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L’Europa costretta a riscoprire le frontiere: fine di Schengen o sospensione momentanea?

by Sergio Filacchioni
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Europa

Roma, 19 ottobre – L’Europa riscopre le frontiere ma lo fa nel peggiore dei modi: con l’aggravarsi della situazione in Medio Oriente e il crescente livello di allerta terroristica in tutta Europa, l’Italia e altri 10 Paesi hanno deciso di ripristinare i controlli alla frontiera, notificando alla Commissione europea la sospensione della libera circolazione prevista da Schengen.

L’Europa si barrica dietro le frontiere

Ci sono voluti quasi dieci anni e circa 345 europei stesi al suolo: alla fine i gessetti colorati sono stati messi da parte, almeno per il momento. In dieci anni di minaccia dello Stato Islamico alle metropoli europee mai si era arrivati ad una sospensione degli accordi di Schengen sulla libera circolazione. Per chi non lo sapesse lo “spazio Schengen” è una delle principali conquiste del Vecchio Continente, o almeno così ci è sempre stata presentata. Al suo interno è garantita la libera circolazione delle persone attraverso l’abolizione di tutte le frontiere interne e la loro sostituzione con un’unica frontiera esterna. La sospensione non è un evento eccezionale: era già successo a cavallo del 2020 e del 2022 – a cavallo della crisi Covid19 – che alcuni Stati membri decretassero il ripristino delle frontiere. Ma mai si era verificato in maniera così integrale e diffusa, soprattutto in risposta ad una “minaccia esterna”. “La sospensione del Trattato di Schengen sulla libera circolazione in Europa si è resa necessaria per l’aggravarsi della situazione in Medio Oriente, l’aumento dei flussi migratori lungo la rotta balcanica e soprattutto per questioni di sicurezza nazionale, e me ne assumo la piena responsabilità”. Giorgia Meloni sui social rivendica così questa scelta e aggiunge “con il Ministro degli Interni Matteo Piantedosi abbiamo comunicato in sede europea la decisione del Governo italiano di ripristinare i controlli alla frontiera tra Italia e Slovenia“.

Risposta ai bombardamenti su Gaza

Il Ministro della difesa Guido Crosetto sottolinea invece il rischio di “rappresaglie” dopo il bombardamento dell’ospedale al-Ahli di Gaza in cui – secondo i numeri forniti dal Ministero della Salute palestinese – sono morti 471 civili: “Quell’incidente può portare magari cinque, dieci, cento persone a pensare di dover vendicare una cosa che magari non sappiamo neanche da chi sia stata causata e questo è imprevedibile”, spiega il ministro che evidentemente non distingue un attacco da un incidente, ma secondo il quale “basta una persona che si forma al computer e esce per strada con un coltello o un’altra che decide di farsi esplodere”. In ogni caso è un ragionamento che deve essere balenato in tutto il continente: oltre all’Italia anche l’Austria, la Germania, la Francia, la Repubblica ceca, la Polonia, la Slovacchia, la Svezia, la Danimarca e la Norvegia, che non fa parte dell’Ue, e la Slovenia hanno messo in pratica la medesima restrizione. La Germania manterrà il provvedimento fino al 25 ottobre ai confini con Polonia, Repubblica Ceca e Svizzera e con l’Austria fino all’11 maggio 2024. La Francia ha ripristinato i controlli lungo tutti i suoi confini fino al 30 aprile prossimo per le minacce terroristiche e la situazione delle frontiere esterne. Una risposta vigliacca: invece di intervenire sui teatri di guerra che dall’Ucraina alla Palestina passando per il Caucaso si sono aperti proprio per l’assenza di una volontà unica europea, ora si riscoprono i tanto vituperati confini e come tanti struzzi si nasconde la testa sotto la sabbia mentre ai nostri confini naturali continua il massacro.

Il vero problema è interno

In ogni caso, la tardiva seppur necessaria misura di sicurezza rischia di chiudere e rallentare l’Europa di fronte ad una minaccia fluida e trasversale. Infatti, sebbene il controllo dei flussi migratori sia una misura più che auspicabile, resta quella zona “grigia” che riguarda le nostre città: ovvero quelli che sono già arrivati in una più che ventennale e scellerata politica migratoria. Il tema centrale infatti è quello dei rimpatri, come hanno evidenziato alla cerimonia di commemorazione delle vittime dell’attentato anche i premier di Svezia e Belgio Ukf Kristersson ed Alexander De Croo, con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, che ha spiegato che “alle persone che sono considerate una minaccia per la sicurezza e hanno ricevuto un ordine di rimpatrio attualmente può essere chiesto di andarsene volontariamente: dobbiamo cambiare urgentemente questa situazione”. Nel patto sulla migrazione, nella direttiva rimpatri, l’espulsione è già in questi casi obbligatoria ma il Parlamento Ue non ha ancora formulato la propria posizione negoziale su questo testo e dunque non si può avanzare.

Quali possibilità?

Questa riscoperta delle dogane quindi potrebbe risultare inutile.  La scelta di chiudere i confini con la Slovenia, dice il governo, ha una precisa motivazione: “le misure di polizia alla frontiera italo-slovena non risultano adeguate a garantire la sicurezza richiesta”. Ma il confine Italo-Sloveno è veramente quello più sotto pressione? Lampedusa, come dimostrato dalla parabola dell’attentatore di Bruxelles, è il vero problema di sicurezza per l’Italia e per l’Europa. Si arriverà dopo la riscoperta della frontiera ad un’azione comune sul Mediterraneo contro le ONG? Mai disperare, quando Israele è sotto attacco si riscoprono tutti quanti nazionalisti, perfino la sinistra che fino a due secondi prima parlava d’integrazione. Lo scenario di crisi che si è aperto in Medio-Oriente potrebbe essere una possibilità per mettersi al sicuro, questo sì. Ma di sicuro non è la scelta di un’Europa che vuole diventare arbitra nelle contese che la riguardano direttamente, cercando di eliminare i fattori di destabilizzazione che la minacciano. Intervenire? Quello sarebbe veramente troppo…

Sergio Filacchioni

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