Eppure “Il Pistolero”, tappa dopo tappa, ha tolto ossigeno e speranze ai suoi rivali. I problemi alla spalla dovuti ad un capitombolo nella prima settimana, sono stati gestiti e messi alle spalle con tenacia e fortuna, mentre Rigoberto Uran e Richie Porte, complici la loro forma non ottimale, e sanzioni disciplinari, i 2′ inflitti nella decima tappa al tasmaniano per il cambio di gomma con il connazionale della Orica GreenEdge, Simon Clarke – vietata dal regolamento la sostituzione di ruote tra componenti di formazioni diverse – hanno fatto il resto. Sulla strada verso il trionfo di Milano si sono messi di mezzo Fabio Aru e il basco Mikel Landa.
Il duo dell’Astana, rispettivamente secondo e terzo, sorretto da gregari di primo ordine, con il luogotenente Paolo Tiralongo su tutti e guidati dall’ammiraglia da Giuseppe Martinelli, hanno provato a spodestare il Re dal trono. Ma complice i problemi fisici di Aru, che ha saltato alla vigilia della corsa rosa il Giro del Trentino, per via di un virus intestinale, che si è ripresentato durante la gara e lo ha messo in crisi nella crono di Valdobbiadene e sul Mortirolo, e il basco tenuto a freno per ordini di scuderia, la squadra di Vinokurov, si è dovuta “accontentare” della medaglia d’argento e di bronzo. Eppure Aru e Landa, autentico nome nuovo del panorama delle corse a tappe del ciclismo mondiale, con il contratto in scadenza a fine anno, hanno dominato in salita e vinto tutti gli arrivi in quota. Il sardo, sopratutto, ha fatto rivivere i fasti del ciclismo nostrano, cancellando, in un lampo, i problemi della seconda settimana e inizio terza, con la rabbia e il sudore degni del miglior campione. Il mito delle salite all’italiana, insieme a Vincenzo Nibali, è al sicuro. Perché in quella bocca segnata verso il basso, in quegli occhiali neri, in quella maglia bianca di miglior giovane, c’è una carrellata di emozioni e di sentimenti che tiene incollati gli spettatori al piccolo schermo e il pubblico a gridare a bordo strada. Nella vittoria, della mente e del corpo di Alberto Contador, perfetto scacchista e stratega del pedale, c’è la freschezza di un giovane, mai domo, che dopo il terzo posto di 12 mesi fa, scala un altro gradino e prenota la storia.
La maglia a punti e la maglia del miglior scalatore sono affare tricolore. Giacomo Nizzolo, della Trek, nella sua Milano, seppur senza vittorie, è maglia rossa e il siciliano Giovanni Visconti, in blu, simbolo della corona di miglior scalatore del Giro d’Italia. Ma il bottino tricolore non si ferma qui, detto delle vittorie di Aru, vanno aggiunte le due volate di Sacha Modolo, a Montecchio Maggiore e Jesolo, la sparata di Diego Ulissi, compagno di squadra di Modolo alla Lampre-Merida, a Fiuggi, il sontuoso sprint a Genova di Elia Viviani, Team Sky, e la fuga di Nicola Boem, della Bardiani CSF, trionfale a Forlì, con relativa vittoria del Premio Fuga Pinarello su Marco Bandiera.
CLASSIFICA FINALE: 1. Alberto CONTADOR (Spa, Tinkoff-Saxo); 2. Fabio ARU (Astana) a 1’53”; 3. Mikel LANDA (Spa, Astana) a 3’05”; 4. Amador (C.Rica) a 8’10”; 5. Ryder Hesjedal (Can) a 9’52”; 6. Konig (R.Cec) 10’53”; 7. Kruijswijk (Ola) a 11’21”; 8. Caruso a 12’08”; 9. Geniez (Fra) a 15’41”; 10. Trofimov (Rus) a 16’41”.
Lorenzo Cafarchio
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