Roma, 19 apr – Israele attacca l’Iran. In modo “moscio”, come lo definisce Itamar Ben Gvir, ministro israeliano della Sicurezza nazionale e leader di destra radicale. .Mossa attesa e scontata per molti, addirittura parte di una commedia teatrale per altri. Fatto sta che lo scenario in Medio Oriente fosse già nel contesto di un conflitto allargato (addirittura fino al Pakistan, se prendiamo in esame gli eventi degli scorsi mesi), sebbene non ancora tra gli Stati protagonisti quanto piuttosto tra “cellule” degli stessi. Adesso però gli Stati medesimi cominciano a fronteggiarsi in modo diretto. Con conseguenze ovviamente incalcolabili.
Israele, l’attacco all’Iran non va giudicato contestualmente
I botta e risposta tra Tel Aviv e Teheran si sono fatti sempre più intensi in questi mesi, con le ultime settimane che hanno definito uno scontro frontale ormai tutt’altro che improbabile. Se da Israele arrivano gli attacchi ai consolati iraniani di Damasco, dal regime degli ayatollah arriva una risposta che in termini di potenza di fuoco è poco sottovalutabile. A quel punto, la nuova risposta di Tel Aviv, arrivata questa notte, con la conoscenza degli Stati Uniti i quali però dichiarano di non approvate la scelta del governo di Benjamin Netanyahu. Ora, che l’attacco sia stato di deboli danni lo confermano sia fonti interne al governo israeliano che lo stesso comando iraniano, di cui un rappresentante, Siavosh Mihandoust, ne ha affermato l’inconsistenza in Tv.
Il Medio Oriente è una miccia che aspetta solo di essere accesa
Al momento, la sensazione è questa: Medio Oriente non ancora sulla via della guerra senza ritorno ma con tutti gli ingredienti per imboccarla. Così come la constatazione di fatto sia che si stia facendo di tutto per accendere la miccia. Al di là delle dimostrazioni estetiche dei due contendenti, in questa fase il quadro è quello di un contesto geografico dove gli schieramenti sono definiti e, soprattutto, lo sono le armi. Gli Stati Uniti sono consapevoli del rischio, probabilmente motivati anche dal fatto che, per Washington, sta diventando difficile sostenere troppi fronti militari. Questo nonostante il tentativo ormai continuativo di isolare Teheran nell’area, di difficile attuazione visti i danni di immagine del conflitto a Gaza. Tra questi fronti è ovviamente incluso quello mediorientale, fatto di sostegno a Israele ma anche di disordini nel sempre turbolento Mar Rosso.