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Il momento in cui l’impero sovietico iniziò a sgretolarsi: era il 2 maggio 1989

by Stelio Fergola
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Roma, 2 mag – La questione è ben nota: nessuno, negli anni Ottanta, si aspettava che il comunismo sarebbe crollato da lì a breve. Il sistema e l’impero sovietico venivano percepiti ad Ovest come un baraccone che faticava, questo sì, ma si pensava che con il controllo militare esso fosse abbastanza solido da resistere ancora a lungo. Anche perché le informazioni che giungevano al di quà della cortina erano limitate, sebbene, come è ovvio, gli Stati Uniti facessero di tutto per lasciarle trapelare. C’è un momento preciso in cui il blocco inizia a sgretolarsi. Il quale, non casualmente, viene enfatizzato dalle cronache occidentali dell’epoca ad ispirazione americana, ancora oggi consultabili sul web, come l’edizione di Top News riguardante esattamente quel momento preciso: era il 2 maggio 1989.

Il 2 maggio 1989 l’impero sovietico inizia a sgretolarsi

Ci troviamo al confine tra l’Ungheria ancora comunista e l’Austria. La primavera è appena iniziata, ma la giornata era nuvolosa, esattamente come quella presente. Fu proprio il governo ungherese ad ordinare che fosse levata l’elettricità dal confine con gli austriaci. Un evento a cui venne concessa la ripresa televisiva delle emittenti occidentali, e già questo dovrebbe suscitare molte domande. Come mai un sistema che fino a poco prima impediva qualsiasi comunicazione, ora concedeva anche la trasmissione di un fatto così eclatante? Gli americani, ovviamente, ci si buttarono a capofitto. E l’azione di per sé ebbe un clamore notevole. Cosa stava accadendo all’impero di Mosca? Le convinzioni granitiche sul comunismo comunque inossidabile iniziarono ad essere un po’ meno solide. I mesi successivi, sempre nel centro nevraligico ungherese, lo avrebbero dimostrato. Sia con il ben noto “picnic paneuropeo” del 19 agosto 1989, con cui, in pratica, Budapest concedeva a movimenti di opposizione come il ben noto Forum democratico di dialogare circa futuri neanche troppo ambigui con l’Unione paneuropea. Il tutto in casa ungherese, visto che l’incontro di tenne a Soprom. Per non parlare poi delle prime fughe di massa dei tedeschi dell’Est. Proprio passando per quel confine aperto in quel dì di maggio…

 

L’Ungheria non fu un caso

C’è molto di Mikhail Gorbaciov, molto dell’utopia del “comunismo democratico”, infattibile anche per una banale questione filosofica. La parola “comunismo” vuol dire una visione precisa dello Stato e dell’economia che non può essere “dismessa momentaneamente” in un eventuale cambio di vertici al governo, magari successivo alle elezioni. O lo Stato e la sua architettura erano comunisti oppure non lo erano, è quindi naturale che un fantapolitico “partito socialdremocratico” o liberale non avrebbero mai potuto sussistere. Ma a prescindere da questo, quel comunismo democratico immaginato dalla glasnost e in un certo senso anche dalla perestrojka ha un ruolo culturale evidente nel progressivo allentamento delle maglie dell’impero in quegli anni. Perché le parole corrono, le discussioni pure. Specialmente se alcuni di quegli Stati avevano già iniziato da un po’, magari in silenzio, a sviluppare tendenze economiche miste (e quindi non comuniste, con buona pace di chi prova a mutare esperienze storiche che hanno caratteristiche precise, e non volatili a seconda di come ci raccona il cuore). Una di queste era senza dubbio l’Ungheria di Janos Kadar, salito al potere dopo la rivoluzione del 1956 e autore di una politica in cui la libera e piccola iniziativa privata era tollerata da tempo. Era tollerato perfino il mercato con l’Occidente, considerate le attività di esportazione di prodotti di aziende statali ungheresi con il mondo a guida americana (si pensi anche all’universo del software informatico, con l’attività della ben nota Novotrade). Kadar, in realtà, non era più al potere da circa un anno e sarebbe morto proprio quell’estate. Alla guida dell’ulimissima Ungheria comunista c’era Károly Grósz. Ma che il contesto fosse stato creato dal dimissionario è poco discutibile.

Stelio Fergola

 

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