Nonostante RRR fosse un film esagerato e dal forte contenuto patriottico e nazionalista si è fatto valere, oltre che al botteghino indiano, sulle piattaforme di streaming occidentali. Sull’onda del successo di RRR arriva un altro recente campione d’incassi del cinema indiano, Fighter, sorta di risposta di Bollywood al successo di Top Gun: Maverick.

Fighter, il Top Gun indiano

Fighter è disponibile su Netflix che se in Occidente impone contenuto woke in altri lidi è ben disposto a proporre contenuti ben saturi di nazionalismo.  La regia è di Siddharth Raj Anand regista famoso per il successo della saga YRF, il “Mission:Impossible” indiano che negli anni passati aveva guadgnato una certa fama internazionale con il film War, 2019, film d’azione con un intrattenimento in grande stile comprese le sequenze girate in Italia tra Matera e il Lago di Como.

Da War torna in Fighter come protagonista la star indiana Hrithik Roshan nel ruolo del pilota da caccia che deve vedersela con la sua hybris. Il canovaccio è quello classico di Top Gun, ma ovviamente declinato in una prospettiva tutta indiana.

Fighter si propone come R.R.R. ovvero uno strano ibrido tra realismo ed esagerazione fuori scala. I fatti sono ispirati alla vicenda del bombardamento a Balakot in Pakistan effettuato dall’aeronautica indiana nel 2019 contro un possibile campo di addestramento di terroristi islamici. Azione effettuata come rappresaglia per un attacco suicida che due settimane prima aveva causato la morte di 40 membri della Central Reserve Police Force in Kashmir. Nei giorni successivi al raid di Balakot un pilota indiano era stato abbattuto e fatto prigioniero in Pakistan per poi essere rilasciato, mentre un elicottero indiano era stato abbattuto da fuoco amico.

Tradizione scenica d’azione

Tutti elementi che ampiamente rielaborati sono nella finzione scenica di Fighter che come molto cinema indiano appare allo spettatore occidentale come un’esagerazione al di là del bene e del male. Storie strappalacrime d’amore e di perdita tra le manovre acrobatiche dei Sukhoi Su-30MKI (la versione assemblata in India del caccia russo) fuori da ogni legge fisica. Cattivi degni di un cinecomic Marvel, ovvero l’eminenza grigia del terrorismo islamico internazionale e il pilota della caccia pakistana. Tutto innafiato con un’abbondante dose di patriottismo fuori scala in grado persino di oscurare quello visto nella saga YMP e in RRR. Come sempre i protagonisti entrano in scena con prolungati rallenty con sfondo di bandiere al vento. Bandiere indiane sventolate ad ogni piè sospinto. Anche perché come recita il protagonista (la poesia verrà recitata almeno tre volte nel film) il funerale più bello è quello che con la bara avvolta nel tricolore della bandiera indiana!

Un patriottismo viscerale, ma rispetto a RRR dove i protagonisti sono tutti indù, nei film di Siddharth Raj Anand trovano spazio anche i Sikh (pure se uno dei due è quasi relegato a spalla comica) e gli indiani di fede musulmana. Pur se Fighter è un film fortemente nazionalista e nell’India di Modi si insiste molto sull’elemento induista a dispetto di quello musulmano (vedi il caso del tempio induista di Ayodhya recentemente inaugurato e costruito su una moschea cinquencetesca distrutta nel 1992 da attivisti indù) nei film di Anand gli indiani musulmani sono trattati con molto rispetto, anche arrivando a stigmatizzare blandamente chi non li reputa affidabili. Pure sono personaggi destinati a fine tragiche per mano dei crudelissimi correligionari.

Differenze con l’action occidentale

Fighter nelle sue esagerazioni che esasperano vicende reali e contemporanee risulta meno riuscito allo spettattore occidentale sia rispetto alla serie di YMP che ad RRR. E nonostante il protagonista abbia volato per alcune sequenze sui Su-30 dell’aeronautica indiana, l’assoluta mancanza di realismo di molti duelli aerei in computer graphic pure di qualità pesa sulla riuscita complessiva, soprattutto dopo il realismo visto in Top Gun: Maverick.

Pure le due ore e quaranta di film mantengono un buon ritmo (assolutamente migliore di qualunque cinecomic degli ultimi anni) e Fighter resta un biglietto da visita imprescindibile per chi volesse provare a comprendere come ragiona sul fronte interno uno degli elementi fondanti dei BRICS, nonché il paese più popoloso al mondo.

Un film che rielabora i canoni occidentali delineandoli in una visione collettiva: il top gun indiano è l’eroe assoluto ma deve agire all’interno di un pantheon di specialisti: dalla bella elicotterista ai Garud, gli assaltatori dell’aeronautica indiana. La missione non può riuscire senza di loro e compito del protagonista è vegliare sugli altri eroi e dare una mano con i boss finali. È una epica collettiva a cui l’Occidente ha rinunciato da un pezzo.

Altro elemento di differenza di una certa propaganda cinematografica di stampo statunitense è come viene trattato il “nemico”. Sì, gli antagonisti pakistani di Fighter e il vicerè britannico di RRR sono personaggi parossistici nella loro crudeltà. Pure il fronte avverso è meno granitico di quanto avviene in certa cinematografia occidentale. Se in RRR avevamo la bella inglese, qui in Fighter qualche inetto ufficiale pakistano prova timidamente a opporsi ad alcune scelte del governo servo dei terroristi. Solo una scelta di facciata per stemperare i toni, ma la sensazione in quell’onda di patriottismo nazionalista indiano è che per compattare il fronte interno non si voglia disumanizzare troppo la collettività del fronte opposto.

Interessante anche come viene trattato il tema dell’emancipazione femminile, tema al centro del dibattito politico indiano. Per quanto nazionalista e patriottico Fighter è lontano da qualunque bigottismo oscurantista. E allo stesso modo lontano da ogni approccio wokeista occidentale. Sarà l’eroe protagonista a convincere i genitori della bella elicotterista, simbolo di un’India retriva e patriarcale, che la figlia in fondo ha onorato i suoi genitori. Se il padre sperava che si trovasse un buon partito, cosa c’è di meglio che sposare la propria nazione, portando le stellette?

Insomma in Fighter ogni elemento è intriso patriottismo. Comprese le motociclette, se nel film precedente di Siddharth Raj Anand, lo spionistico War si andava a bordo di BMW, per Fighter la scelta obbligata diventano le indiane (d’ascendenza britannica) Royal Enfield.

Ultima curiosità riguardo le sequenze di ballo, molto patinate ma meno creative di capisaldi War o R.R.R., due sono state realizzate in Sardegna. L’Italia resta una meta esotica con un certo appeal per il pubblico indiano. Chissà che se il nostro ministero del turismo ne è consapevole.  Ma più che i balletti Fighter è il film imprescindibile per capire quanto il patriottismo può volare alto al cinema.

Flavio Bartolucci

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